Show, don’t tell: mostra non raccontare

Show don’t tell – mostra non raccontare – è una delle tecniche di base della scrittura moderna. Troppo spesso ci arrivano testi che, pur avendo del potenziale, non lo sfruttano per un eccesso di didascalie e spiegoni noiosi.

Allo stesso tempo si rischia di abusare di questa tecnica eliminando delle informazioni che, alcune volte invece, dovrebbero essere inserite in modo netto e chiaro o si rischia di confondere il lettore.

Per capire di cosa stiamo parlando facciamo subito un esempio:

Mario era una persona paranoica.

Questo è il modo più facile, e meno incisivo, per descrivere un personaggio. Così scarichiamo “l’onere della fantasia” sul lettore che, in teoria, dovrebbe immaginare Mario in comportamenti paranoici: ma non accade.

Al contrario, se si vuole coinvolgerlo, è molto più efficace il mostrare, appunto, il personaggio attraverso azioni, linguaggio del corpo e movimenti (in alcuni casi anche con i dialoghi).

Mario si era scelto un posto defilato e vicino all’uscita, che controllava di continuo, pronto a scattare al primo segnale di pericolo.

Se vuoi mostrare che un personaggio, in quel momento, è agitato, non dire semplicemente:

Francesca era agitata!

Questo sarebbe il classico errore in cui si dice, senza mostrare. Per mostrare basta, appunto, far vedere quali sono le azioni che il personaggio compie nel momento in cui prova una determinata emozione:

Francesca fissava la televisione, tra le mani stringeva un vecchio berretto che contorceva con tale forza da rischiare di strapparne la stoffa lisa.

Basta davvero poco per trasformare una “spiegazione”, in una immagine di forte impatto.

Show don’t tell: cosa significa “lettore attivo”

Ti è mai capitato di leggere la scena di un libro e replicare i gesti del protagonista? Ad esempio quando si sfiora il mento, inarca le sopracciglia o si morde il labbro inferiore?

Senza rendercene conto, quando un romanzo è ben scritto e coinvolgente, mimiamo questi gesti (leggi: consigli di scrittura dove troverai elementi sul linguaggio del corpo). Oppure può capitare di ricordarci una canzone, un suono o addirittura di provare una specifica emozione.

Se accade significa che l’autore é stato così bravo da renderti partecipe delle emozioni e sensazioni provate dallo stesso personaggio: sei diventato un lettore attivo.

La scrittura, specialmente di romanzi, è fatta di 3 elementi:

  1. la tecnica narrativa,
  2. la storia e
  3. le emozioni suscitate.

I primi 2 punti sono forse i meno difficili da imparare (forse!), ma il punto 3. è senza dubbio ciò che trasforma un buon libro ben scritto, in un grande romanzo! 

Il tutto può essere riassunto in:

Fai vivere al lettore gli eventi come fossero reali.

Un giornalista fa cronaca e racconta in modo asettico degli accadimenti, un romanziere fa vivere (o rivivere) in modo diretto un determinato momento.

Si può “dire” qualcosa?

Scrivere – per quanto alcuni tentino di dare vita a schemi e regole immutabili e sempre esatte – è estro, fantasia ed emotività.

Lo show don’t tell è un’utilissima tecnica narrativa che però non va bene per tutte le stagioni! Ci sono momenti in cui una semplice descrizione, ad esempio di una stanza, seppur attraverso gli occhi di un personaggio, diviene necessaria.

Altrimenti si rischia di annoiare il lettore perché si utilizza sempre lo stesso strumento. La descrizione, come detto, di una stanza, può servire – magari subito dopo una scena molto emozionante – per dare respiro alla narrazione. 

Fai prendere una boccata d’ossigeno, rapida o lunga, essenziale affinché chi legge abbia fiato per scendere nelle profondità del romanzo.

In generale è meglio non fare descrizioni didascaliche per ogni personaggio:

  • Mario era alto, moro…
  • Laura era una bella ragazza dagli occhi verdi e…
  • Lucia era molto bassa, indossava sempre…

In linea di principio, per quelli più importanti, è forse meglio mostrarli attraverso le loro azioni, gesti e interazione con il mondo.

Show don’t tell e i personaggi chiave

Dire che Lucia, l’antagonista, è bassa, non è sbagliato ma è poco coinvolgente. Proviamo a usare lo show don’t tell:

Lucia riuscì a salire sull’autobus a fatica, sgusciando agilmente tra i tanti passeggeri. Il mezzo scattò in avanti all’improvviso, per non cadere tentò di afferrare le staffe che penzolavano sopra di lei, ma non ci arrivò, facendola finire sul signore che le era accanto.

Avremmo potuto scrivere:

Lucia era talmente bassa che, sull’autobus, non arrivava agli appositi sostegni.

È sbagliato? No, eppure manca di qualcosa. A quanti sarà capitato di trovarsi in una situazione simile e di rischiare di finire contro qualcuno, magari perché non si è fatto in tempo a tenersi (anche se si è abbastanza alti).

Abbiamo mostrato così una scena dalla quale si capisce che Lucia è bassa e abbiamo fatto provare al lettore delle emozioni risvegliando un ricordo.

E per gli altri personaggi?

In questo caso non c’è una regola fissa, in linea di massima, se stai scrivendo di personaggi secondari, come armigeri sul campo di battaglia, invitati a una festa elegante o spettatori a un concerto, fare descrizioni dirette e semplici potrebbe essere la scelta giusta.

Soprattutto se, magari dopo poche pagine, farà il suo ingresso sulla scena un personaggio importante per il quale, invece, una descrizione meno asettica e più coinvolgete sarebbe più adatta. 

Se entra l’ospite della festa, descriverlo come si è fatto per gli invitati, lo renderebbe simile a loro, quasi neutro. Invece, utilizzare per lui la tecnica dello show don’t tell è importante proprio per suscitare nel lettore le stesse emozioni che prova, per esempio, la protagonista del nostro romance.

Mostrare le emozioni?

Chi è alle prime armi nella scrittura tende a dire e specificare cosa provano i personaggi. Questo, a mio avviso, è un errore, si fa quella che in gergo è una didascalia, asettica e non coinvolgente.

In rari casi si può essere diretti e semplificarsi la vita, magari durante un dialogo in cui un personaggio dice cosa prova – o crede possa provare – a un altro personaggio. 

Però, quando si tratta di situazioni in cui non ci sono dialoghi o soggetti esterni che valutano e commentano qualcosa, lo show don’t tell è d’obbligo.

Laura era felice.

Non sembra una frase errata, ma chi è che vede la felicità di Lucia, da cosa capisce che prova quella specifica emozione? Questa non è altro che una sorta di voce onnisciente dell’autore che fa una spiegazioncina.

Laura guardò il ragazzo che si stava allontanando, lo seguì con lo sguardo fin quando scomparve tra la folla della stazione. Era avvenuto tutto in pochi istanti, così rapidi da non rendersene conto, eppure si ritrovò – senza saperne la ragione – a sorridere.

La felicità arriva all’improvviso e ci fa agire e mostrare le emozioni in tantissimi modi differenti. In questa seconda descrizione siamo entrati nella mente di Laura che, confuse e felice (cit.), sorride.

Possiamo usare questa tecnica anche per quanto riguarda i tratti caratteriali dei personaggi. 

E per le descrizioni?

Scrivere è fatto di regole, ma si deve anche sapere quando non vanno seguite o almeno “piegate” per il bene della storia. Mostrare serve spesso per far provare al lettore – come detto – determinate sensazioni ed emozioni con più forza. Lo scrittore ha il compito di stimolare:

  • le emozioni,
  • i ricordi,
  • le sensazioni.

Queste ultime sono meno difficili di quanto sembra, basta scrivere “farfalle nello stomaco” e si viene catapultati in uno stato d’animo ben preciso. Come anche “serrare la mascella” oppure “stringere i pugni”.

showdonttellPer quanto riguarda, invece, le descrizioni, è lecito usare la tecnica più semplice del dire (quindi descrivere), ma a patto che ci sia un soggetto. Capita troppo spesso che i romanzi che ci arrivano inizino con il meteo, una descrizione più o meno poetica di un’alba, del sole che sorge, delle nuvole e a continuare che neanche Giuliacci fatto di metanfetamine!

Si può fare una descrizione, magari di un bel panorama o dell’antro del nemico, ma attraverso lo sguardo di un personaggio e, di conseguenza, da questo dovrà essere filtrato.

Per Mercoledì Addams una casa diroccata, con i vetri rotti e la porta divelta sarà una visione eccitante! Lo stesso edificio, per una bambina di undici anni vestita di rosa e con le treccine, una visione terrificante.

Osserva, ascolta e studia. Tanto

Lo show don’t tell obbliga l’autore a uscire dal proprio mondo per osservare ciò che gli capita attorno. Un bravo scrittore è anche un grande conoscitore delle persone, le studia e ne codifica i comportamenti per poi riportarli sulla pagina per dare vita a personaggi e situazioni più reali e coinvolgenti.

Il primo consiglio è di studiare il linguaggio del corpo. Non é una tecnica mistica per leggere nella mente delle persone, ma un valido strumento per comprenderne meglio sensazioni e stati d’animo. Basta un gesto, spesso, per capire se qualcuno è arrabbiato, spazientito o felice.

Per iniziare consiglio di vedere il sito di Paul Ekman, il più noto psicologo esperto di linguaggio paraverbale. Su Amazon si possono acquistare molti suoi testi che spiegano questa importante scienza.

Chi è senza peccato…

Quando si scrive si vuole comunicare qualcosa, è ovvio. Spesso, gli autori alle prime armi, tendono a esprimere troppi giudizi (anche morali), che hanno solo l’effetto di allontanare il lettore che si sente spinto in una direzione specifica.

Uno dei più grandi romanzi di sempre è “Se questo è un uomo”, di Primo Levi. La sua meravigliosa potenza narrativa sta nella mancanza assoluta di giudizi: non dice, mostra.

Non fa lunghissimi pistolotti pseudo-intellettuali e finto-moralizzanti che, in un testo sui campi di concentramento sarebbero il fulcro per quasi ogni scrittore. Levi si limita a mostrare, non a giudicare. E se lui è riuscito in questo modo a scrivere un capolavoro della letteratura moderna, forse significa che è la strada giusta anche quando si scrive un fantasy!

Per cui giudicare, o far giudicare ai personaggi in modo asettico determinate situazioni, è il più delle volte deleterio per il romanzo. 

Trovava Laura bellissima.

Questa frase ci dà solo una informazione, un giudizio estetico freddo e poco empatico. Cosa trova di bello in lei? Cosa lo colpisce? 

Da tempo non provava certe sensazioni, era come se di fronte a Laura tutto intorno a lui si fermasse. Ne sfiorava con lo sguardo le labbra sottili e delicate, i capelli lisci che Laura raccoglieva spesso in una stretta coda di cavolo. Ma gli occhi di Laura, Dio… i suoi occhi.

L’importanza dei dialoghi

La voce dei personaggi è essenziale per evitare di fare lunghe inutili spiegazioni o descrizioni. Invece prova a utilizzare dei dialoghi, senza scadere nel banale infodump, e mostra il mondo che loro vivono attraverso i loro occhi, non i tuoi.

Troppo spesso leggiamo testi in cui la voce narrante ci spacca l’anima con infinite “seghe mentali” (termine tecnico ottocentesco), che annoiano e sono solo una sorta di esaltazione del pensiero dell’autore.

Il pensiero deve essere quello del singolo personaggio il cui punto di vista ha maggiore forza se lo si mostra attraverso azioni, espressioni facciali, linguaggio del corpo o anche attraverso dettagli sensoriali.

Questi ultimi dovrebbero essere precisi, non dire che sentì un cattivo odore, ma un odore acre di metallo e sangue (se si tratta di un cadavere rinvenuto dopo giorni).

Show don’t tell, ma senza eccessi

Come per molte altri strumenti di scrittura, la vera bravura non sta nell’utilizzarli sempre, ma quando sono utili per la storia. In linea di massima, lo show don’t tell è sempre meglio usarlo, in fase di editing del romanzo – in caso – si modificherà il testo nei momenti in cui è necessaria (e sono rarissimi), una didascalia.

Per esempio, durante il tutoring di scrittura, spieghiamo all’autore la necessità di mostrare gli accadimenti attraverso:

  • azioni,
  • dialoghi,
  • sensazioni (visive, uditive, olfattive…),

Ciò serve per rendere il lettore attivo, è necessario per coinvolgerlo emotivamente e psicologicamente catapultandolo all’interno della storia.

Per qualsiasi domanda, chiarimento o informazione,  su tutoring. editing o valutazione manoscritti, puoi scriverci a:

info@pennarigata.it

3 commenti su “Show, don’t tell: mostra non raccontare”

  1. La coda di cavolo è un’espressione molto carina… “Laura raccoglieva spesso in una stretta coda di cavolo…”

    In Show don’t tell.

    Un caro saluto.
    Carla De Bernardi

    1. Gentile Carla, lei ha l’occhio clinico! Grazie per la precisazione, lasceremo l’errore perché tutti sbagliano e un sano confronto è alla base di un buon editing.

  2. Pingback: La tecnica narrativa dello Show, don't Tell - Livingston

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