La prima domanda che un autore dovrebbe porsi riguardo al prologo è: serve davvero? Di sicuro deve avere tre caratteristiche precise, altrimenti si tratterebbe di un normale capitolo.
- Il luogo e il tempo in cui si narra la storia devono essere differente rispetto a quelli del romanzo. Per essere più precisi il prologo dovrebbe svolgersi per esempio, un anno prima (o una settimana o cinquant’anni).
- Deve avere un impatto forte sulla storia, magari il lettore potrebbe capire la relazione tra accadimenti nel prologo e nel romanzo anche a metà libro (o persino alla fine).
- Il “soggetto” è diverso da quello del romanzo. Se nella storia il punto di vista è quello del protagonista, nel prologo potrebbe essere il cattivo, la vittima, l’assassino o qualcuno le cui azioni scatenano gli eventi narrati.
Il prologo è uno strumento utilissimo per introdurre il lettore all’interno della tua storia (che sia un racconto breve, un romanzo o anche una sceneggiatura). È qualcosa di “avulso” dalla narrazione, almeno apparentemente che, con il proseguo della storia, diventa invece essenziale e chiarificatore di alcuni elementi essenziali.
Inserirlo solo perché di moda, è un errore. Quindi controlla che ci siamo tutti i punti appena elencati. in caso contrario è fortemente sconsigliato usarlo.
Lo si inserisce all’inizio del racconto e introduce alla storia
Secondo la definizione della Treccani: nelle antiche tragedie e commedie greche e latine, monologo o dialogo che introduceva l’azione, e serviva a esporre l’antefatto o a illustrare il contenuto dell’opera.
Con il prologo si mostra un accadimento che spesso è la scintilla che fa esplodere l’incendio, il sassolino che smuove una valanga.
La sua funzione è duplice:
- aiutare il lettore a entrare nella storia,
- catturarne l’attenzione.
Il primo punto è importante, ma in fin dei conti non sufficiente se si vuole inserire il prologo. Si rischia che sia un banale e gigantesco infodump utile all’autore pigro.
Come scriverlo?
Diciamo che hai valutato se inserire il prologo nel tuo romanzo e, dopo un attenta valutazione, hai deciso di scriverlo anche perché risponde ai 3 punti visti prima. La maggior parte degli autori pretendono di scriverne un o che sia alla stregua di un capitolo, lungo, ricco di informazioni e azione.
In realtà un buon prologo ha la sua vera forza nella:
- brevità,
- nel conflitto e
- nei dubbi.
Non dovrebbe superare, di media, le due pagine. Un prologo di 10 non è un prologo, ma solo un capitolo nato male e scritto peggio!
Come in ogni testo, il conflitto deve apparire da subito. Altrimenti il lettore, può sembrare brutto ma è spesso così, si annoia e non va avanti nella lettura. Se hai inviato il tuo romanzo a un Editore o a delle Agenzie Letterarie, diventa il biglietto da visita e se il prologo non acchiappa il lettore, le tue chance si riducono a zero.
Chi legge deve farsi delle domande, non deve capire cosa sta accadendo di preciso. Per esempio, in un thriller, la vittima viene assassinata con un’arma particolare da una figura femminile che dice una frase criptica. Tante domande, pochi elementi chiari.
Il prologo nel cinema o a teatro
Con la cultura delle Serie Tv e la possibilità di accedere a tantissimi titoli online, anche la stessa scrittura si è evoluta seguendone – e tracciandone allo stesso tempo – il percorso.
In molti film c’è il prologo, tipica è la voce narrante fuori campo che spiega una serie di fatti e li racconta (show dont tell).
Nelle produzioni migliori il prologo è mostrato attraverso delle scene che aiutano lo spettatore a immergersi nell’ambientazione e a catturarne l’interesse.
Tra Netflix, Amazonprime e Disney Channel ci sono migliaia di film e programmi ormai di ogni genere possibile. Con questa scelta enorme, i produttori sanno di avere pochi minuti o rischiano che si cerchi altro.
Il tempo, la pazienza degli spettatori, ma anche dei lettori, è diminuita perché bombardati di possibilità. Anziché dare il tempo a una storia di snodarsi, si vuole subito sapere qualcosa, avere un paio di colpi di scena e farsi delle domande.
Creare attesa e suspense.
E in letteratura
Non esiste una regola valida sempre, che indichi quando inserire un prologo e quando invece non serve. Però esistono delle linee guida che possono aiutarti a prendere una decisione a riguardo:
- se la storia è molto complessa, un buon prologo potrebbe districare da subito parti che potresti non riuscire ad approfondire a dovere.
- Vuoi dare delle informazioni (attraverso delle scene, mi raccomando), che servono al lettore per avere una chiave di lettura.
- In un testo fantasy, con un mondo inventato o temporalmente diverso dal presente, permette di capire “dove e quando”.
Quando scriverlo? Non sei obbligato a farlo da subito, solitamente viene elaborato quando se ne sente il bisogno, magari proprio alla fine del testo.
Il trucco per capire, una volta che lo hai scritto, se serve o meno e fare una cosa tanto semplice quanto efficacie:
eliminandolo, cambierebbe qualcosa per il lettore?
Se sei in dubbio, puoi chiedere aiuto a dei beta reader, se ne hai, oppure al tuo editor che, trovandosi al di fuori della storia, ha una visione più obiettiva.
Catturare l’attenzione, a mio avviso è il vero scopo del prologo moderno
Per quanto sia bello filosofeggiare di scrittura creativa ed etimologia della parola, direi che il fine ultimo del prologo – soprattutto nei testi mainstream – sia catturare l’attenzione.
Non solo del lettore. Ricorda che se invii un manoscritto le possibilità di essere valutato da agenti editoriali, agenzie o case editrici è basso.
Devi sfruttare ogni minima opportunità che ti viene data, se l’editor della CE di turno, decide di aprire il tuo file senza cestinarlo, dovrai colpirlo con un gancio al mento!
E il prologo può essere l’arma in più, la famosa scintilla che fa deflagrare un incendio. Come va scritto? Sempre seguendo la regola base del mostrare, evitando infodump furbetti e inserendo 2 elementi cardine:
- un conflitto,
- un punto di domanda.
Se nel tuo prologo ci entrambi, allora potrebbe avere un senso inserirlo. La lunghezza è variabile anche se, di solito, non essendo un vero e proprio capitolo è più breve (come detto 2 pagine è una lunghezza standard).
Eviterei, ma questo è un mio personale suggerimento, di non andare oltre le 4-6 cartelle editoriali.
Prologo ed editing
L’editing del romanzo è un processo essenziale che serve a rendere il testo pronto per una futura (eventuale) pubblicazione.
Quando noi di PennaRigata editiamo, abbiamo un occhio di riguardo per il prologo e il primo capitolo per 2 ragioni:
- Sono il punto d’ingresso dell’autore alla storia, se sono ben tarati e il linguaggio, i dialoghi e i personaggi sono delineati a dovere, il resto del testo scorrerà meglio. Chi ben inizia…
- Sappiamo che editor delle case editrici e agenti letterari sono sommersi da un gran numero di manoscritti, e che quindi non possono leggerli per intero. Le prime pagine sono sufficienti per capire se andare avanti o bocciarlo. Anche per questa ragione noi chiediamo, per la valutazione manoscritti, solo le prime 20 pagine.
Un incipit che funzioni è il miglior biglietto da visita che puoi avere.