Dopo il successo planetario di romanzi come Hunger Games, Divergent, The Giver, Maze Runner, La quinta onda e molti altri. Tutti voglio scrivere un Distopico young/adult.
La fantascienza diventa la “scusa” che permette all’autore di immaginare ciò che vuole, modificare gli eventi o inserire elementi caratterizzanti dell’ambientazione.
Molti autori di distopici – vedi quelli appena citati – spostano la narrazione verso futuri catastrofici e oscuri. Oppure organizzati a tal punto da diventare, le società in cui vivono, meri strumenti per il controllo delle menti.
1984 di Orwell va proprio in questa direzione come anche Fahrenheit 451.
Un po’ (ma poca) di storia
La distopia è un genere letterario che affonda le radici addirittura nel 1726 con I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Negli anni a seguire ha preso forma, diventando sempre più un genere specifico in cui si ha una società (o qualunque genere di comunità, anche molto piccola), con un regime chiuso, crudele e coercitivo.
Possiamo considerare distopia tutto ciò che riguarda, quindi, un possibile futuro (o anche passato, vedi La svastica sul sole di Philip K. Dick) in cui esiste un regime violento che governa e obbliga le persone a uno stile di vita ben delineato, fatto di regole e doveri in cui la forma più pura di libertà è negata: la libertà di pensiero.
A metà del secolo scorso questo genere è confluito nel Cyberpunk, di cui Philip Dick e William Gibson, sono tra i principali artefici.
Negli anni 2000 c’è stata la commistione tra Cyberpunk e letteratura per giovani (young/adult), che ha dato vita a un nuovo filone di distopici con temi, strutture e caratteristiche codificate.
Lo young/adult è un target, non un genere
Lo young/adult (Y/A) non è altro che un modo per definire alcuni romanzi il cui target potenziale sono i ragazzi (ci sono varie scuole di pensiero su quale debba essere l’età), in generale possiamo dire che è potenzialmente una larga fetta che varia dai 12 ai 30 anni.
Quindi un distopico Y/A è un romanzo che affonda le mani nel genere specifico, e lo sviluppa tenendo conto di temi vicini al target definito.
La forza di un romanzo simile sta nel comunicare ai ragazzi che si sentono compresi, che vedono la naturale ribellione verso gli adulti e il loro sistema accettata e non giudicata.
Lettori maturi, se siamo di fronte a un buon romanzo, potranno trovare elementi più profondi come l’importanza delle libertà personali, il diritto di avere un ruolo nella comunità e di poter decidere sul proprio destino. La vera forza di alcuni distopici Y/A degli ultimi anni è dovuta alla potenza di questi messaggi: chiari, netti, inequivocabili.
Scrivere un distopico “moderno”
L’articolo non vuole essere un trattato di letteratura sul genere, anzi. Mettiamo da parte i grandi classici e focalizziamoci invece su quelli più nuovi che hanno ottenuto un grandissimo successo – trainati poi da grandi produzioni di Hollywood.
Quali sono i punti fondamentali per scrivere un distopico?
- Un messaggio potente.
- Un eroe/eroina con fatal flow intenso e che deve trovare La strada (Cit.).
- Un’ambientazione ben distinguibile e caratterizzata.
- Un cattivo. Nella distopia Y/A ci sono il bene e il male, sempre chiari e netti.
- Non deve mancare l’azione. I dubbi interiori si risolvono con scelte di campo, scontri e combattimenti.
- Una storia d’amore/amicizia, che però non vampirizzi il romanzo.
- Il protagonista vive una sua personale parabola che lo porta a crescere e avere consapevolezza.
- Misteri da scoprire e verità non dette.
- E soprattutto un messaggio potente (vedi punto 1.).
Ogni romanzo ha differenti equilibri, alcuni aspetti possono essere meno intensi rispetto altri, in linea di principio questo decalogo lo si trova nei romanzi di maggior successo che riescono a coniugare azione, conflitti interiori e fantasia.
1. Un messaggio potente
Il punto di partenza è anche il più importante. Tutti, ma proprio tutti, i distopici moderni hanno avuto successo perché gridavano un messaggio forte, caro ai giovani. Non è necessario che venga specificato, non stai scrivendo un’operetta morale o un romanzo di formazione in cui i conflitti interiori del protagonista sono il centro della storia.
Un messaggio è potente nel momento in cui esplode dalla pagina attraverso le azioni, gli accadimenti, le lotte che i vari personaggi affrontano ogni giorno, se devi spiegarlo, significa che il tuo manoscritto è strutturato male.
In Hunger Games i ragazzi sono incazzati (questo arriva ai furenti giovani lettori), perché gli adulti non hanno lasciato loro un Eden, ma un fetido campo di battaglia dove i giovani si devono affrontare fino alla morte per il piacere proprio degli adulti. Non è un messaggio potente?
2. Un’eroina/eroe
Il protagonista non ha sesso. Mi spiego: il messaggio deve essere universale, e se lo è davvero anche il genere del protagonista passa in secondo piano. In Divergent, Tris è una ragazza, sarebbe potuta essere un maschio – modificando alcune parti e personaggi – e il risultato sarebbe stato pressoché identico.
Il protagonista è funzionale alla storia, la sua sessualità è ormai così poco importante perché i giovani – per fortuna – stanno superando la barriera del genere molto meglio di quanto non abbiano fatto gli adulti fino ad ora.
Non vogliono un personaggio standard, banale e conformista forse per il loro desiderio di ribellarsi a un sistema che li vuole tutti uguali. Si sentono intrappolati da immagini false, irraggiungibili che sono però l’unico esempio che gli viene vomitato addosso.
Ma non solo, il/la protagonista ha anche un compito fondamentale: vivere la storia attraverso le azioni. Le sue idee devono per forza di cose evolversi in base a un elemento cardine di tutta la distopia: il sapere. Scoprono qualcosa, all’inizio, che li sveglia da un torpore di cui non si rendevano conto e li obbliga a pensare.
Il pensiero porta alla consapevolezza, di sé prima, del mondo poi. E l’unica strada per cambiare qualcosa che ritengono sbagliato è la lotta, imbracciare le armi, picchiare duro e non fermarsi di fronte alle ingiustizie.
Scrivere un distopico: alcuni protagonisti
Katniss è una ragazza forte, sicura di sé (non su tutto, il suo punto debole è l’amore), che sa cosa è giusto e cosa è sbagliato, la sua più che una parabola è una linea dritta e tesa come una delle su frecce.
Al contrario Jonas (The giver), è un sognatore che ha dubbi inespressi, paure mai affrontate che lo spingono ad accettare lo status quo fin quando non accade qualcosa: viene scelto dal “donatore“.
E Tris? Lei è una ragazzina spaurita, debole fisicamente ed emotivamente che però ha la forza di mettersi in gioco (altro messaggio importante) che la obbliga a crescere, superare le prove o venir cacciata dalla sua nuova fazione.
3. e 4. Ambientazione e Antagonista
Li ho inseriti insieme perché l’ambiente in cui si sviluppa la storia dovrebbe essere (non è una regola insindacabile), una proiezione della volontà dell’antagonista.
In molti distopici Y/A il nemico è il potere, coercitivo e unilaterale esercitato con la massima asprezza per mantenere lo status quo e relegare a “schiavi” alcuni, a beneficio di pochi.
In apparenza c’è ordine: tutto è in equilibrio, tanto che anche l’esternazione delle emozioni vietata o “caldamente sconsigliata”.
Una delle prime, e più note, società di questo genere è quella di Orwell in 1984: il Grande Fratello che osserva e sa tutto, in cui la libertà di pensiero è osteggiata a favore di un moderno equilibrio che porta beneficio solo a chi comanda. Si arriva al punto che persino i bambini sono premiati, se accusano i loro genitori di pensieri sovversivi.
I cittadini sono spiati nel sonno, così da registrarne gli sproloqui notturni e usarli contro di loro. Scrivere un distopico Y/A obbliga a creare un mondo realistico, con regole ferree e coerenti tra di loro che non possono essere infrante per alcuna ragione. Più queste regole sono chiare, delineate e più l’effetto che avrà infrangerle sarà violento.
E il Cattivo non può essere da meno. La sua presenza aleggia per il romanzo come un mefitico fetore di morte. Non è essenziale che si veda, ma che si percepisca e metta in apprensione i protagonisti terrorizzati da questa figura oscura e misteriosa.
In altri distopici, invece, il Cattivo è una figura potente ma apparentemente buona o al massimo neutrale che segue le regole (che spesso lui/lei stesso neanche comprende davvero, ma le difende perché è giusto farlo).
Costruiscilo con cura, descrivine l’aspetto fisico attraverso gli occhi del protagonista. Delinea il suo carattere con piccoli gesti, evita di dire “è crudele”. La crudeltà si manifesta con le azioni.
Dagli delle motivazioni che sono il motivo reale dei suoi comportamenti al punto che, le idee del cattivo, potrebbero anche avere un fondo di verità, non essere poi tanto sbagliate nei contenuti quanto nella forma. Molti autori di successo di questo genere, hanno preso spunto dalla storia, la Collins (Hunger Games), in una intervista ha detto di essersi ispirata alla Roma antica.
3.1 La tecnologia
Come detto una delle caratteristiche dei distopici moderni è di raccontare un futuro oscuro, ma pur sempre un futuro! La tecnologia, in generale, è avanzata ma utilizzata per scopi personali.
Il conflitto nasce tra il livello tecnologico avanzato che sottintende una società sviluppata, e la mancanza di libertà che è invece tipica di culture arretrate e retrograde.
Scrivere un distopico solido vuol dire “creare” anche le tecnologie che vengono utilizzate nella storia, ma devono essere logiche e coerenti. Nella fantascienza, ad esempio, si sfruttano le teorie scientifiche per immaginare nuove tecnologie da sviluppare nei romanzi
5. e 6. Azione e Sentimenti
Riuscire a miscelare scene battagliere, scontri e conflitti con elementi più emotivi e sentimentali rende il romanzo più coinvolgente e profondo.
In tutti i distopici Y/A amore e amicizia sono elementi cardine dai quali non si può prescindere. Spesso il dubbio, la scelta tra vari possibili partner aumenta il legame empatico con il lettore che farà il tifo per uno o per l’altro contendente.
Oppure ci potrebbe essere un amore “certo” che aiuta il/la protagonista ad affrontare i le avversità.
La famiglia è un luogo bivalente, a metà tra il bisogno di indipendenza e la paura di crescere e affrontare il mondo da soli. L’errore che non si deve fare è trasformare un romanzo di questo genere in una sorta di romance fantascientifico, ricorda sempre che il punto centrale della storia è il “messaggio potente”.
E le scelte dei protagonisti, anche di tipo sentimentale, dovrebbero essere mostrate attraverso le decisioni, azioni e conseguenze, non raccontate: Show, dont tell.
7. Scrivere un distopico: la crescita del protagonista
Scrivere un distopico Y/A significa immergersi nella vita di una/un protagonista che vive in una società chiusa, bloccata, crudele. Tale personaggio non può, per forza di cose, essere abbastanza maturo per affrontare la vita e lasciare le mura della casa/prigione dove è costretto a vivere.
Ha bisogno di fare un personale cammino che lo porti prima alla consapevolezza che qualcosa non va, e poi alla convinzione nei propri mezzi per fuggire e sovvertire le sorti di molte persone. Deve fallire, lottare, cadere rialzarsi. Non è più l’epoca dei paladini senza macchia e senza paura, i personaggi dei romanzi ci piacciono sporchi e umani.
La loro umanità li rende veri, vicini a noi, a sperare che superino gli ostacoli senza averne la certezza: il fallimento non può essere solo una chimera, ma una concreta possibilità. Loro ci fanno capire che tutti possiamo cadere, e tutti possiamo rialzarci.
8. Misteri da scoprire e verità non dette
Perché la società descritta nel tuo romanzo è così? Che cosa è accaduto nel passato per stravolgere la struttura sociale che tutti noi conosciamo? Un virus? Una calamità naturale? O cosa?
Dare risposta a queste domande è essenziale. Far immergere il lettore in un mondo realistico e coerente con se stesso, svelargli a piccoli passi dei tasselli che, messi assieme, daranno vita a un quadro inaspettato.
Scrivere un distopico non è semplice, è più complesso di quanto si possa credere.
Sconsiglio di iniziare il romanzo con una descrizione minuziosa del mondo, il classico racconto in terza (o prima) persona che sembra solo un gigantesco infodump.
Può andar bene per una trasposizione cinematografica che predilige un ritmo più rapido e meno introspezione.
In un romanzo, al contrario, trovo più potente dal punto di vista emozionale e narrativo mostrare attraverso gli occhi del protagonista che poi, mano a mano che procede, svela i segreti che hanno dato vita alla sua avventura. Un dubbio che si insinua lentamente, e poi detona in una verità, spesso crudele e orribile.
Il non-detto è parimenti importante, sono quelle informazioni che alcuni personaggi non danno al protagonista per il suo bene: tipici i genitori che, come nella vita reale, proteggono i figli dalla bruttezza della realtà. Crescere significa affrontare il non-detto e mettersi in gioco.
9. Un messaggio potente
Non mi stancherò mai di ripeterlo: se vuoi scrivere un distopico non puoi prescindere da un significato profondo, universale.
I distopici Y/A più celebri riescono a far passare, attraverso un libro pieno di azione, un messaggio che può dirsi più ampio, politico, una visione del mondo molto forte. Hanno tutti un’anima ben definita e un messaggio potente.
Non pensare che basti averne letti tanti, per essere in grado di cimentarti in un genere molto difficile in cui si devono mescolare e miscelare sapientemente:
- azione,
- sentimenti,
- conflitti, amore,
- odio
- e paure.
Se hai scritto un distopico, e credi che l’idea sia buona, fallo leggere a chi è del settore e soprattutto deve essere editato.
Non si tratta di correggere refusi ed errori di ortografia e sintassi, ma di aiutarti a renderlo più “chiaro”, scorrevole dando maggior risalto ai personaggi principali e caratterizzando i protagonisti secondo quello che è il TUO punto di vista.
Prima di scriverlo prova a mettere su carta i punti che ti ho spiegato fin qui, ci sono tutti? Sono sviscerati a dovere? Cosa vuoi dire, cosa vuoi comunicare ai tuoi lettori?
Scrivere un distopico: gli elementi tipici del genere
Ecco un ultimo decalogo in cui sono indicati quegli elementi che proprio non possono (in teoria), mancare quando si intende scrivere una distopia.
Non sono leggi assolute, ma se vuoi scrivere di questo genere è necessario seguirne qualcuna!
- Come abbiamo scritto prima, la tecnologia dovrebbe essere un’arma nelle mani del cattivo (o del regime che egli rappresenta). Puoi farlo capire da subito, o più avanti nel romanzo.
- In ogni romanzo serve , partendo dall’incipit, un conflitto che inneschi la miccia e faccia deflagrare la storia che vuoi raccontare. Che sia un conflitto morale, etico, fisico o politico poco importa; ma ci deve essere!
- Conseguenza del conflitto è la violenza. Anche questa non è per forza fisica (anche se prima o poi dovrà esserci perché sintomo di una società malata).
- L’informazione (come i media), sono al servizio del regime e usate per manipolare le menti. In “V per vendetta” la propaganda è uno dei nemici più forti contro cui il protagonista si batte.
- L’apparenza inganna. Nella maggior parte dei distopici, specialmente all’inizio, tutto potrebbe sembrare perfetto, curato e giusto. Il lettore si troverà in un mondo idilliaco con qualche stortura che non dovrebbe fargli capire subito cosa c’è dietro, ma solo allarmarlo. Proprio a causa del conflitto, il protagonista si scontrerà con elementi del sistema che non capisce o non condivide.
Scrivere un distopico è un’esperienza molto stimolante perché, come in alcuni generi, l’unico limite è la tua fantasia. E questo è anche il maggior rischio che si corre, molti testi che ci arrivano hanno spunti interessanti, ma spesso vanno “fuori giri”, si perdono in fantasticherie poco credibili.
L’editing del romanzo serve proprio a tenere l’autore con i piedi per terra sviluppando una storia equilibrata, per certi versi realistica e che abbia tutti gli elementi del suo genere.