Un primo capitolo d’impatto è essenziale, sia che il testo lo debba leggere un editore, le agenzie letterarie o il lettore finale. È il punto di contatto che non può essere noioso, ma deve catturare e ghermire il malcapitato alla pagina.
Un anello per ghermirli e nel buio incatenarli.
Una citazione de Il Signore degli Anelli molto adatta, che tu abbia scritto un fantasy o qualsiasi altro genere, l’incipit ti obbliga a dare il meglio di te. Dovrà essere un capitolo al limite della perfezione stilistica, ma non solo.
Se errori o refusi sono banditi, è quasi più importante che ci siano due elementi essenziali:
- conflitti e
- domande.
Senza il conflitto narrativo qualsiasi romanzo perde di forza, che sia uno scontro tra generazioni, culture o amanti poco importa, esso è l’anima di ogni storia. Nel primo capitolo può essere anche solo accennato, ma si deve percepire e con esso devono nascere delle domande.
- Perché c’è questo conflitto?
- Tra chi è?
- Ha radici nel passato?
- Cosa accadrà adesso?
- Come lo affronterà il protagonista?
- Dove ci troviamo?
- In che epoca?
- …
Ricorda che non ci dovrebbero essere le risposte, ma solo alcune domande e dubbi che sono il motore pulsante del romanzo stesso. Si inizia a seminare, senza fretta, per poi raccogliere (con le risposte appunto), per appagare il lettore e dargli le risposte che tanto ha desiderato.
Il primo capitolo è il più importante
Anche il secondo, il terzo, il quarto… sono tutti essenziali eppure il primo ha un obbligo, un compito molto difficile: indicare una direzione precisa. Non solo è il più importante, ma anche il più difficile.
Puoi essere sicuro che un editore serio ti valuterà proprio dalle prime pagine, deciderà se proseguire nella lettura oppure cestinare il tuo romanzo.
Per cui è essenziale che sia curato forse più di tutto il testo, senza il minimo refuso, eccesso di avverbi o altri errori importanti che indicherebbero la scarsa qualità di tutto il testo.
Lo scopo del primo capitolo è di tenerci incatenati alla pagina, suscitandoci curiosità ed emozioni. Non si può pensare che ogni incipit sia uguale agli altri, che le regole debbano essere le stesse, dipende anche dal genere letterario, da cosa si vuole suscitare, chi è il “target”.
Se ad esempio stai scrivendo uno storico, catapultare il lettore nell’atmosfera del periodo diviene essenziale.
Immaginati di trovarti da subito in una battaglia dove rimbombano colpi di cannone e moschetto, grida strazianti e ordini urlati a squarciagola da ufficiali francesi.
Sono bastate poche “pennellate” per tracciare una probabile ambientazione, siamo forse a ridosso della del 1789, oppure durante le Guerre Napoleoniche?
Domande e dubbi
Il lettore dovrà domandarsi:
- Il periodo storico preciso?
- Quale battaglia è (magari una che ha studiato)?
- Perché il personaggio si trova lì, è un soldato, un ufficiale o anche una spia?
- Vuole tornare a casa dalla sua amata, oppure per completare una missione che indirizzerà le sorti del conflitto?
Se si pone questi e altri quesiti, avrai destato la sua curiosità spingendolo ad andare avanti – se è un editore o un agente letterari – o all’acquisto se è un lettore.
Il primo capito deve accompagnare il lettore nella storia
Ogni primo capitolo, per forza di cose, non è esaustivo e soprattutto non deve esserlo a meno ché non si decida di iniziare la storia proprio dal finale, e raccontare gli accadimenti in una sorta di flashback, magari del protagonista.
Si usa spesso nei noir. In generale il meccanismo di tale tecnica è semplice: si descrive un finale suscitando la curiosità del lettore che vorrà capire come si è finiti lì.
Ritengo che sia un primo capitolo tanto intrigante quanto difficile da elaborare in modo efficacie. Si devono saper dosare le informazioni e lasciare aperte, senza che il lettore se ne renda conto, delle alternative al finale del romanzo.
Se sei uno scrittore (o aspirante tale), ti sconsiglio di cimentarti da subito con un primo capitolo così strutturato, meglio semplificare.
Primo capitolo: ciak, azione
L’inizio non è per forza di cose lento, discorsivo e oscuro. Sono dell’idea che debba dipendere dal tipo di romanzo e dalla struttura della tua opera, dal linguaggio che si utilizzerà per suscitare e raccontare.
Era un piacere bruciare tutto.
Era un piacere particolare veder le cose divorate, annerite, trasformate. Quando prendeva la bocchetta di ottone, il gran serpente che sputava cherosene velenoso sul mondo, il sangue gli batteva alle tempie e le sue mani diventavano quelle di un fanatico direttore che segue le sinfonie della fiamma e dell’incendio per ridurre in brandelli le rovine carbonizzate della storia (Fahrenheit 451, Ray Bradbury).
Così inizia il capolavoro di Bradbury, prima una frase netta, violenta, personale. Poi una seconda più lunga che racconta quel piacere.
Sembra quasi un lanciafiamme che prima viene accesso e la fiammella fatica a restare viva. Infine esplode la fiamma, così le parole che fluiscono ininterrotte creando un periodo avvolgente come il fuoco.
L’autore ha scelto specifici vocaboli per indirizzare la storia, già dal primo capitolo, dove lui vuole:
- trasformate. La fiamma non distrugge, quindi non è solo una fiamma “reale”, c’è altro.
- cherosene velenoso. Un veleno è qualcosa di negativo, quindi ciò che il personaggio fa, ha già un’accezione negativa anche se solo accennata dall’autore. Un’idea che serpeggia.
- fanatico direttore. Ci sono metodo e follia.
- le rovine carbonizzate della storia. Stanno spazzando via la storia? Cosa è accaduto?
Un primo capitolo perfetto. Ci sono ritmo, informazioni accennate che generano dubbi ed emozioni.
La perfezione della semplicità
Nei primi giorni del gennaio 1945, sotto la spinta dell’Armata Rossa ormai vicina, i tedeschi avevano evacuato in tutta fretta il bacino minerario slesiano. Mentre altrove, in analoghe condizioni, non avevano esitato a distruggere col fuoco e con le armi i Lager insieme con i loro occupanti, nel distretto di Auschwitz agirono diversamente: ordini superiori (a quanto pare dettati personalmente da Hitler) imponevano di “recuperare”, a qualunque costo, ogni uomo abile al lavoro. Perciò tutti i prigionieri sani furono evacuati, in condizioni spaventose, su Buchenwald e Mauthausen, mentre i malati furono abbandonati a loro stessi (La tregua, Primo Levi).
Con poche righe ci spiega tutto. Oltre al ritmo della narrazione il primo capitolo ha il dovere, per essere valido, di non annoiare il lettore. Che tu stia scrivendo un romanzo di formazione, denuncia o altro è il momento di “sbattere il mostro in prima pagina”.
Ho inserito solo l’incipit di due primi capitoli che, però, procedono entrambi senza intoppi, fornendo informazioni e facendo salire a galla dubbi.
Come detto è fondamentale che le parole siano scelte con attenzioni e funzionali non solo a quello che si vuole dire (o raccontare), ma alle emozioni che si vogliono trasmettere.
Il primo capitolo de “La tregua” ha una nota di neutralità che per certi versi fa rabbrividire, da un lato ricorda la fredda e lucida follia del nazismo, dall’altra ci ricorda che l’orrore, quello vero, non ha bisogno di inutili orpelli (aggettivi, avverbi) per essere raccontato.
Tutto descrittivo o d’azione?
Secondo molti esperti di settore, il primo capitolo dovrebbe essere fatto quasi solamente di azioni e dialoghi in modo da coinvolgere, da subito, chi legge.
In linea di massima è preferibile. Infatti, la maggior parte dei testi che ci arrivano, hanno il difetto di avere degli incipit ultra descrittivi, quasi l’autore avesse paura di non essere abbastanza dettagliato e preciso.
E quindi c’è spesso una pessima voce fuori campo, con descrizioni pretenziose, in cui si introducono i personaggi e si inizia a spiegare la storia. Ecco due errori gravi:
- introdurre i personaggi,
- spiegare qualcosa in un romanzo.
Con il punto 1. si presenta il protagonista, spesso con l’ennesima lunga descrizione fisica e caratteriale, neanche fosse la scheda di un personaggio per Dungeons&Dragons!
A seguire inizia il classico spiegone (infodump), che sembra più una sinossi che un primo capitolo. Questo è il modo migliore per far scappare qualsiasi lettore!
In generale, sarebbe meglio mostrare degli accadimenti (il noto e a volte abusato show don’t tell) attraverso azioni dei personaggi e proprio tali azioni saranno il punto di contatto, l’introduzione dei protagonisti. Perché le azioni, nei libri come nella vita, sono ciò che qualificano le persone.
Se il tuo protagonista, all’inizio del romanzo, ruba qualcosa, permetti al lettore di farsi un’idea di chi è e quali potrebbero essere i suoi valori morali. Nel proseguo si scoprirà che ha agito in quel modo per ragioni che, dal primo capitolo, il lettore non poteva conoscere (es. ha rubato per fame, perché ricattato).
Gli errori da non commettere nel primo capitolo
Il primo capitolo è una vera e propria presentazione del testo, una prima impressione che sancisce il patto tra lettore e scrittore.
Ma non solo: inviare direttamente un manoscritto a un editore, o presentarsi alle Agenzie Letterarie, sono i principali canali per entrare nel mondo editoriale.
Le possibilità sono pochissime, quasi nulle, eppure ci sono. Rovinarsele per un refuso nella prima riga del testo, o qualche altra imprecisione nel primo capitolo non può accadere.
Gli errori che più di frequente si trovano in un primo capitolo (nonché in tutto il testo…):
- Pioggia di refusi, alcuni sono fisiologici, quando iniziano a essere troppi il lettore si può indispettire.
- Errori di grammatica e sintassi, se hai un dubbio, domanda, studia o fai ricerche su internet.
- Ripetizioni. Se sono già molte in un capitolo…
- Seminare avverbi e aggettivi sperando che fioriscano frasi a effetto. Non servono, uccidono la narrazione specialmente all’inizio quando invece dovresti dare un ritmo maggiore alla prosa.
- Descrivere, ogni singolo elemento del paesaggio, del protagonista o di chissà quale altra cosa sta nel romanzo. Evita, non perché sia sbagliato, ma estremamente difficile e si rischia di scadere nel grottesco.
Non sono regole assolute, quanto consigli per chi non è Pavese. E dato che la maggior parte di noi che scriviamo, non ci avviciniamo a tali personaggi, tanto vale non rischiare e semplificarci la vita.
Primo capitolo: il più editato
Spero che ormai sia chiara la necessità di farsi fare un editing del romanzo, perché nessuno scrittore è in grado di vedere obiettivamente il proprio lavoro, scovando errori sia nel montaggio, nella trama che nella prosa.
Se vuoi scrivere un romanzo, inizialo. Fregatene di questi consigli ed elabora il testo, segui lo schema di base che ti eri prefissato, il plot, dai vita ai tuoi personaggi e all’ambientazione in cui vivono. Scrivi il finale che volevi.
Poi però torna subito al primo capitolo. È lui l’apripista che forse non va più bene per il romanzo, ha dato il via al tuo racconto che poi, come spesso accade, potrebbe aver preso una strada differente.
Capita spesso che perfino la prosa, il modo di scrivere, si modifichino in corso d’opera.
Riguardalo, editalo, correggilo e prova differenti modi di elaborarlo. La sua importanza è incredibile.
Primo capitolo: come “dovrebbe” essere scritto
Non ci sono regole assolute, solo consigli di base e punti di vista. In linea di massima, ai giorni nostri, si seguono alcune indicazioni per rendere l’inizio di un testo il più accattivante possibile.
Sconsigliamo di farcire il primo capitolo di descrizioni e spiegazioni, anche se esistono, in letteratura, casi che meravigliosi di incipit descrittivi.
Per sicurezza, meglio seguire queste semplici linee guida:
- Ci deve dovrebbe essere un conflitto, di qualsiasi genere e che verrà raccontato e si dipanerà nel resto della narrazione.
- Il ritmo dovrebbe essere serrato, per catturare il lettore e non annoiarlo con periodi ultra lunghi e super descrittivi.
- Deve esserci un certo grado di suspense, la curiosità è un’arma che devi usare, anche se non si tratta di un thriller.
- Generare dubbi e domande.
- Aiutare il lettore a capire il luogo dove si svolge la storia, ma senza infodump o spiegazioni dozzinali.
Di sicuro, se devi investire un po’ più di tempo, ti consigliamo di farlo proprio sul primo capitolo e sulla sinossi. Quando editiamo un romanzo, ci ritorniamo spesso proprio perché sappiamo l’importanza che riveste anche per una eventuale possibilità di pubblicazione.