Come scrivere i dialoghi in un romanzo

Capire come scrivere i dialoghi in un romanzo è uno dei passaggi più difficili e complessi per un autore, specialmente alle prime armi. Esistono degli strumenti che ti aiuteranno a renderli più realistici, funzionali e dinamici.

Spesso capita che la voce di tutti i personaggi sia troppo simile, quasi identica, obbligando l’autore a inserire tantissimi dialog tag (es. Manuel disse).

Il primo consiglio è di dare vita a dialoghi in cui ci siano solo due persone a confrontarsi – altre possono intervenire ma senza partecipare al vero e proprio scambio di battute – in questo modo si evita la sovrapposizione delle voci.

Non è una scorciatoia, quanto un modo per rendersi conto quanto sia effettivamente difficile scriverne di validi. Una volta che sarai capace di farne di validi – tra due persone – potrai passare al livello di difficoltà successivo, magari inserendo un terzo personaggio che dice poche cose fino a veri e propri scambi tra “n” voci chiare e distinte.

A cosa serve il dialogo in un romanzo?

Il dialogo è lo strumento principe per:

  • dare informazioni,
  • spiegare alcuni passaggi,
  • dà ritmo alla narrazione,
  • può aiutare a creare suspense o un cliffhanger,
  • mostrare chi sono i personaggi e 
  • il loro stato d’animo,
  • far vivere un conflitto.

Il rischio che si corre è di farli diventare dei giganteschi infodump plastificati in cui si buttano lì quelle cose che, invece, dovrebbero emergere da sole durante la narrazione.

Esempio di dialogo con infodump

Mario, siamo amici da tanto tempo e sai che le nostre famiglie si conoscono da una vita…

In linea di massima, due amici che si confrontano, non dicono queste cose, non specificano ciò che già sanno. Il non detto è parte integrante della loro comunicazione, invece di perderti in queste vere e proprie “scorciatoie narrative”, vai dritto al punto, fai dire al personaggio cosa vuole.

Come scrivere i dialoghi in un romanzo

Immagino che ti sia reso conto che nei tuoi manoscritti i dialoghi tra i vari personaggi abbiano qualcosa che non va, di solito si tratta di una mancanza di caratterizzazione e di ritmo. Sul primo ci si può lavorare molto, sul secondo la problematica è ben diversa e non bastano alcuni consigli di scrittura.

come scrivere i dialoghi in un romanzo la strada

Un dialogo dovrebbe essere:

  • Necessario. Troppo spesso si buttano lì dialoghi senza alcuna ragione, come per spiegare ulteriormente qualcosa che è palese.
  • Dinamico. Non è la vita reale, non scrivere la discussione tra due persone come immagini sarebbe nella realtà, stai scrivendo non parlando e si scrive in modo diverso da come si dialoga.
  • Chiaro. Chi dice cosa, quando e in che modo.
  • Funzionale. Si crea un dialogo perché si deve dire qualcosa, non per spiegare razionalmente gli accadimenti. Show, don’t tell.
  • Verosimile. Come vedi non ho detto “assolutamente realistico”, quando scrivi devi inserire pause che nella vita reale non si usano. Ecco che la punteggiatura ti viene in soccorso.
  • Coerente con la storia, il momento e i personaggi che parlano.

Se già segui tutti questi elementi è probabile che i tuoi dialoghi saranno validi, tieni sempre a mente che sono più difficili e infidi di quanto tu possa credere. 

Come scrivere i dialoghi in un romanzo: la scheda del personaggio

Se hai deciso di cimentarti nella scrittura, può esserti d’aiuto mettere su carta, prima di scrivere il romanzo, alcune cose che durante la stesura ti saranno utili per “mantenere la rotta”. Ti consiglio di leggere l’articolo su come creare un personaggio (con relativa scheda).

Puoi elaborare:

  1. uno schema della storia,
  2. le regole del romanzo,
  3. schede dei personaggi (non è un gioco di ruolo!).

Andiamo subito al punto 3. utile nella creazione di dialoghi validi e coerenti con il singolo soggetto del manoscritto. Segna su un foglio (anche Excel o cartaceo, vedi tu), una sorta di scheda anagrafica con:

  • nome e cognome,
  • caratteristiche fisiche,
  • età,
  • lavoro,
  • situazione sentimentale,
  • studi fatti,
  • hobby e interessi,
  • luogo di provenienza e dove è vissuto,
  • motivazioni,
  • …e tutto quanto riguarda il personaggio in questione.

Per i protagonisti o co-protagonisti dovrai elaborare schede più profonde nelle quali appuntare accadimenti del passato, le ragioni che li hanno fatti diventare come sono, i traumi. 

Le pause nei dialoghi

Le pause necessitano di un paragrafo a parte perché, specialmente gli esordienti, tendono o a inserirne troppe o troppo poche. Di media seguono una delle due vie per tutto il romanzo e lo farciscono, per esempio, di momenti in cui il protagonista si ferma, pensa, guarda (come se non si facesse altro che osservare, vedere, guardare…), a queste pause, a che servono?

Di media a nulla. Una pausa, all’interno di un botta e risposta, dovrebbe avere uno scopo ben preciso, che sia:

  • aumentare la suspense,
  • creare attesa,
  • esprime attraverso il linguaggio del corpo un’emozione,
  • dare forza a qualcosa che un personaggio sta per dire o vorrebbe dire,
  • sottolineare il “non detto”.

Al contrario, alcuni autori, scrivono dialoghi senza prendere mai una pausa, un continuo dire e senza che il protagonista faccia altro che parlare, ad esempio, con l’antagonista! A meno che non sei Cormac McCarthy, forse è il caso che fai un passo indietro.

I dialoghi trovano forza non solo nelle parole, ma anche nelle azioni, spesso devono essere dinamici per arrivare al lettore.

Un esempio concreto

Ora rileggila con cura, pensa a come potrebbe parlare una persona che ha vissuto quel tipo di vita.

Facciamo un esempio:

  • Giovanni Santon,
  • 170, grassottello, capelli castani corti, occhi scuri.
  • 37 anni,
  • single (da sempre, o quasi),
  • laureato in Fisica,
  • adora la playstation e andare in giro per boschi con il suo cane (un meticcio spelacchiato),
  • nato in un piccolo paese si è trasferito in città per studiare, poi è tornato a casa per aprire un negozio di elettronica abbandonando il suo sogno di lavorare al CERN (conflitto personale).
  • La malattia della madre, vedova da 30 anni, lo ha obbligato ad assisterla e con i pochi soldi che aveva ha trasformato la merceria della donna in negozio dove riparare cellulari, pc e tablet. Il lavoro non manca.

Con questa scheda già ti sarai fatto un’idea di chi è Giovanni, anche dei suoi possibili lati oscuri, visto che non è molto capace con le donne potrebbe andare con delle prostitute per appagare i suoi desideri. Esce di casa di nascosto la notte tardi e proprio così conosce una giovane ucraina di cui si innamora…

Dalla scheda al dialogo

Come potrebbe parlare un tipo così? Ha una buona cultura, non solo accademica ma probabilmente è una persona che legge molto. Non ha grandi doti sociali, quindi potrebbe parlare con un ritmo inusuale, mangiandosi qualche parola o avere intercalari, oppure ridacchiare nervosamente o sistemarsi convulsamente i capelli radi.

Devi essere lui, una sorta di Metodo Stanislavskij per costruire un personaggio e il suo modo di parlare, per dare maggiore profondità al dialogo.

Evita di eccedere, almeno è il mio parere, in troppe note peculiari per caratterizzarlo a tutti costi. Si crede spesso che la validità di un dialogo derivi da questi “eccessi“. Caratterizzare troppo rende il dialogo grottesco, irreale.

Un dialogo è perfetto quando non devi aggiungere troppi “disse Giovanni” o “aggiunse Giovanni”, ma la frase stessa, per come è scritta e i suoi contenuti indicano inequivocabilmente chi è che parla.

Una risposta sagace potrebbe stonare con il personaggio di Giovanni Santon, un buonaccione che passa la vita a lavorare e fantasticare.

Concentrati sulle motivazioni e caratterizzazioni di chi parla, da una persona sfacciata devi tirar fuori anche frasi o affermazioni fuori dalle righe, sfrontate e provocatorie. Su questo dovrai costruire un registro linguistico (modi dire, flessioni dialettali, modo di parlare) che servirà a dargli profondità, a renderlo reale.

Come scrivere i dialoghi in un romanzo: ascolta le persone

Uno scrittore non è un eremita, un mistico chiuso in una torre tra i boschi. Dalla vita di tutti i giorni si devono trarre ispirazioni, punti di vista e storie. Saper scrivere, anche un dialogo, passa prima di tutto dal saper ascoltare. 

Sull’autobus metti via il cellulare, fatti un po’ di affari altrui e ti renderai conto che ognuno parla davvero con modalità tanto diverse quanto utili per creare personaggi realistici. Puoi rubacchiare dalla realtà, trasformare l’aneddoto sentito al bar in un racconto che narra il tuo protagonista o un altro personaggio.

Focalizzati sui dialoghi, sulla scheda e infine sulla parte più “tecnica”, scegli le parole adatte che siano in linea con il personaggio stesso. Il nostro Giovanni Santon non dirà mai parolacce, ma quando accadrà sarà un campanello d’allarme che desterà la curiosità del lettore, un punto di rottura.

Lui è uno tranquillo, pacato e impaurito. Dalle sue parole devono filtrare elementi di questo tipo, quindi avrà un modo di parlare poco assertivo, diplomatico, al limite del viscido. Potrai spingere di più o di meno in una direzione in base a come vuoi che lui sia.

Contestualizza, ma senza esagerare

Capire come scrivere i dialoghi in un romanzo, che siano adatti al tuo manoscritto non è mai semplice. 

scrivere i dialoghi

Basta pensare ai romanzi storici, quelli fatti bene riescono a conciliare una certa aura arcaica con un linguaggio fruibile e piacevole per il lettore. 

Non si può scrivere un dialogo usando la “favella” del rinascimento! Certo vanno evitati modi di dire moderni, che non sono in linea con il periodo storico e con l’ambientazione. Tempo fa una “persona” mi inviò, senza neanche chiedere se poteva, un romanzo ambientato nella New York anni ’20.

Aveva fatto molti studi sulla città in quel periodo, le vetture e il tipo di abbigliamento. Però i dialoghi erano identici a quelli che si possono trovare in un romanzo con protagonisti dei millennial! Le parole vanno scelte con cura, serve studiare per capire ed evitare scivoloni.

Nel caso specifico c’era anche una ulteriore difficoltà: la lingua inglese. Com’era negli anni ’20? Usavano determinati modi dire? Per salutarsi bastava un Hello? Era un modo di parlare più diplomatico e calmo, oppure visto il momento frenetico un nuovo slang americano?

Dialetti e lingue straniere

Quello del dialetto è un terreno minato, molto pericoloso sul quale, a mio avviso, è meglio non andare quando possibile. Se poi il tuo manoscritto lo necessita si deve capire il contesto.

Il mio consiglio è di utilizzare parole che siano quasi “comprensibili” e che diano al lettore la possibilità di intuire cosa il pastore della marsicana stia dicendo senza bisogno di aprire Google!

Un dialogo deve essere capito, altrimenti che senso ha inserirlo? Per quanto sia un concetto banale ci capitano testi che ne hanno alcuni in dialetto così stretto da renderli incomprensibili e quindi inutili.

Per le lingue straniere si dovrebbe seguire una linea simile, seppur con leggeri accorgimenti. Se la protagonista usa spesso uno slang farcito di parole straniere, che serve più a caratterizzarla che a esprimere determinati concetti, il dialogo ha una sua funzione, quindi va bene la direzione presa.

Troppi inglesismi sarebbe meglio non usarli, in fondo stai scrivendo – o hai scritto – un romanzo in lingua italiana!

L’importanza delle giuste parole

La precisione è essenziale quando si scrivono dei dialoghi. Si deve fare attenzione ai vocaboli da inserire, ma anche dal modo con cui parlano i personaggi.

In questo viene in aiuto Google, basta fare una ricerca per avere sinonimi o chiarimenti. Se non ricordi, ad esempio, come si chiama un componente di un’arma, mettiamo una pistola, cercalo online, specialmente se ha parlare è un esperto militare.

Scegli i termini con attenzione, proprio in base alla vita passata del personaggio che vuoi far parlare. Un bambino utilizzerà termini semplici, farà più domande.

Al contrario, un cattivo dotato di grande intelligenza potrebbe usare termini forbiti e forse anacronistici per sfoggiare la sua cultura e mettere in difficoltà le persone che reputa inferiori.

Come scrivere i dialoghi in un romanzo: il ritmo

Ora sono davvero dolori, perché quanto detto sopra potrebbe essere sufficiente per portare i dialoghi in un romanzo a un livello almeno accettabile.

Per fare dialoghi superlativi serve ritmo, e non lo si può insegnare, non esistono trucchi o metodi per scrivere dialoghi con il giusto ritmo: sono infiniti, come nella musica.

In questo caso, almeno dalla mia esperienza, l’unico modo per progredire e capire è leggere molto. Tanto. Troppo. Allo sfinimento. Leggere autori differenti, di genere e tipologia, dai saggi ai romanzi di fantascienza. Se farai attenzione ai dialoghi, lentamente, assorbirai alcune competenze senza rendertene conto.

Capirai quando scrivere un dialogo botta e risposta, oppure quando è il momento della “spiegazione” (alla Agatha Christie, per intenderci), sperimentare, fallire e riprovare. Fatti aiutare da un buon editor che sappia valutare il tuo lavoro in modo neutrale senza essere condizionato.

Solo confrontandoti con qualcuno esperto potrai scrivere dialoghi in un romanzo che siano buoni.

La voce narrante

Ciò che spesso notiamo nei testi che ci arrivano è una presenza a dir poco massiccia e violenta della voce narrante. Accade quando l’autore vuole dare delle informazioni che ritiene essenziali, ma non ha idea di come inserirle nel testo.

dialoghi romanzi

Utilizza questo espediente che ha il grande limite di rompere, anzi di disintegrare la sospensione della realtà e, in certi casi anche il patto narrativo. È come se l’autore, a un certo punto della storia, dicesse al lettore:

Fermati, adesso devo spiegarti una cosa altrimenti non capirai cosa accadrà più avanti.

Spesso troviamo errori simili proprio nel prologo oppure quando si usano i flashforward non permettendo a chi legge di immergersi nella storia. Cosa centrano i dialoghi con questo?

 

Sono la soluzione al problema. Si deve fare molta attenzione a non scadere nella didascalia, il classico spiegone del mago che racconta alcune cose essenziali al prescelto!

Fai parlare i personaggi senza l’obbligo di fargli dire e spiegare ogni cosa, quando si parla c’è sempre un non detto tra le persone, concetti che sanno e che non c’è bisogno di ripetere.

Ciao Roger, come sta tua moglie che hai sposato da un anno?

Nessuno parlerebbe così, allora perché in tanti dialoghi capitano espressioni, se non così artefatte, ma di sicuro altrettanto irreali? Proprio per il desiderio di inserire ogni singolo elemento e di spiegare tutto quando, invece, basterebbe seguire il tanto semplice show dont’ tell.

…e l’editing?

La maggior parte dei testi che ci arrivano hanno proprio il problema dei dialoghi. Sono spesso ridondanti, pieni di:

  • eh,
  • mah,
  • cioè,
  • allora,
  • no, non sono,
  • e tanti altri modi di dire di cui si abusa.

La maggior parte degli autori fanno parlare i personaggi tutti allo stesso modo perché vedono il dialogo solo come funzione per dare informazioni chiare e precise.

Correggiamo questi problemi, che sono spesso la causa del fallimento di un progetto editoriale, e diamo a ogni personaggio una sua voce precisa. L’editing del romanzo è quindi una parte essenziale del processo creativo.

Ogni personaggio dovrebbe essere distinguibile senza l’uso e abuso dei dialog tag che non sono banditi, anzi, ma dovrebbero essere utilizzati con giudizio e solo quando necessario. 

Noi individuiamo gli infodump, ne parliamo con l’autore per capirne l’effettiva necessità all’interno del romanzo e poi, insieme, troviamo soluzioni eleganti e funzionali che non siano “spiegoni”! La soluzione è molto spesso un bel dialogo, costruito con attenzione e pazienza.

Un botta e risposta senza linguaggio del corpo, movimenti e setting diventa una sceneggiatura mentre servono pennellate per dare forma e colore a una scena che dovrà dare informazioni e, soprattutto, scatenare nel lettore suspense, dubbi e il desiderio di continuare a leggere.

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