Giudice per il Premio Arcimago: la mia esperienza

Dopo mesi di lavoro posso finalmente fare outing e dire di aver fatto il giudice per il Premio Arcimago, ed è stato bello e sfiancante.

L’Arcimago è un concorso letterario, nato da un paio d’anni, solo per i romanzi Fantasy (inteso nel senso più ampio possibile, e questo è un bene) che:

  • è gratuito,
  • i primi dieci ricevono un premio in denaro (e pagano davvero!),
  • sempre i primi dieci si confrontano con altrettante case editrici serie, alcune grandi.
  • non c’è traccia delle agenzie letterarie,
  • ci si confronta con centinaia di altri aspiranti autori (quest’anno ho valutato 511 candidati!),
  • alla premiazione si può fare del buon vecchio “networking” con professionisti o anche solo amanti del fantasy.

Tante buone ragione per provarci.

Come funziona essere giudice per il Premio Arcimago

Ecco le fasi del Premio:

  1. tre giudici (editor professionisti) valutano incipit, sinossi, pitch ecc.
  2. Giuria di grandi lettori.
  3. Giuria interna dell’Arcimago.
  4. Editor delle case editrici (di solito una decina divise equamente tra grandi e piccole).

Il mio lavoro si è svolto nella fase 1. dove ho dovuto valutare ben 511 romanzi attraverso alcuni elementi:

Domanda (che immagino molti farebbero): Con solo 1.000 parole valuti un romanzo, magari una trilogia epica?

Risposta secca: Sì.

Risposta articolataSì, perché sono sufficienti per capire come una persona scrive, la sua tecnica. Non è una competenza che si trova al bar sotto casa, per riuscirci servono anni di editing dei romanzi, studi e tante letture disparate. Chiaramente si sbaglia, ma l’errore viene ammortizzato, in questo caso, dalla media con gli altri due editor professionisti.

Nota: noi editor abbiamo l’obbligo di riservatezza, quindi non sapevamo chi fossero gli altri due.

Dovevo dare un voto da 1 a 4 (4 ottimo) e poi i responsabili hanno fatto la somma scartando i partecipanti con un voto totale inferiore a 7: semplice e netto. Solo 100 hanno ottenuto un valore uguale o superiore al 7, appunto.

Il mio metodo di valutazione

Chi non ha seguito le regole è stato squalificato (con una minima elasticità), ma se il bando richiedeva una sinossi di 600 parole, farla di 620 mi obbligava (e giustamente) a squalificare il romanzo.

L’anonimato è un vero dogma, i testi con “nome e cognome” o anche una email sono stati squalificati.

I parametri sono molti, la maggior parte abbastanza intuitivi e veloci da considerare. Le parti più complesse erano, e sono:

  • pitch,
  • sinossi,
  • incipit.

Quindi se un romanzo superava gli altri check mi concentravo su questi ultimi. Il pitch era spesso decente, ma in linea di massima era una sorta di super riassunto della trama. In pochi ne hanno presentato uno che fosse non tanto esplicativo, quanto coinvolgente. 

Se si vuole “incuriosire il lettore” è questo il momento.

Il giudice per il Premio Arcimago contro le malefiche sinossi

Facevano orrore, per un buon 95%, qualcuna si salvava forse solo per fortuna, non saprei. Qui iniziavo a calare la mannaia falcidiando punteggi neanche fossi Conan (il barbaro, non l’ispettore) tra i pitti, se non capisci la citazione leggi più fantasy…

La maggior parte delle sinossi erano un’accozzaglia di parole a caso, nomi di persone e luoghi che mi scatenavano la frenzy trasformandomi in un berserkr norreno armato di ascia bipenne. Insomma, a questo punto leggere i vostri “testi” mi aveva portato a essere solo una macchina di morte sterminatrice di pessimi autori.

La sinossi dovrebbe essere semplice:

  • senza spiegoni,
  • via le didascalie,
  • con pochi avverbi, aggettivi (metterli solo se davvero necessari),
  • disintegriamo inutili nomi di persone o di terre fatate,
  • evitando lodi (una marea scrivevano: “un romanzo coinvolgente”. Ma fallo dire ai giudici!),
  • dovrebbe raccontare del protagonista e della sua storia, con piccole deviazioni funzionali a capire il resto del romanzo, ma soprattutto, sopra ogni cosa possibile e immaginabile mi dovete mettere la dannata (in realtà ho pensato altro) FINE!

Il finale era presente quanto l’intelligenza lo è in una manifestazione fascista!

Facciamo i conti…

Sarebbe impossibile trasformare una valutazione in una somma algebrica in base a cosa uno ha fatto bene o male. Il voto finale che davo era un mix di una serie di elementi che rendevano il progetto valido dal punto di vista narrativo e commerciale.

Di sicuro ho commesso degli errori (per fortuna c’erano altri due giudici per bilanciare), sempre in buona fede perché non conoscevo e non conosco, nessuno dei partecipanti. Addirittura, nel file di lavoro, c’era la spunta per indicare testi che – forse – avevo riconosciuto.

Come detto le sinossi mi hanno fatto uscire di senno, dovreste imparare a scriverle e se non sapete come fare, rivolgetevi a dei professionisti. E già che ci siete magari a un editor, prima di inviare il testo. Male che va, avrete un romanzo pronto per essere inviato alle CE.

Un rifiuto non significa per forza avere tra le mani una pessima idea, potrebbe essere buona ma con criticità risolvibili lavorando sul testo e magari proporlo al Premio Arcimago del prossimo anno.

L’incipit, infine

Capire la qualità di un manoscritto con solo tre cartelle editoriali non è semplice, ma dopo anni si arriva a capire la bontà di un testo anche leggendo la prima mezza paginetta…

Molti si infurieranno (ecco altri barbari alle porte) dicendo che il loro super romanzo fantasy migliora andando avanti nella lettura. Allora perché non avete scritto altrettanto bene l’incipit, visto che lo potevate fare?

È una scelta ponderata scrivere bene l’intero romanzo a eccezione delle prime tre stramaledette cartelle? Alcuni tra gli esclusi continueranno a pensare di meritare l’Oscar, il bacio accademico e pure un chilo di cocaina tagliata fina.

Vabbè, fate come vi pare. Invece molti altri hanno fatto tesssssoro dell’esclusione per mettersi in gioco e migliorare attraverso la scrittura e la lettura (le migliori armi che si hanno a disposizione).

I limiti del Premio Arcimago

Dalla mia posizione di Giudice di prima fase ho potuto vedere l’ottima organizzazione e il metodo che mi sembra serio e senza favoritismi. Questo grazie all’anonimato che è, ripeto, un dogma!

Il maggior limite riguarda la mole dei partecipanti che è destinata ad aumentare, e valutarne più di cinquecento è stato un lavoro lungo e impegnativo. Il mio dubbio riguarda la capacità di una persona di mantenere nel tempo la stessa uniformità di giudizio.

Anche noi giudici siamo umani, una giornata storta può (o potrebbe) influire sulla valutazione di alcuni testi, come accade in tutte le cose della vita. Ciò mi ha obbligato a rivedere il tutto due volte per “riequilibrare” quanto fatto nell’arco di mesi di lavoro.

Conclusioni

Essere giudice per il Premio Arcimago è stato stimolante, di solito mi tengo lontano da ciò ruota intorno all’editoria, ma questa volta ho voluto fare un’eccezione.

La mia valutazione, in base a quanto ho visto e sperimentato, è molto buona e credo nella loro missione di salvare e ridare forza al fantasy italiano.

Un premio meritocratico è essenziale per riuscirci, ci sono state molte polemiche sul fatto che alcuni finalisti fossero studenti della stessa scuola di scrittura. È un dato di fatto, non ci si inventa nulla e non posso dire niente a riguardo tranne che non ho ricevuto mai alcuna pressione o neanche un nominativo.

Quando ho comunicato che avrei usato una falce a causa del livello non eccelso di molti testi, mi hanno incoraggiato a essere severo perché solo i migliori dovevano passare. Il fantasy nostrano è in seria difficoltà, a mio avviso, per tre ragioni:

  1. qualità media infima (con rarissime eccezioni),
  2. pochi lettori,
  3. community spesso tossica che massacra gli autori italiani il più delle volte solo per invidia.

Confidiamo che l’Arcimago lanci un incantesimo… io tifo per la “Palla di fuoco”!

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