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Come scrivere un romanzo

Non basta sapere come scrivere un romanzo per essere certi di fare un buon lavoro, la teoria è molto più facile della pratica. Per quanto sembri ovvio molte persone sono convinte di potersi cimentare nella scrittura solo perché ne sono convinte loro!

Scrivere è una forma d’arte e un mestiere. Penseresti di fare una scultura in marmo senza aver mai preso in mano uno scalpello? O una composizione musicale quando, per te, un sol e un fa sono identici?

Prima di confrontarsi con la pagina bianca è opportuno avere alcune nozioni su come scrivere un romanzo e renderlo logico, coerente e coinvolgente. Mi piacerebbe offrire una guida precisa e oserei dire matematica da seguire come se si stesse montando una sedia dell’Ikea, ma non posso.

Scrivere, come avrai capito da tempo, non è meccanica, azione-retroazione, è qualcosa di molto più complesso che mescola arte e duro lavoro, intuizione e studio minuzioso. Per cui, se vuoi imparare a scrivere un romanzo che poi venga pubblicato, è opportuno che ti rimbocchi le maniche: non sarà una passeggiata.

Ogni autore ha il suo metodo, alcuni scrivono e basta, altri decidono di dover produrre un tot di parole al giorno, altri vanno un po’ a caso. In linea di massima, però, per quanto si abbia l’idea del romanziere scavezzacollo, casinista e ubriacone (un pessimo cliché), avere metodo e applicazione è quasi sempre il modo migliore.

Facciamo prima qualche passo indietro

Immagino che tu già sappia di cosa vuoi scrivere, o almeno il genere. Che si tratti di un romance, un urban fantasy o un distopico poco importa, ma prima di iniziare ti consiglio di fermarti un attimo e organizzare i lavoro.

Alcuni, da subito, si alzeranno “gridando”: “Basta regole, l’arte è libertà” o qualche altro slogan posticcio da sessantottino che oggi va in giro in Mercedes. Non sto dicendo che si debba eliminare la spontaneità, solo imparare a canalizzarla e valorizzarla.

Molti mi dicono di non leggere perché non vogliono essere influenzati: questa è, possiamo dirlo, una “biiiip” gigantesca! Ma magari venissi influenzato da Calvino o Fante.

Questi consigli hanno valore per qualsiasi genere di scritto, ad eccezione di quelli tecnici o poesie. 

Un decalogo potrebbe essere il seguente (di seguito li analizzeremo punto per punto):

scrivere un libro

  1. Leggi, tanto, anzi molto, anzi di più… insomma leggi, leggi leggi.
  2. Leggi (repetita iuvant).
  3. Scrivi, sempre e comunque. Se ti viene un’idea mettila su carta ed elaborala senza ragionarci troppo ma lasciala andare. Hemingway diceva che se uno scrittore non scrive, Dio si arrabbia; non facciamolo arrabbiare.
  4. Decidi il genere, più è preciso e meglio è. 
  5. Studia.
  6. Organizza la storia, trova il tuo modo di lavorare.
  7. Creati delle routine, dei momenti per scrivere in cui sai di non essere disturbato.
  8. Una volta completato il romanzo lascialo fermo anche un mese, dimenticalo.
  9. Dopo le varie revisioni puoi decidere se fare l’editing del romanzo o muoverti su altre strade (es: Agenzie Letterarie).
  10. Studia come pubblicare un romanzo per agire in modo efficacie ed efficiente.

Ora hai un’idea di massima di quale potrebbe essere il tuo iter lavorativo e su come scrivere un romanzo, vediamo di elaborare meglio i vari punti.

Come scrivere un romanzo: leggere e scrivere

I punti 1, 2 e 3 riguardano il leggere e lo scrivere, ma perché è così importante farlo? Per imparare, ovvio. Ed è possibile solo se si è umili e con la mente aperta. Si deve partire dal presupposto di non sapere, che non significa giudicare un libro bello solo perché lo dicono gli altri.

I libri che vendono potrebbero non piacerti, ciò che è utile capire è perché hanno successo. Non entriamo troppo in profonde, quanto inutili, ricerche di marketing o studi sociologici sulla nostra società malata. Se vendono c’è un motivo.

Di solito il motivo è legato, in primis, al genere letterario. Quindi se le persone leggono dei Thriller vogliono che tali libri abbiamo precise caratteristiche: cliché, archetipi (senza scomodare troppo Jung). Se quindi vuoi scrivere un distopico Y/A leggi prima quelli che più hanno avuto successo.

Alcuni aspiranti autori sostengono di non leggere i generi che scrivono per non farsi influenzare. Hanno forse paura di diventare bravi come Camilleri o Stephen King? In effetti sarebbe un problema, meglio continuare a scrivere come bambini di terza elementare piuttosto che imparare dai grandi!

Poi procedi a ritroso, affonda le mani nel passato e soprattutto nei classici del genere: 1984, Fahrenheit 451, Il Mondo nuovo, La strada. Giusto per citarne qualcuno. Come vedi stiamo già nel punto 4 del decalogo: scegli il genere

Una scelta che ti renderà più semplice la stesura del testo e ti aiuterà dopo per la sinossi e la proposta a eventuali Case Editrici o Agenzie Letterarie.

Perché una decisione netta ti semplifica la vita? Per i famosi cliché di cui abbiamo parlato prima. Anche se non te ne rendi conto un genere ti attrae per determinate strutture narrative che, per migliaia di ragioni, ti affascinano.

E la stessa cosa capiterà ai tuoi futuri lettori(?), se proporrai loro uno Y/A si aspetteranno specifici elementi di quel genere. Sarebbe come scrivere un fantasy senza la magia, o almeno un pizzico di essa. O uno storico ambientato ai giorni nostri.

Studia

Ho voluto evidenziare il punto 5 perché credo, lo sostengono anche gli scrittori veri, che la preparazione e la cultura siano armi impareggiabili. Non si tratta di conoscere solo l’italiano – condizione necessaria – ma avere una cultura ampia che ti permetta di non scrivere stupidaggini ma anche di fare collegamenti utili per dare profondità al testo.

Prima di tutto perché ti permettono di non scrivere stupidaggini, di non inserire una pistola Colt nel ‘700 o un’armatura di piastre completa, addosso al tuo eroico Templare! I lettori sono attenti, puntigliosi, un po’ rompiscatole e ne hanno tutte le ragioni poiché ti hanno dato fiducia, tu devi ripagarla con informazioni reali.

Calvino in “Lezioni americane”, spiegava che quando voleva nuove idee non leggeva romanzi, ma testi scientifici. Attraverso informazioni reali, ben articolate, se ci si impegna, si possono scovare storie che ancora non sono state raccontate.

Il romanzo “Io prima di te” di Jojo Moyes,  prende lo spunto da una tematica molto dibattuta: il diritto alla morte.

L’autrice ha raccontato una storia importante, profonda e controversa miscelando etica, dubbi e amore. Poi il libro può anche non piacere.

Non credo che la Moyes si sia alzata la mattina pensando: oggi voglio scrivere una storia d’amore, però lui lo metto in carrozzina! Al contrario, studiando, leggendo e facendo esperienze di vita si sarà imbattuta in qualcuno che aveva le stesse problematiche del protagonista.

Ma credi che l’autrice sapesse tutto di piaghe da decubito, traumi del midollo e come ci si sente ad essere tetraplegici? Lo studio le ha permesso di pubblicare un libro distribuito in più di 40 paesi.

Studia su più fonti tutto quanto riguarda la storia che vuoi scrivere, elabora un mondo logico e coerente che segua delle regole, e lo puoi fare solo se sai. 

Attenzione all’infodump

ATTENZIONE. Ci tengo a sottolineare un errore che viene spesso commesso a questo punto: si fa di tutto per inserire nella storia ogni singola informazione che si ha, trasformando un romanzo in una sorta di manuale o istruzioni d’uso. Ti consiglio di leggere anche l’articolo sugli infodump, che sono informazioni eccessive, inutili o ridondanti.

Se tu impari, per semplicità mettiamo cento cose, nella tua storia non dovrai inserirle tutte! La magia, la vera arte di saper scrivere, sta nell’inserirne il numero sufficiente per rendere il testo solido, ma non trasformarlo in un libro di scuola.

Alcuni autori studiano intere settimane solo per elaborare un capitolo, per inserire la giusta informazione e suscitare emozioni, non ammirazione verso la loro cultura.

Organizzazione e tempo

Conosco molti ottimi scrittori italiani e ognuno di loro ha una organizzazione del lavoro quasi maniacale. Non significa che spontaneità e metodo non possano andare di pari passo, ti sorprenderai nel vedere che una buona organizzazione del lavoro libererà la mente permettendola di spaziare e di essere creativo.

Organizza da contabile, pensa da artista. 

Ho messo la parola “organizzare” varie volte in poche righe, non è una ripetizione, ma un rafforzativo assoluto e non mi stancherò mai di ripeterlo: genio e sregolatezza è un cliché, i veri geni erano e sono tali perché al talento aggiungono sacrificio, studio e lavoro.

Quando scrivere? Ognuno trova le dinamiche più congeniali. Se lavori tutto il giorno la sera resta l’unico momento libero. Personalmente ritengo che non sia di certo il migliore, forse lo è per le idee (è dimostrato che la parte “creativa” del cervello opera meglio la notte).

Di contro è il mattino il momento in cui si è lucidi con più energie (per me dopo un paio di caffè). Se puoi scrivere quando preferisci allora il mio consiglio è di provare per almeno un paio di settimane dopo che ti sei alzato, con calma ti metti al pc e scrivi fino all’ora di pranzo.

Lucca Farru, autore della saga fantasy Quattro, mi ha confessato si alza almeno un’ora prima per poter scrivere in tranquillità. E poi va in ufficio! Quando c’è passione si ha più forza e i sacrifici sono dei doni che facciamo a noi stessi.

Nel pomeriggio, o la sera, rivedi quanto hai fatto e magari scrivi un altro po’. King e Martin affermano di scrivere 2.000 – 3.000 parole al giorno (che sono circa 6-8 cartelle editoriali). Datti un obiettivo, magari non 2.000 parole, ma un numero sufficiente per poter pianificare il lavoro per il futuro. Queste sono appunto delle buone routine (punto .7) che ti aiuteranno nella stesura del tuo romanzo.

A me capita, se sono bloccato in una scena, di fermarmi e bermi un caffè o mangiare qualcosa. Oppure faccio qualche telefonata di lavoro. Strumenti simili si riveleranno utilissimi, alcuni potrebbero portare a spasso il cane, o fare una commissione. La cosa principale è di prendersi una pausa e smettere di pensare al romanzo.

Un metodo faticoso

Scrivere una storia che sia logica e curata non basta, almeno per la mia esperienza, una sola stesura. Molti autori di successo mettono giù una sorta di canovaccio inserendo ogni singola idea, frase o scena che ritengono e sentono utile per la storia. Se non si fa troppa attenzione a punteggiatura, coerenza o eleganza, ci potrebbero volere anche un solo mese, anche se di solito sono di più.

Il problema è che molti fanno una prima stesura e poi si fermano, la inviano a editori e agenzie letterarie senza neanche una rilettura per ripulire gli errori più gravi. 

A noi arrivano (email: info@pennarigata.it)  alcuni romanzi che fanno sanguinare gli occhi. Non per la storia, ma per la sciatteria con cui sono scritti e con, per esempio, la men che minima formattazione o correzione automatica di Word. 

Gli scrittori usano la prima stesura (se è prima ce ne saranno pure altre!) per fissare soprattutto trama e intreccio e per avere una base solida su cui costruire un romanzo senza dover pensare, visto che la storia è stata già elaborata. 

Con questo metodo dovrai mettere il manoscritto da parte per vari mesi (minimo un paio). Cosa fare mentre aspetti? E qui torniamo ai punti 1. e 2. visti prima: leggi! Dopo molte settimane potrai riprendere il testo con l’idea di riscriverlo o almeno di riscrivere ogni singolo passaggio che non ti convince al 100%.

In questo preciso istante dovrai essere cattivissimo nei confronti del tuo lavoro. Per quanto ti creda bravo, amico/a mio, è più probabile che tu sia una pippa al sugo (cit.) ma non per questo devi arrenderti! Puoi migliorare leggendo tantissimo e scrivendo. 

Precisiamo: si dovrebbero fare almeno un paio di giri di restyling del romanzo, se non cambi molte cose, probabilmente è perché non hai l’occhio allenato (e si può rimediare), oppure se un egocentrico montato che è convinto di poter sfornare best seller a pioggia.

Cosa fare dopo la “Fine”

L’errore di ogni principiante è pensare che, una volta concluso il romanzo, sia pronto per essere pubblicato. Alcuni autori, anche grandissimi, scrivono la prima stesura per loro stessi, una sorta di canovaccio per non perdere le idee che fluiscono nel momento creativo.

Però poi riscrivono tutto da capo, utilizzando quanto fatto come promemoria, attingendo alle idee che ritengono migliori, personaggi,  dialoghi e descrizioni.

Hai messo la parola fine al manoscritto, e adesso? Dimenticalo per almeno un mese, se riesci anche due non sarebbero male, così da scordarti il più possibile. Passato il tempo necessario riaprirai il file per ritrovarti di fronte a una magia perché sarà quasi come leggere un romanzo altrui.

Allora dovrai stare attento, munirti di correttore e cattiveria per cassare infodump, ripetizioni, errori di sintassi e grammatica. Ma non solo, potrai osservare i personaggi e la struttura della storia e forse renderti conto (in caso), dei difetti nella trama, nel montaggio di alcune scene o nella crescita e sviluppo dei personaggi.

In generale in questa fase ti sarà facile notare soprattutto gli eccessi di aggettivi, avverbi e ripetizioni. Il mio consiglio è: se una cosa non ti convince, eliminala.

A questo punto è d’obbligo parlare dell’editing del testo. Se hai intenzione di rendere il tuo romanzo migliore e proporlo a dei professionisti dovrai metterti l’anima in pace e rivolgerti a un editor. A questo punto, di solito, mi perdo molti lettori!

Farsi editare non significa mettere in mano a uno sconosciuto il tuo lavoro e farglielo cambiare profondamente e per di più pagandolo! Ok, va pagato l’editor, però tutto il resto non è la realtà, dovrebbe aiutarti a trovare errori che tu non sei in grado di vedere.

In tanti si credono fenomeni ma per arrivare a un determinato livello di “professionalità”, ci vogliono tanti anni e tanti studi! Altrimenti tutti farebbero gli editor, invece quelli bravi sono pochi e molto ricercati da autori di fama nazionale e internazionale.

L’editor è in grado di far crescere un testo, di portarlo a un livello superiore che non è detto sia sufficiente per pubblicare con una grande CE, ma almeno avrai imparato tanto e forse trovato un piccolo editore che crede in te.

Pubblicare o proporsi a una agenzia?

Sembra paradossale ma questa parte (punti 9 e 10) è la più complicata (e antipatica) dell’intera faccenda. Puoi leggere gli articoli sul blog per aiutarti a prendere una decisione.

Secondo la mia esperienza reale, proporsi alle grandi CE è, il 99,99% delle volte,  una perdita di tempo. Per cui se è il tuo primo romanzo dovresti pensare a case editrici medio-piccole. Ce ne sono di serie che non chiedono soldi (pagare per pubblicare non è pubblicare!).

Per le agenzie vale un po’ la stessa cosa che per le CE, se sei uno sconosciuto ti leggono solo se paghi per una eventuale scheda di valutazione, anche qui scegli quelle che non chiedono soldi, se ancora ce ne sono. A grandi linee il meccanismo della “scheda di valutazione” è uno strumento che alcuni usano solo per guadagnare soldi facili senza fare poi molto.

A una persona esperta bastano poche righe per capire se un testo vale o almeno se merita di essere letto. Così fanno una scrematura rapida e per i romanzi bocciati inviano schede di valutazione simili a prestampati con le solite nozioni prese da qualche manuale di scrittura creativa.

Gli altri testi li leggono con maggiore o minore attenzione, alcuni la chiamano “lettura diagonale”, in pratica saltano vari capitoli. Ciò che fanno poi, in tutti i casi, è proporre il servizio di editing guarda caso utilizzando modi altisonanti e promesse irrealizzabili ma che fanno sognare.

E qui di nuovo devi pagare, questa volta parliamo di una media di 2.000 euro. Se hai soldi e vuoi farlo se libero, altrimenti c’è la strada alternativa in cui ti fai editare da un editor (ossia una persona che non sta dentro alcuna agenzia), con costi dimezzati.

A mio avviso le agenzie dovrebbe fare agenzia, e gli editor editare. Mi schiare le due cose porta a un evidente conflitto di interesse. 

Una volta che libro è pronto potrai proporlo alle agenzie alle quali dovrai comunque pagare la scheda di valutazione, ma puoi star certo che non ti proporranno alcun editing a pagamento ma, se piace il manoscritto, un contratto di agenzia.

E se dicono che va editato? Significa che ti vogliono solo spillare altri quattrini.

Aggiungerei che un buon editing “esterno” ti permette di avere un prodotto finito e pronto che potresti anche pubblicare tu stesso. Il Self Publishing viene visto malissimo da chi lavora nell’editoria per una semplice ragione: toglie una fetta di mercato. La qualità di un romanzo non dipende dalla CE, ma dall’autore e il suo editor.

Il segreto dei veri scrittori (il punto 11)

Partiamo dal presupposto che per scrivere un romanzo bello (e magari di successo) gli elementi e le variabili siano moltissime, complicate e talmente strane da essere, quasi sempre, incomprensibili anche per gli esperti del settore.

Ma c’è un punto che quasi mai viene detto, o raccontato nei famigerati corsi di scrittura: la variabile personale, la tua esperienza di vita. Non devi imbarcarti su “un cargo battente bandiera liberiana“, ma neanche passare la tua vita dietro ai social o nel giardino di casa.

Tutti i grandi scrittori, eccetto pochissime eccezioni, erano persone dinamiche, attive, curiose. Non puoi narrare di un viaggio in India se l’hai solo documentata su qualche sito per turisti. Sai davvero come si vive in Indonesia? Oppure perché i giapponesi sorridono sempre? O perché Trump (sì proprio lui), pur sembrando un personaggio inventato, ha vinto in America?

Scrivi di ciò che sai, ma… per creare un ambientazione, un sistema nel quale vivono e agiscono i personaggi. Adatta quello che sai, aneddoti o altro, all’esigenza del racconto, così prenderanno forma e avranno una forza maggiore.

Attingi alle tue emozioni per raccontare le loro. Si scrive per dire qualcosa, se non hai nulla da dire, stai zitto.

Consiglio bonus: le schede dei personaggi

Ho deciso di inserire questo ultimo segreto di scrittura alla fine perché, purtroppo, non viene seguito quasi mai dagli aspiranti scrittori. credo sia dovuto a causa della pigrizia e presunzione di essere in grado di ricordare tutto, oppure dall’idea che non serva a nulla: creare delle schede dei personaggi.

Prima di tutto inserendo i tratti somatici come:

  • altezza,
  • peso,
  • colore dei capelli,
  • fisico,

Poi i tratti salienti del carattere:

  • simpatico,
  • permaloso,
  • violento,
  • allegro,
  • chiuso,

Chi è questo personaggio e cosa fa nella vita (e cosa ha fatto):

  • lavoro,
  • studi (come andava a scuola e accadimenti importanti, tipo un primo amore o un bullo),
  • hobby e come mai li ha,
  • motivazioni,
  • musica preferita,
  • cosa gli piace fare,

E poi raccontalo, scrivi sulla scheda chi è davvero e quali sono le sue aspettative o piani per il futuro, cosa vuole fare e sogna. Fagli prendere vita inserendo anche aneddoti e accadimenti più o meno importanti. Immagina come parli e perché usa determinati vocaboli o modi di dire.

Non dovrai inserire tutto ciò all’interno del romanzo, ma ogni volta che quello specifico personaggio entrerà in scena tu porterai nella scrittura quanto indicato nella scheda. 

Per saperne di più sull’editing scrivi a:

info@pennarigata.it

2 commenti su “Come scrivere un romanzo”

  1. Buongiorno. Vorrei un consiglio. Si può scrivere un romanzo dove i personaggi in questo caso del mondo del calcio, non esistono nella realtà? Esempio: se il personaggio viene ingaggiato dal Milan, creare una storia romanzata di questo giocatore, anche se non esiste nella realtà, lo scrittore può farlo, oppure va incontro a problemi legali da parte della società Milan? Grazie

    1. Nulla vieta di scrivere di una società di calcio (come anche di altre aziende), basta che non si scada nella possibile diffamazione. E all’inizio è opportuno scrivere che fatti e personaggi sono opera dell’ingegno dell’autore.

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