Autobiografia: il racconto di sé stessi

Tra i molti romanzi che ci arrivano ogni settimana, non può mai mancare un’autobiografia. Il racconto della propria esistenza, o di specifici episodi, da parte dello stesso autore.

C’è da dire che molti manoscritti sono, pur non specificandolo chiaramente, molto “autobiografici”. Quando scriviamo, raccontiamo ciò che conosciamo e prendiamo spunto (almeno si spera), dalle esperienze personali.

Può capitare che alcuni personaggi, su tutti protagonista e antagonista, prendano spunto da persone realmente esistite. 

Nello specifico, il genere autobiografico, può riguardare differenti aspetti della vita dell’autore:

  • sentimentali,
  • artistici,
  • spirituali,
  • lavorativi,
  • culturali o
  • politici.

Un’autobiografia dovrebbe, almeno in teoria, raccontare la vita di una persona ma secondo una declinazione specifica. Ci deve essere una sorta di “centro gravitazionale” intorno al quale raccontare gli altri eventi e accadimenti salienti.

Per esempio, un reporter di guerra potrebbe scriverla ma non mettendo in risalto il suo lavoro, ma le sue battaglie politiche o i suoi amori. 

Di cosa vuoi parlare veramente?

L’errore più comune che si fa quando si scrive un’autobiografia è di essere troppo generici. Come detto, si dovrebbe individuare un elemento portante ed essenziale intorno al quale girerà tutta la storia.

Molti iniziano a scrivere della loro esistenza facendo una lista insensata di accadimenti che, per loro, potrebbero anche essere importanti. Tali accadimenti, però, per chiunque altro risulteranno noiosi e banali. Per evitare che accada, e scrivere di sé senza far addormentare il lettore, serve una sorta di decodificatore.

Decodificatore: sistema o dispositivo che consente di decifrare dati espressi in codice riconvertendoli nella loro forma originale.

Il decodificatore di una autobiografia è ciò che dà senso a racconti, aneddoti e situazioni che, all’apparenza, potrebbero sembrare banali. Un accadimento, decodificato attraverso – ad esempio – il razzismo, avrà un significato diverso e più profondo.

Ne “Il buio oltre la siepe”, Harper Lee scrive di un processo, nell’America del sud anni ’30, di una persona di colore accusata ingiustamente di stupro. Il buio oltre la siepe è un romanzo che ha molti elementi autobiografici, tutti gli accadimenti descritti dall’autrice potrebbero sembrare “banali”, ma se vengono osservati sotto la lente d’ingrandimento del razzismo, acquistano un profondo significato.

Scriviamo un’autobiografia per…

Qual è il motivo per cui si vuole scrivere un’autobiografia? Ognuno di noi ha proprie e personali motivazioni, per semplicità indicheremo quelle più comuni:

  1. In un precedente articolo abbiamo visto che leggere fa bene, ma anche scrivere ha un grande potere terapeutico e catartico. Mettendo su carta pensieri, paure e demoni si può osservarli con più lucidità e capirli, di conseguenza, in modo più profondo. Raccontare la propria vita permette di osservarla sotto una differente prospettiva.
  2. Lasciare una testimonianza ai posteri. Le esperienze di ognuno sono importanti, metterle su carta permetterà di dare loro una vita più lunga e di condividerle con le altre persone (che sia un pubblico di lettori o anche solo i propri familiari).
  3. Alcuni scrivono un’autobiografia per dare delle risposte ai molti quesiti sulla vita. Cosa ci faccio qui? Ho agito bene? Ho fatto del mio meglio?
  4. Ego. Questa è la peggiore motivazioni per cui scriverne una. Ci capita spesso di riceverne alcune scritte solo per incensare la vita (e la personalità), dell’autore. Si tratta di una autocelebrazione che oltre a essere malsana, rende il manoscritto illeggibile, noioso e respingente.

Prima di cimentarsi nella stesura di questo tipo di testo, valuta bene due cose:

  1. il decodificatore,
  2. la motivazione (o motivazioni).

Una volta che avrai capito quali sono, potrai iniziare a pianificare la tua autobiografia.

La linea del tempo nell’autobiografia

Il primo passo riguarda il tempo. L’autobiografia si articola proprio su questo elemento e si sviluppa solitamente in una direzione (dal passato al presente), ma potrebbe essere strutturata anche in tanti altri modi attraverso l’uso di:

È consigliabile scrivere una “linea del tempo“, che partirà da una specifica data, su cui segnare i vari episodi che si vuole narrare. Questo è un passaggio essenziale per evitare confusione e mettere ordine, specialmente se non si è più giovani e si hanno molti aneddoti da inserire.

La scelta di ciò che scriverai spetta a te, ma è sempre consigliabile una coerenza narrativa. Raccontare di un accadimento, solo perché ci piace, ma che non ha nulla a che vedere con la motivazione e il decodificatore, non serve.

Genera solo confusione nel lettore. Ogni elemento dell’autobiografia dovrebbe essere legato agli altri creando una sorta di rete sulla quale poggiare la stessa storia.

Il materiale da raccogliere

Molti iniziano a scrivere con l’idea che “tanto è la mia vita”, così danno vita a un manoscritto brutto, confusionario e senza senso. Se per un romanzo la pianificazione è meno importante (per certi versi, sia chiaro), in un genere di questo tipo è invece essenziale.

Ora è il momento di raccogliere tutto il materiale, che ovviamente deve essere coerente con la motivazione e il decodificatore. Per esempio, non ha senso usare delle lettere d’amore quando si è scelto come motore pulsante dell’autobiografia l’odio!

In ogni caso, metti da una parte:

  • vecchie fotografie,
  • cartoline,
  • lettere,
  • documenti coerenti con la storia stessa,
  • appunti o altri scritti (es. diario),

Consiglio di segnare sul materiale la data e come questo è finito nelle tue mani (es. una cartolina inviata da un amico conosciuto durante un viaggio in Argentina nell’estate del 1980).

Dopo il tempo c’è lo spazio

In ogni autobiografia che si rispetti ci devono essere i luoghi. Non basta semplicemente indicarli, ma si deve farli rivivere al lettore, farlo sentire lì, permettergli di assaporare profumi e sapori, udire i rumori.

Arrivati fin qui, andranno indicati tutti i luoghi importanti della propria vita (attinenti alla storia narrata), facendone una descrizione. È importante che tale descrizione sia fatta con gli occhi di un tempo, se eri giovanissimo quando sei andato in quella casa al mare, che tanto hai amato, non dovrai mostrarla com’è adesso, ma come la vedevi allora.

Tornare a essere un bambino, una adolescente arrabbiato, un giovane spaventato dalla vita è un passaggio tanto difficile quanto essenziale. Raccontare il passato, con la “saggezza” del presente, rischia di trasformare l’autobiografia in un noioso giudizio con il “senno del poi”.

Scriviamo l’autobiografia

Adesso che abbiamo:

  • la motivazione e il decodificatore
  • la linea del tempo,
  • raccolto il materiale necessario,
  • la topografia della nostra vita.

Possiamo finalmente dedicarci alla scrittura vera e propria. Per quanto riguarda lo stile, personalmente lo preferisco semplice e molto diretto. Uno dei rischi, quando si scrive un’autobiografia, è di voler a tutti costi fare i poeti, i fenomeni della parola che sono convinti di suscitare grandi emozioni profonde attraverso il proprio verbo.

Eviterei.

A meno che non si è Pavese, forse è meglio semplificare e mostrare con la massima leggerezza gli accadimenti. Stessa cosa per le descrizioni che rischiano di essere di una pesantezza e bruttezza impressionanti. Perché il grande nemico dell’autobiografia è, come già accennato, l’ego dell’autore.

Come deve essere scritta un’autobiografia?

L’autobiografia deve essere scritta sempre e soltanto in prima persona. I fatti e le esperienze che vengono raccontate sono vissute e provate, quindi, dallo stesso autore.

Si può scegliere, in linea di massima, tra 3 differenti tipologie di struttura:

  1. diario,
  2. epistolario,
  3. testo narrativo classico.

La scelta dipende dall’autore. Un diario è molto più semplice, vengono raccontati cronologicamente una serie di accadimenti con proprie e personali considerazioni.

Il genere epistolare è ormai un po’ obsoleto, perché si basa su uno scambio di lettere tra il protagonista e altri personaggi. Non devono essere state scritte davvero, ma è solo un “metodo” che puoi utilizzare se ti trovi a tuo agio nello scrivere lettere.

Niente “facili” moralismi

Uno dei rischi maggiori quando si scrive un’autobiografia è di voler a tutti i costi “insegnare” qualcosa al lettore. Non c’è nulla di più fastidioso di trovarsi di fronte a Operette morali di serie B. 

A dare un significato al manoscritto non sono i giudizi dell’autore/protagonista, ma gli accadimenti mostrati nella loro più neutrale autenticità.

Credere che la propria morale sia quella giusta e immutabile, da cui gli altri devono attingere, non solo è presuntuoso, ma assolutamente respingente dal punto di vista narrativo. Un’autobiografia è fatta, lo dice la parola stessa, di eventi e fatti (reali o romanzati), che mostrano e permettono al lettore di farsi una sua personale idea.

È altrettanto chiaro che siano leciti momenti introspettivi o in cui si esprime il proprio parere, ma senza inondare il testo di giudizi. La bravura di uno scrittore sta nel comunicare con le scene, i dialoghi e le azioni piuttosto che dicendo al lettore cosa deve sentire e provare.

Autobiografia, tutoring ed editing

Scrivere un’autobiografia è un’esperienza meravigliosa e catartica, ci permette di osservare la nostra vita da una nuova prospettiva. In tanti credono che sia più semplice rispetto allo scrivere un romanzo, in realtà non è così perché le insidie, come visto, sono molteplici.

Se decidi di cimentarti in questo genere, ti consiglio di pianificare bene tutta la struttura. Di scegliere con molta attenzione di cosa vuoi scrivere creandoti anche, come visto, una linea del tempo e una sorta di cartina topografica degli avvenimenti.

Noi di PennaRigata offriamo il servizio di tutoring per la stesura di romanzi che, nel caso dell’autobiografia, è ancora più utile perché aiutiamo l’autore, come prima cosa, a organizzare e pianificare il lavoro. 

Allo stesso tempo, per testi già conclusi, propiniamo il servizio di editing essenziale per migliorare il testo. Si tratta di un passaggio necessario per correggere errori e refusi, migliorare la scrittura, i personaggi e la struttura.

Se hai scritto un’autobiografia (o hai intenzione di farlo), e vuoi essere supportato da un professionista, scrivici a:

info@pennarigata.it

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