I migliori romanzi lasciano sempre qualcosa e vanno letti anche per capire come scrivere una buona storia. All’interno ci sono sempre alcuni “elementi” comuni e individuarli è utile per imparare e, per certi versi, replicarli.
Non si tratta di “copiare” una storia, ma di capirne le ragioni per cui ha una forza narrativa potente, per cui ci ha invogliati ad andare avanti (page turning), o i vari meccanismi che ci hanno fatto innamorare dei personaggi.
Quindi, il primo modo per migliorare nella scrittura è di leggere con un po’ più d’attenzione. So che per alcuni potrebbe sembrare ovvio “io già lo faccio”, ma un conto è leggere da lettore, altri da professionista di settore.
Prendi appunti su un quaderno, scriviti cosa ti colpisce, perché e in che modo è stato scritto. L’editing con un professionista offre anche questo beneficio, infatti sarà lui a mostrarti e spiegarti perché:
- una parte funziona
- e un’altra non funziona.
Il vantaggio è doppio, migliorerai il testo ma anche il tuo modo di scrivere, e non parliamo di grammatica o sintassi (o almeno non solo), ma anche di una serie di trucchi narrativi che valorizzano un testo. Capire quando inserire, ad esempio, un cliffhanger per renderlo il più potente possibile, oppure come strutturare le scene di azione o i dialoghi.
I 7 elementi per scrivere una storia
Da millenni si studiano i segreti per bella scrivere una storia, ma quali sono effettivamente gli elementi cardine a cui ogni neo scrittore non può – in teoria – prescindere?
Partiamo subito dal famoso “dipende”: alcuni romanzi possono andare fuori a tutti i canoni, stereotipi e archetipi di questo mondo e risultare vincenti, meravigliosi e coinvolgenti.
Le ragioni per cui accade, a mio giudizio, sono sempre di natura emotiva, essi riescono a suonare delle corde emozionali e farci vibrare.
Siamo di fronte a casi isolati, parlo di magia, perché inspiegabile e tentare di farlo porterebbe il romanzo a perdere parte del suo fascino.
E ci sarebbero troppi scrittori che tenterebbero quella strada, senza essere capaci di percorrerla.
1. Spiegare troppo
Quando scrivi un romanzo devi avere un’idea ben strutturata della:
- Trama.
- Personaggi.
- Ambientazione in cui si muovono.
Più sono chiari e ben curati e maggiore sarà l’impatto che il contenuto avrà sul lettore. Purtroppo si tende spesso a esagerare. Si vuole spiegare tutto per paura che non si comprenda cosa si vuole dire.
Spiegare troppo, o tutto, riempiendo il manoscritto di spiegazioni e infodump non lo renderà migliore, non farà pensare:
Quanto è stato bravo l’autore a dire tutto, quanto è esaustivo e acculturato.
Se vuoi scrivere una buona storia dovresti eliminare il tuo ego e dare fiducia al lettore. Sono dell’idea che si scriva per gli altri, per dire loro qualcosa (un messaggio, un significato particolare), ma lasciandoli liberi.
Elaborare un testo esaustivo ruba al lettore proprio la possibilità di immaginare: lasciagli lo spazio per scrivere insieme a te, accompagnalo nella storia, traccia delle pennellate più o meno forti. Immagina di essere un’impressionista: il quadro non è “preciso”, eppure i grandi pittori di questo genere (Monet, Renoir, Degas, Cèzanne) trasmettevano emozioni.
Potrai controbattere che tu non sei un pittore, vero. Ma con le debite proporzioni sei comunque un’artista (magari alle prime armi), e un artista è tale quando trasmette EMOZIONI: il denominatore comune dal quale non si può prescindere.
Il peggio, i sedicenti scrittori, lo danno nei momenti di pathos strappalacrime con bambini al seguito! Uno dei più grandi errori che un’autore possa fare è esagerare in questi frangenti con uno stillicidio di avverbi e aggettivi che vorrebbero intenerire il lettore, ma in realtà gli fanno odiare la scena e i personaggi che la vivono.
Un bimbo è un bimbo, basta questo termine per identificarlo, usare vezzeggiativi lo rende “finto”. Stessa cosa per le scene di sesso o d’amore, in cui ogni carezza è lieve, gentile, amorevole e così via! Ma perché, una carezza non implica già tutto ciò?
Voglio farti un esempio su quanto lo spiegare troppo, che a volte sembra una sorta di giustificazione alle proprie scelte narrative, possa rovinare anche una delle più belle epopee moderne: Star Wars.
1.1 Ma perché ha spiegato i Midi-chlorian?
Sul web si trovano moltissimi blog (soprattutto in inglese, infatti negli USA quella Jedi è ormai una religione a tutti gli effetti), che criticano l’idea di Lucas proprio perché sembra una forzatura che, spiegando troppo, uccide il pathos dell’intera narrazione.
Ad aggravare il tutto la bruttezza megalitica di quei film (I, II e III), su cui aleggiava una strana atmosfera da lezioncina per deficienti, non dimenticando Jar Jar Binks, il peggior personaggio di sempre.
Invece gli altri film (IV, V e VI) avevano quel qualcosa in più, un profumo di mistero e ignoto che lasciava la possibilità di fantasticare e perdersi in una storia. Il non dire permette di “sentire”. Non si possono trasmettere emozioni con un documentario sulla fisica molecolare!
Ho trovato questo divertente articolo che racconta la bufala dei Midi-chlorian da parte di un sedicente scienziato, proprio a dimostrazione di come basti poco per influenzare le persone.
1.2 Meglio spiegare meno
Molti saranno scattati sulla sedia pronti a imbracciare le tastiere per commentare questo punto: comprendo i dubbi.
Mettiamo che vuoi scrivere un romanzo ambientato sulle montagne umbre durante la Seconda Guerra Mondiale. Prima di cimentarti nella scrittura è opportuno che tu conosca:
- La linea del tempo della Guerra (es. inizio, fine, accadimenti rilevanti).
- I personaggi storici di spicco (studiandone vita e magari notizie curiose o poco note).
- L’ambiente in cui si svolge la storia.
- Il tipo di vita che si faceva prima della Guerra, e quella durante.
- La struttura familiare, per inserire i personaggi in un contesto sociale realistico.
- Come si vestivano, che strumenti usavano, le vetture che guidavano.
- Il costo della vita (prima e durante la Guerra).
- I partigiani.
- Come i tedeschi e i fascisti agivano.
- Aneddoti e curiosità che possono riguardare quei contesti sociali.
- Com’era strutturato un paese (sindaco, parroco, farmacista e altre figure di spicco).
- Le armi che si usavano.
- Le leggi razziali e non.
- La vita nei boschi (es. il protagonista è un partigiano).
- La medicina di allora.
- …e altro ancora.
Sono solo alcuni esempi di ciò che dovrai imparare per creare un ambientazione reale, solida nella quale i personaggi si muoveranno.
Dovrai inserire ogni cosa studiata? NO!
Sarebbe uno degli errori peggiori da commettere, trasformerebbe un romanzo in un libro di storia che serve solo a raccontare fatti e nozioni di altri. Ricorda che stai scrivendo un racconto, significa che ci deve essere una parte inventata, la tua parte.
Se poi stai scrivendo un trattato di Storia ben venga, ma non è un romanzo!
La chiamo regola del 10%: se studi 100 nozioni, ne bastano 10 mirate per rendere l’ambiente realistico. Le altre 90 emergeranno dalle pagine da sole. Le inserirai senza neanche rendertene conto, magari altre 10, 20 o 80. Ma sarà in modo naturale evitando di mostrare la tua cultura: saranno funzionali.
Una informazione funzionale alla storia ne diviene parte integrante, se non lo è siamo di fronte a un nozionismo spinto che uccide le emozioni. Spesso vengono fuori quelle che chiamiamo “didascalie”.
Purtroppo sta diventando comune, anche tra scrittori molto venduti, farcire il romanzo di “didascalie” appunto. Sono spiegazioni posticce buttate lì per pigrizia (o incapacità), da parte dell’autore o dell’editor. Come i classici “come” a pioggia, inutili aggiunte.
Era bello come un dio greco. Correva come una lepre. I fili penzolavano come arti strappati. All’apparenza potrebbero sembrare frasi valide, quasi poetiche, in realtà non danno nulla. Se devi mettere un 2come”, nel 99% dei casi è perché o non sei sicuro di cosa hai scritto, oppure volevi strappare l’applauso del lettore mostrando la tua originalità e fantasia. Meglio evitarli.
Una volta che hai studiato le famose 100 nozioni, estrapolane alcune che sai avere un motivo reale e pratico per la trama. E poi inizia a scrivere, la magia accadrà, le altre serpeggeranno per il testo dandogli forma e pienezza.
2. Scrivere una buona storia: significato, messaggio, emozioni
Se vuoi scrivere una buona storia devi avere qualcosa da dire. Per alcuni è semplicemente la “storia”, ossia una serie di eventi concatenati. Moltissimi gialli o thriller sono strutturati così.
Oppure puoi voler comunicare un messaggio particolare, quelli universali sono molto più semplici e di sicuro hanno un appeal maggiore per CE e lettori (es. amicizia, amore, odio). I grandi romanzi e best seller hanno sempre questo tipo di struttura.
Per cui se vuoi diventare uno scrittore è opportuno che tu abbia delle tue idee, possono anche non essere condivisibili, che si costruiscono attraverso 3 strumenti:
- Lettura.
- Esperienze.
- Dialogo.
Leggi più che puoi, ma sempre con spirito critico, fai esperienze di vita – se possibile – apri la mente e vedrai che il tuo protagonista potrebbe assomigliare a quel viaggiatore con cui hai parlato durante il tragitto in pullman per un luogo esotico (sto fantasticando, spero sia chiaro il senso).
La ragazza/o di cui si innamora proprio il/la barista che ogni mattina ti prepara il caffè al bar dell’ufficio. Una ragazza carina, ordinaria che ha dei modi di fare che senza rendertene conto hai riportato sulla pagina.
Sono tutti e 3 i punti egualmente utili, ognuno è il 33,3%. Il restante 0,1% è qualcosa che non si acquisisce, non si impara e non si ottiene: il talento.
3. Non dimenticare il genere
Scopri qual è il tuo genere narrativo, non soltanto che più ti piace ma che ti permette di esprimere a meglio le tue idee e, appunto, la storia che vuoi scrivere.
Molti si fissano letteralmente con un tipo di romanzi quando, però, non sono nelle loro corde.
Scrivere tanto, generi diversi e sperimentare è l’unico modo per capire e anche imparare strutture differenti, generi lontani che però hanno sempre dei punti di contatto.
Tornando all’esempio fatto in precedenza – sulle montagne umbre nella Seconda Guerra Mondiale -, potresti avere già in mente la storia di base, magari anche i personaggi e i sub-plot. Eppure c’è una distinzione netta su come vuoi scriverla:
- Potrebbe essere un romanzo di formazione che ha come scenario la guerra.
- Una storia d’amore in cui gli amanti lottano per stare insieme.
- Un romanzo di denuncia, contro la guerra e la crudeltà che porta.
- Di pura Guerra, raccontando battaglie, scontri a fuoco e strategie militari per esorcizzarla.
Non c’è per forza un genere, ma è utile capire il messaggio che si vuole dare, per trovare quello opportuno affinché sia funzionale alla storia. Se vuoi scrivere un romanzo d’amore, i personaggi andranno tratteggiati in modo diverso, più intimo e con una punta di malizia.
Non solo narrerai di cosa accade intorno a loro, ma in loro e tra di loro. L’ambiente e la guerra potrebbero essere l’espressione esterna dei loro conflitti sentimentali, oppure una difficoltà così gigantesca da mettere in pericolo il loro amore.
Non essere pigro
Ragiona, non dare per scontato il “genere” solo per pigrizia. A volte una storia racconta più di quello che tu stesso volevi dire: i migliori romanzi sono così.
Prendiamo ad esempio Siddharta, la sua magia sta nel fatto che debba essere riletto in differenti età (20, 30,…, 50) e ogni volta trasmetterà sensazioni ed emozioni differenti.
Perché accade? Hesse non si erge a “maestro”, suggerisce attraverso delle azioni fatte dal protagonista.
Egli agisce, commette errori, ama. E più uno fa esperienze, e differente è il modo con cui giudica tali azioni.
4. Senza conflitto, non c’è storia
Il bello dei libri è anche di osservare e vivere accadimenti che per noi sarebbe impossibile. Vivere il lato oscuro dell’uomo è uno dei segreti del grande successo dei noir.
Un genere che sonda l’animo umano il cui scopo è tentare di dare risposte a comportamenti inspiegabili: come l’omicidio, o le patologie mentali che portano a commettere atti inenarrabili, o la crudeltà.
Qualsiasi storia di successo è conflittuale, che si tratti di una lotta con l’Oscuro Nemico (Il Signore degli anelli), o con se stessi (Il giovane Holden), o contro la società (1984) o la natura (Moby Dick), indipendentemente dal genere, serve un cattivo.
Perché alcuni cattivi sono così memorabili, forse anche più dei protagonisti? Riprendiamo la saga di Guerre Stellari (anche se cinematografica è una “storia”), chi non ricorda la celebre frase:
“Luke, io sono tuo padre“
pronunciata da Dart Fener?
Una buona storia ha bisogno di luce e oscurità, di lotta. Un romanzo scava nell’animo umano senza però dare risposte nette, può suggerire, indicare una possibile via, ma deve essere il lettore a trarre le sue conclusioni.
Altrimenti si rischia, come detto prima, di scrivere un trattato, non una storia.
5. L’importanza delle parole
Stai scrivendo, quindi i tuoi strumenti sono le parole, usale a dovere.
Abbiamo la fortuna di parlare una lingua meravigliosa e completa, piena di vocaboli differenti e sinonimi.
Durante la prima stesura non è così importante, i vocaboli che utilizzi dovrebbero dare un significato, magari trasmettere qualcosa ma ciò che conta davvero è la struttura dell’opera (fai sempre attenzione ai refusi e agli avverbi).
In seguito dovrai rimodellarlo (vedi: fabula e intreccio), scegliere con cura le parole e i termini che diano forza alla tua storia. Per questo fa la differenza il lavoro di editing di un professionista, che ti aiuti a rendere la storia migliore.
Tra gli errori che più mi fanno sorridere c’è l’uso del termine “fece” in un romanzo rosa o erotico.
Non è sbagliato, ma stona moltissimo, la bravura di un autore sta proprio nel saper trovare qualcosa che sia altrettanto esplicativo, ma dentro a quello che gli anglofoni chiamano “moud”.
Se ad esempio il protagonista si è perso in una palude la stessa prosa dovrebbe essere difficile, faticosa (non scritta male), rendendo più sentito e vivo lo sforzo del personaggio.
Il lettore si sentirà lui stesso imprigionato, leggerà faticando per uscire da un capitolo difficile, cupo.
Non si deve fare l’errore di scrivere solo cose facili, perché la soddisfazione per chi legge non sta nel vedere che va tutto bene (la famigliola felice lasciala alla pubblicità), ma nel superare gli ostacoli.
Odia un po’ i tuoi protagonisti, mettili di fronte a difficoltà, umiliali, falli sentire inutili, inconcludenti, meschini.
Amiamo i perdenti che hanno la forza di affrontare le difficoltà della vita (che capitano a tutti), tifiamo per loro ma non significa scrivere sempre il lieto fine. A volte una sconfitta è più catartica di mille vittorie.
6. Come scrivere una buona storia: consigli sparsi
Se scrivi seguendo quanto trovi qui, potresti comunque elaborare una emerita schifezza. Un romanzo di qualità passa per un lungo lavoro, serve aver studiato, letto e scritto moltissimo.
Non è grave, si può migliorare fino a livelli inaspettati (tanto da ambire alla pubblicazione con una casa editrice famosa), senza prescindere da pazienza e duro lavoro. Immagina di essere tu stesso il protagonista che lotta per emergere nel mondo editoriale.
Un racconto non può essere mai sviluppato in desiderio-appagamento. Come detto sono essenziali il conflitto narrativo, l’ambientazione, le emozioni e la giusta scelta delle parole.
A questi aggiungerei altri concetti altrettanto importanti che ho dovuto condensare per non pubblicare un trattato di scrittura:
- Le parole sono pietre. E quindi usale ma non solo, sdogana preconcetti, paure e inutili inibizioni. Se devi scrivere “merda”, scrivila! Elaborare un giro di frase di due righe per dire la medesima cosa, solo per paura di sembrare volgare, è un errore.
- Creati uno schema della trama con dei punti di svolta. Passaggi in cui la storia prende una piega differente e sorprendi il lettore, facendo attenzione alla coerenza logica della storia. Non infrangere le regole create o la struttura solo perché un’idea ti sembra buona.
- Dai vita propria ai personaggi, molti autori creano delle schede nelle quali appuntano la storia del personaggio prima del racconto e cosa gli accade durante. Come sono fisicamente, emotivamente e caratterialmente, il modo di parlare e pensare.
Come vedi ci sono moltissime cose da tenere a mente, ecco perché avere un quaderno dove appuntare idee e considerazioni o la stessa trama può semplificarti la vita.
7. Il finale sbagliato può uccidere una storia
Siamo sempre in un ambito molto soggettivo, eppure alcuni finali lasciano il segno, altri meno. E la nostra mente, per forza di cose, quando legge un romanzo rammenta la trama a grandi linee, le emozioni che ha suscitato e il famigerato finale.
Il finale è un po’ l’ultima mano di poker in cui punti tutto, o vinci o perdi. Se il romanzo fila liscio senza intoppi il finale si scrive da solo, ma non è sempre così.
Tieni conto del genere: uno d’amore può finire anche male lasciando in lacrime il lettore; un giallo dovrebbe svelare quasi sempre l’assassino; un fantasy avere un finale netto, chiaro.
Ma non è sempre così, non ci sono regole assolute per indicare come va scritto.
Scrivere una buona storia non è matematica, anche se adesso hai qualche elemento in più per cimentarti nella stesura di una buona storia.
Scrivere una buona storia e i vantaggi dell’editing
Perché l’editing è così importante e utile quando si scrive un romanzo? L’editor dovrebbe avere tutte le competenze appena indicate, l’occhio per vedere punti di forza e di debolezza del testo e la lucidità necessaria per correggerlo.
L’ultimo punto potrebbe sembrare un po’ strano, ma quando scriviamo siamo troppo presi e difficilmente abbiamo la capacità analitica di vedere ogni aspetto. Sia quelli postivi che negativi.
Un professionista esperto si trova in una visuale vantaggiosa e ti aiuterà a rendere il testo il migliore possibile. Non lo stravolge, ma lotta e combatte con te (e per te). Di solito si crea uno scambio prolifico, intenso.