Non si trasmettono emozioni solo con dialoghi o pistolotti pseudo emotivi da casalinghe disperate, uno degli strumenti più efficaci nei romanzi è il linguaggio del corpo.
Se vuoi che i tuoi personaggi prendano vita e suscitino nel lettore delle emozioni, allora dovrai imparare le basi di questa branca della psicologia.
Per diventare uno scrittore non basta conoscere la grammatica e saper strutturare un romanzo, ci sono molti altri elementi che trasformano un’accozzaglia sbrodolata di parole in una vera e propria storia.
Se credi che basti “saper scrivere”, ti sconsiglio di proseguire nella lettura perché questo è un articolo – a mio avviso – essenziale per ogni autore, oltre che molto lungo. Troverai una gran quantità di messaggi corporei che potrai utilizzare per i tuoi manoscritti.
E in più ti potranno essere utili, come vedremo a breve, anche nella vita quotidiana per “leggere” meglio gli altri e migliorare i tuoi rapporti personali, privati e lavorativi.
Di media le donne inviano circa 5-7 volte i messaggi corporei che mandano gli uomini. Tali proporzioni andrebbero prese in considerazione per creare personaggi equilibrati, realistici e profondi, ma anche in questo caso senza esagerare.
Ci sta che la protagonista sia più “fisica”, che dimostri i suoi stati d’animo con gesti che andremo a vedere in seguito, ma c’è anche da dire che la maggior parte dei segnali corporei passano inosservati e quindi non vanno inseriti nel testo a meno che qualcuno dei personaggi li noti.
Nota: il linguaggio del corpo nei romanzi è una minuscola parte del testo, eppure la sua forza è essenziale e incredibile per dare forma ai tuoi personaggi. Questo articolo è molto lungo ed elaborato, ho preso come fonti i principali testi sul linguaggio del corpo, il mio consiglio è di leggerlo, tenerlo a mente e usarne i piccoli “gesti” nei propri manoscritti.
Un po’ di storia recente del linguaggio del corpo
Negli ultimi sessant’anni circa è nato lo studio scientifico del linguaggio corporeo. Ci si è resi conto dell’infinita potenza che ha la capacità di percepire e comprendere le emozioni altrui, un’arma fondamentale in qualsiasi interazione sociale.
Di fatto i primi a rendere questa parte della psicologia una vera e propria materia di studio, con fini pratici, sono stati gli americani e più specificatamente nei settori commerciali. Vennero così decodificati e spiegati i motivi per cui alcuni venditori, ad esempio, erano in grado di portare a termine molti più affari rispetto ad altri con la stessa preparazione.
Si arrivò empiricamente a comprendere che alcuni gesti ed espressioni hanno un impatto maggiore di qualsiasi frase o concetto e che addirittura sono in grado di valorizzarli a tal punto da rendere l’interlocutore quasi “schiavo”.
Tali comportamenti e azioni, seppure a volte microscopiche, sono naturali o artefatte? La risposta è che le basi del linguaggio del corpo sono in noi, nel nostro Dna.
Diventare un esperto di lettura del corpo altrui non significa avere i super poteri come il Prof. Xavier! Si tratta di interpretazione che non deve prescindere dall’esperienza, sensibilità, empatia e logica.
Tra i più importanti studiosi c’è senza dubbio Paul Ekman, nel suo sito troverai una serie di informazioni e test soprattutto per quanto riguarda le “microespressioni facciali”. Online potrai acquistare, in caso, anche i suoi testi tradotti in italiano.
Perché è così importante conoscere il linguaggio del corpo nei romanzi
Secondo gli psicologi esperti nella comunicazione non verbale soltanto il 7% di tutte le informazioni che ci arrivano di un discorso passa attraverso le parole. Il restante, che è comunicazione non verbale, si divide in un 38% dal tono della voce e 55% dai segnali del corpo.
Sintetizziamo:
- 7% di parole,
- 38% tono della voce,
- 55% segnali del corpo
Il tuo corpo, quindi, parla. Se correttamente codificato questo linguaggio risulta assai eloquente ed in grado di raccontare emozioni, stati d’animo, desideri e affinità.
Uno stramaledetto puzzle!
Prima di studiare il linguaggio del corpo di una persona è sempre bene farsi un’idea di quali siano i suoi comportamenti di base e i gesti compulsivi.
Il comportamento base è quel modo di fare, agire e muoversi che ha una persona in una situazione di vita normale, senza quindi particolari emozioni o pressioni.
In pratica è il nostro modo di essere, questo è formato da molteplici elementi che si sono aggiunti e modificati negli anni, delle vere e proprie abitudini che caratterizzano una persona.
I gesti compulsivi sono tipici di persone che in determinate situazioni, di solito di emozione o stress, scaricano la tensione attraverso movimenti prestabiliti e ripetitivi, che hanno una certa ritualità.
L’esempio più chiaro è il fumare, lo si fa da nervosi non tanto per l’effetto benefico della nicotina (che ha SOLO effettivi negativi), ma sul fatto che quel movimento scarica lo stress. Molti ex-fumatori intervistati hanno detto di sentire la mancanza più del rituale che della vera sigaretta.
I gesti universali
Esistono messaggi del corpo o più semplici espressioni facciali che hanno un significato chiaro e preciso. Per arrivare a questa banale conclusione (che poi tanto banale non è), sono stati fatti studi per decenni di varie popolazioni differenti.
Dai giapponesi che dimostrano una tendenza a contenerli fino ai popoli “primitivi” della Nuova Guinea che non avevano neanche mai visto un uomo bianco.
Senza addentrarci troppo nei meandri di questi interessantissimi studi scientifici andiamo direttamente alle conclusioni:
Esistono espressioni e gesti che hanno un significato universale.
Il linguaggio del corpo nei romanzi, come usare i segnali corporei
Prima di andare a vedere quali sono i principali, proviamo a comprendere come meglio inserirli all’interno di un testo. La loro forza sarà commisurata a vari fattori, non tutti i messaggi sono uguali come intensità e chiarezza.
Mordersi il labbro, se non supportato da altro, potrebbe significare un po’ d’ansia o agitazione, oppure interesse sessuale o un tentativo di seduzione.
Le classiche “braccia incrociate”, secondo l’idea comune indicano solo ed esclusivamente chiusura emotiva. In realtà, secondo molti psicologi e studiosi, è una semplificazione banale poiché una persona potrebbe tenerle in quel modo per semplice comodità.
Un singolo segnale non è quasi mai sufficiente per leggere le emozioni di qualcuno. Nei romanzi, invece, dare a un personaggio una determinata espressione del viso – o un altro messaggio del corpo – è un grosso indizio su cosa prova.
Le dosi!
La bravura di un autore sta nell’usare le giuste dosi. Esagerare renderà il testo macchiettistico e molto confuso non permettendo al lettore di capire, perché la funzione del linguaggio del corpo nei romanzi è di:
Far comprendere al lettore cosa provano i personaggi, senza spiegarlo con banali didascalie, es: era attratta da lui.
“Era attratta da quel ragazzo senza saperne la ragione”. Non è una frase così pessima, eppure manca qualcosa, sembra quasi una spiegazioncina (infodump), che trasmette informazioni ma non emozioni.
Prova a ricordare le emozioni provate la prima volta che ti sei sentito attratto/a da qualcuno, non le sintetizzavi in “attrazione”, erano molto più complesse e intense. Se stai leggendo un romanzo, vuoi l’informazione e basta, oppure anche rivivere/vivere l’emozione che prova il personaggio?
I segnali del corpo divisi per categoria
Non è una divisione esatta, giusta o esaustiva, però ho inserito un gran numero di elementi che potrai utilizzare nei tuoi scritti. Lo scopo è di mostrare (Show don’t tell, ricordi?) e aiutare il lettore a immergersi nella storia, magari facendogli provare delle emozioni, coinvolgendolo.
Quanto troverai in questo articolo è più che sufficiente per avere una visione esaustiva e quasi tutti gli strumenti utili. Eccedere, andando a ricercare messaggi corporei o microespressioni facciali troppo specifiche, potrebbe rendere il testo “meno comprensibile”.
La tua bravura starà nel capire come muoverti e che scelte fare, un po’ come i sinonimi di disse, scrivere enunciò così, tanto per usarne uno, non fa di te un grande scrittore, anzi.
I gesti che indicano disagio/imbarazzo/insicurezza
- Muoversi in modo eccessivo e convulso.
- Guardarsi intorno come un cucciolo che cerca approvazione.
- Avere uno “spazio” nel quale interagire troppo ristretto.
- Non guardare mai le persone negli occhi.
- Tutti quei gesti “compulsivi” (come controllare l’ora ogni attimo).
- Stare con la schiena piegata, spalle chiuse o mento verso il basso.
- Mani sui reni.
- Coprire le parti “basse” con mani e braccia.
- Mangiarsi le unghie.
- Chiudersi la giacca o utilizzare una borsa o altri oggetti come una barriera.
- Tenere le mani in tasca.
Se vuoi mostrare un personaggio in imbarazzo, o renderlo un insicuro, puoi utilizzare questi gesti, di solito uno – se ben evidenziato – è sufficiente. Nell’arco di una scena più elaborata potrà anche farne due o tre, di più si rischia di creare una macchietta.
Importante: alcuni gesti, esempio occhi ben aperti, bocca spalancata, sono inseriti nella sezione delle espressioni facciali (in seguito), perché andrebbero messi a sistema con altri per valutare in modo chiaro la specifica emozione provata.
I gesti che indicano sicurezza
Potrebbe servirci che il/la protagonista palesi una certa sicurezza, reale o presunta. Scrivere che è “sicuro di sé” non rende quanto dovrebbe, ecco perché è più indicato e utile conoscere il linguaggio del corpo nei romanzi. Avremmo inserito solo una banale informazione, ecco alcuni gesti che aiutano a tratteggiare le caratteristiche di un personaggio:
- Tono della voce profondo e parla con calma.
- Guarda negli occhi gli interlocutori senza abbassare lo sguardo.
- Il personaggio potrebbe tenere una mano in tasca e gesticolare (senza eccessi), con l’altra.
- Tiene le spalle aperte e il mento in alto.
- Sorride, anche se questo gesto viene spesso abusato e ci tocca fare l’editing di un romanzo pieno di ebeti saltellanti che sorridono ogni due righe.
Sono piccoli gesti, nulla di eclatante, ma se ben dosati danno ai personaggi quella sfumatura in più senza essere inutilmente didascalici.
Il linguaggio del corpo nei romanzi: gli occhi
Gli occhi sono anche una delle parti che spesso vengono maggiormente “fraintese”, non si guarda solo quello che ci piace, ma anche qualcosa di curioso, brutto, disgustoso, interessante. Si osserva anche senza un fine ben preciso.
Per questo uno sguardo “intenso” non deve essere interpretato solo in un modo, invece è meglio se oltre a quello si aggiungono “comportamenti” più precisi, come quelli di seguito:
- Guardare negli occhi qualche secondo in più del “normale” è quasi sempre un segno di interesse (che tipo, è da vedere).
- Tenere le sopracciglia alzate in modo quasi esagerato per alcuni secondi; di solito questo gesto è combinato con un sorriso e indica contentezza.
- A un personaggio femminile, per farle dimostrare interesse, puoi farle sbatte le palpebre più spesso e più rapidamente. Oppure abbassare lo sguardo per alcuni secondi, poi guardare fugacemente. Potrebbe chinare il capo e rialzarlo con i classici “occhioni” da cartone animato giapponese.
- Un personaggio maschile, invece, tenderà a “fissare” a lungo l’oggetto del suo desiderio e indugiare su determinate parti del corpo dell’altra.
- Lo sguardo “incrociato”, ha il chiaro intento di incuriosire chi ne è oggetto: il resto del corpo è rivolto in un’altra direzione rispetto alla testa.
- La cosiddetta “palpebra a mezz’asta” indica noia, sonno o disinteresse.
Durante un dialogo tra personaggi, se uno è interessato tenderà a mantenere il contatto visivo il più a lungo possibile. Al contrario, se si annoia, è in disaccordo oppure disorientato, quasi non avrà contatto visivo.
Nel caso in cui uno degli interlocutori guarderà da un’altra parte, significherà che è intervenuto un fattore importante a distrarlo.
A cosa servono le mani…
Una delle parti del nostro corpo che più esprime le vere emozioni sono proprio le mani. Infatti i politici italiani, nelle conferenze ufficiali, le nascondono!
Una persona che le mostra e le utilizza per comunicare meglio i suoi pensieri, è probabile che sia sincera. Dico sincero, e non che dice la verità, che sono due concetti diversi.
- Anziché scrivere “era arrabbiato”, si può provare con gesti come “strinse i pugni”.
- Grattarsi il mento o la testa indica, banalmente, dubbi o che si sta riflettendo.
- Un gesto come “incrociare le dita” è immediato, diretto.
- Stessa cosa per il dito medio o il pollice alzato/abbassato.
- Un personaggio che si accarezza, per esempio una spalla o anche i polsi è probabile che sia in cerca di attenzioni e soprattutto di contatto fisico (che indica ricerca di affetto).
- Grattarsi il viso (non il mento), spesso è un indicatore di nervosismo o anche fastidio.
- Un personaggio femminile seduto con le mani incrociate in grembo indica attesa, di solito di qualcuno. Viene spesso confuso con un gesto di chiusura, se ha il volto rilassato e le mani – anche se intrecciate – sul grembo, allora è positivo.
- Un personaggio che gioca con qualcosa, una bottiglia o un bicchiere potrebbe dimostrare attrazione verso il suo interlocutore.
- Le mani dietro la schiena spesso sono da valutarsi come un atto di resa, di sudditanza o sconfitta.
- La ricerca di contatto fisico è un segnale di apertura.
Non lasciare i tuoi personaggi con le “mani in mano”, sono uno strumento così importante ed evocativo in grado, con piccoli gesti, di raccontare molto ma soprattutto di mostrare.
Capelli
Di solito i capelli sono una parte del corpo più utile nel descrivere personaggi femminili e alcuni loro gesti, anche se a dire il vero negli ultimi anni questa prerogativa si è “spostata” anche nell’universo maschile.
Sono una parte che esprime una grandissima femminilità, una chioma liscia e morbida è in grado di comunicare bellezza e sensualità.
È normale che un personaggio, durante una scena particolare, specialmente nei dialoghi, li accarezzi o in qualche modo li manipoli.
- Grattarsi la testa è tipico di chi ha dubbi o sta pensando (di rado di chi non si lava o ha problemi di salute).
- Si passa le dita tra i capelli per ravvivarli. Un gesto molto comune che potremmo definire “compulsivo”, che non ha nulla a che vedere con una emozione specifica.
- Arrotolare delle ciocche dei capelli mentre si guarda, magari sorridendo, è un segnale (femminile) sfacciato e di interesse.
- Se vuoi inserire un gesto molto femminile, e seduttivo, puoi far sì che il personaggio scosti i capelli dalle spalle, dal collo o dal viso. È un segno di grande disponibilità specialmente se mostra il collo e lo accarezza.
- Raccogliere i capelli è spesso un segno di chiusura (o che si sta per cambiare la sabbia nella lettiera del gatto!) o di concentrazione (per un lavoro, un compito particolare).
Il linguaggio del corpo nei romanzi: segnali generici
Esistono un gran numero di segnali generici che mandiamo in continuazione, la loro funzione principale è comunicare emozioni e stati d’animo, sta all’autore conoscerli per riuscire a dare maggiore profondità ai suoi personaggi. Ribadisco che è essenziale non eccedere, se a ogni dialogo ne inserisci uno, crei solo confusione e rendi il tutto finto ed eccessivo.
La bravura non sta nel farcire un romanzo di messaggi paraverbali, ma nel dare le giuste pennellate, gesti che suscitino un’emozione, un’intuizione o anche un dubbio nel lettore.
In generale possiamo dividerli in segnali di:
- tensione,
- rifiuto,
- sfida.
Il linguaggio del corpo nei romanzi: segnali di tensione
La tensione può avere sia un carattere negativo che positivo, anche se il più delle volte scaturisce da qualcosa che non ci piace o ci mette in difficoltà.
- A meno che non sia un personaggio affetto da orticaria, il grattarsi esprime sempre un grado più o meno elevato di tensione.
- Deglutire di frequente o una sola volta in modo “forzato” è indice di grandissima tensione negativa. Attenzione, perché in molti testi che ci arrivano i personaggi deglutiscono neanche fossero a una cena da Cracco!
- Mangiarsi le unghie. Un brutto vizio ma anche un chiarissimo segnale spesso palese in persone stressate o nervose. Nel lungo periodo può diventare un gesto compulsivo.
- Tossire o schiarirsi la voce. Un gesto apparentemente normale spesso invece nasconde il bisogno di farsi notare. Quando il livello di tensione sale si avverte di sovente anche un fastidio fisico reale.
- Movimenti convulsi di mani e piedi. Come già visto queste parti del corpo hanno una grandissima parte nella comunicazione non verbale, muoverle in modo eccessivo, sfregarle indica un forte disagio che viene scaricato con movimenti a volte anche un po’ ridicoli. Il classico “tormentarsi” le mani davanti a una domanda alla quale lo studente non sa rispondere.
Segnali di rifiuto
Mentre parliamo con qualcuno questi può inviarci una quantità incredibile di segnali di rifiuto per ogni cosa che diciamo, ma anche a causa del modo con cui lo facciamo.
- Sfregarsi o grattarsi il naso. Ci sono moltissime varianti a questo gesto ma il significato è comunque negativo, indica disprezzo, fastidio o rifiuto.
- Togliersi qualcosa dall’occhio. Un gesto che simile al grattarsi il naso, togliersi e allontanare qualcosa che non condividiamo o che addirittura troviamo ripugnante.
- Toccarsi o grattarsi la fronte. Un classico gesto di una persona perplessa. Può essere utilizzato come messaggio corporeo di un personaggio per dare l’idea di qualcosa di negativo ma non meglio identificato.
Segnali di sfida
Non esistono veri e propri gesti singoli che indicano una sfida, sono più un complessivo atteggiamento di tutto il corpo, postura compresa, che danno l’idea, appunto, di un conflitto.
- Se un personaggio mette le mani sui fianchi, ha le gambe leggermente divaricate e tiene il mento alto potrebbe ricordare quello di tuo padre quando ti beccava a tornare a casa alle 5 del mattino!
- Mostrare l’avambraccio arrotolandosi su le maniche, come farebbe una vecchia suora che sta per prendere a sganassoni il teppistello di turno, è un segnale di sfida molto eloquente!
- I personaggi femminili, di solito, invieranno messaggi parverbali di sfida in modo diverso rispetto a quelli maschili (es. fissare senza abbassare mai lo sguardo).
Le espressioni del viso
Una parte fondamentale, ma spesso poco conosciuta ed applicata, nello studio del linguaggio del corpo, sono le micro-espressioni del viso.
In molti romanzi che edito o leggo, trovo spesso una sorta di fissazione per gli occhi. In realtà sono solo una minima parte del puzzle comunicativo di ogni persona.
Ad esempio si pensa che chi dica una bugia non sia in grado di reggere lo sguardo inquisitore di chi gli chiede spiegazioni. Questa è una convinzione molto cinematografica e poco attinente alla realtà; è stato studiato che invece chi mente tende a tenere lo sguardo più fisso, proprio a dimostrazione che lui è innocente, agendo razionalmente e premeditatamente e mantenendo gli occhi sull’accusatore.
Il linguaggio del corpo nei romanzi: la tristezza
La tristezza “era” una delle emozioni più facili da comprendere però, negli ultimi anni, si è arrivati ad una tale spettacolarizzazione della tristezza altrui da diventarne quasi ciechi e insensibili.
- Le palpebre e le sopracciglia sono uno dei segnali più chiari di tristezza, sono loro ad indicare il 90% di questa emozione. Le sopracciglia formano un triangolo più o meno accentuato e puntano verso l’alto. Questo movimento è difficile da replicare, per questo è molto affidabile. In una tristezza forte, che può diventare anche tormento, questi due segnali sono sempre presenti, se invece se ne trova uno soltanto l’emozione è di solito appena accennata.
- Gli occhi, nel caso della tristezza, si “spengono” conferendo alla persona anche un’espressione di assenza. Anche lo sguardo verso il basso è tipico di chi prova tristezza.
- Quando non è eccessiva la bocca solitamente rimane chiusa, più l’emozione aumenta e maggiormente i lati convergono verso il basso dando vita alla classica espressione imbronciata dei bambini. Ovviamente da sola non basta ad indicare tristezza visto che è un’azione (di abbassare i lati delle labbra) molto facile da replicare e che tutti associano a determinate emozioni. Più la tristezza aumenta e più questa caratteristica è accentuata fino all’apertura della bocca, in questo caso può essere accompagnata da pianti e singhiozzo. A questo punto la tristezza si è tramutata in sofferenza.
La rabbia
Se il conflitto è il motore di un romanzo, la rabbia ne è il carburante. Chi non ricorda l’espressione accigliata di un genitore dopo aver combinato un guaio?
I protagonisti dei un romanzo, prima o poi, si scontrano con l’antagonista e la rabbia dovrebbe essere mostrata attraverso i dialoghi, ma anche con le giuste “pennellate” del linguaggio del corpo.
- Una delle caratteristiche principali nella rabbia è l’arcuarsi delle sopracciglia verso il basso e in modo simmetrico.
- Anche gli occhi cambiano espressione diventando luminosi e più intensi a indicare un’emozione forte che si sta provando in quel momento.
- Nella rabbia la bocca è una sorta di termometro che indica la maggiore o minore forza dell’emozione. La bocca chiusa con le labbra serrate indica una rabbia nascente o controllata che potrebbe esplodere a breve. Le labbra si assottigliano per lo sforzo facciale di chiusura. Nei casi più estremi l’emozione prende il sopravvento fino all’apertura delle labbra che “mostrano i denti”. In casi di questo tipo siamo in una zona d’ombra in cui la persona ha quasi (se non del tutto) perso il controllo. Anche la mascella serrata è indice di tensione e se da sola indica una rabbia che sta nascendo.
La sorpresa e la paura
Spesso si confondono sorpresa e paura perché hanno la stessa radice emozionale e quindi il viso ha un’espressione simile. La sorpresa è un’espressione che viene molto spesso mascherata (o almeno si prova a farlo) oppure “recitata”.
La sorpresa:
- Ciglia arcuate verso l’alto in modo molto pronunciato, la durata di questo gesto è solitamente di meno di un secondo.
- Occhi spalancati.
- La bocca si apre con una forma di solito ad “o”, oppure la classica “mascella che cade”.
La paura:
- Ciglia arcuate verso l’altro come per la sorpresa, ma la durata è superiore agli 1-2 secondi, più dura e più dalla paura si passa alla preoccupazione. Nella paura le ciglia tendono ad “avvicinarsi”.
- Le palpebre si alzano conferendo all’occhio una dimensione maggiore, facendolo sembrare più grande.
- La bocca o si apre o rimane bloccata e chiusa. In entrambe le situazioni, però, c’è una forte tendenza all’assottigliamento delle labbra.
Il disprezzo e il disgusto
Disprezzo e disgusto sono molto simili sia a livello teorico che pratico; è stato visto che di media sono le due emozioni che più vengono confuse tra di loro.
Il disprezzo è solitamente rivolto verso una persona, il disgusto è più ampio (può riguardare, di rado, qualcuno, ma più in generale è rivolto verso cose o situazioni).
- Il disprezzo é un’emozione molto semplice da capire, la parte sinistra o destra della bocca si sposta leggermente verso l’alto dando vita ad un lieve sorriso. Il resto del volto rimane fermo, solitamente tale gesto dura molto poco e solo su un lato del volto. Questa asimmetria è il maggior indicatore di disprezzo.
Il disgusto, come detto, riguarda soprattutto situazioni, oggetti o cose in generale. Di rado è riferito a un individuo.
- Il disgusto si caratterizza per due azioni specifiche, che possono essere viste come una sorta di mix tra rabbia e disprezzo. La prima il corrucciarsi delle sopracciglia, proprio sopra l’attaccatura del naso.
- Il labbro superiore si solleva più che può, mostrando i denti mentre quello inferiore si assottiglia quasi fosse un’espressione di rabbia.
Spesso anche le narici si dilatano il tutto tirando le guance verso le orecchie. In questi casi siamo di fronte ad un disgusto estremo.
Il linguaggio del corpo nei romanzi: il piacere
Per quanto possa sembrare incredibile non vi è una vera e propria classificazione delle emozioni comunemente definite piacevoli. Gli stessi esperti si sono concentrati più su quelle negative che su quelle positive.
La prima forma di piacere è quella del contatto fisico con la madre che ha il neonato ed in seguito tutte le emozioni più forti diventano, quindi, quelle prettamente sensoriali. Che sia per il gusto di un buon cibo, il suono piacevole di una bella sinfonia o la pelle liscia della persona amata queste sono piaceri sensoriali.
Altre forme di piacere possono essere così catalogate:
- L’eccitazione solitamente non si presenta da sola ma insieme ad altre emozioni e sensazioni rendendola un qualcosa di molto particolare e difficile da innescare e da leggere nell’altro.
- Il sollievo, da cui il classico “sospiro di sollievo” che si verifica quando finisce una forte emozione, negativa o positiva che sia.
- Lo stupore, una forma di meraviglia molto marcata che mescola insieme paura, sorpresa ed eccitazione. Non ha alcun segno distintivo preciso, spesso è accompagnato dalla pelle d’oca o da sensazioni più “personali” non visibili. In alcuni studi è stato visto che le persone stupite hanno formicolii o altre “sensazioni” che però non sono visibili dall’esterno.
- La gratitudine, forse una delle emozioni positive più complicate, essa non ha una nascita ben precisa, ma di solito con il tempo si accresce in virtù di un vantaggio che ci porta dei benefici.
Queste sono alcune delle emozioni piacevoli più comuni, secondo molti psicologi sono addirittura 16! Ma in realtà la loro catalogazione non ci interessa più di tanto, quello che conta è che tali emozioni possono essere innescate e osservare la loro nascita e presenza ci è molto utile per poter replicare i comportamenti che le hanno generate.
Il linguaggio del corpo nei romanzi: conclusioni
Il linguaggio del corpo nei romanzi è, a mio avviso, essenziale. Altrimenti non mi sarei preso la briga di scrivere un articolo così lungo ed elaborato.
La bravura di un autore sta nel capire quando inserire un gesto del corpo, un’espressione o un movimento per suscitare nel lettore ciò che vuole. Se desideri far sentire la paura del protagonista, o la sua rabbia, sconsiglio di indicarla in modo didascalico.
Prova invece a mostrarla attraverso il volto, gli occhi o alcuni gesti del corpo. È una tecnica difficile che non tutti saranno mai in grado di utilizzare, ma che farà la differenza per quanto riguarda la creazione di personaggi profondi e tridimensionali.