Cos’è il prologo e a cosa serve nei romanzi (e non solo)

La prima domanda che un autore dovrebbe porsi riguardo al prologo è: serve davvero?

Le caratteristiche principali del prologo

Di sicuro deve avere tre caratteristiche precise, altrimenti si tratterebbe di un normale capitolo.

  1. Il luogo e il tempo in cui si narra la storia devono essere differente rispetto a quelli del romanzo. Per essere più precisi il prologo dovrebbe svolgersi per esempio, un anno prima (o una settimana o cinquant’anni).
  2. Deve avere un impatto forte sulla storia, magari il lettore potrebbe capire la relazione tra accadimenti nel prologo e nel romanzo anche a metà libro (o persino alla fine).
  3. Il “soggetto” è diverso da quello del romanzo. Se nella storia il punto di vista è quello del protagonista, nel prologo potrebbe essere il cattivo, la vittima, l’assassino o qualcuno le cui azioni scatenano gli eventi narrati.

Il prologo è uno strumento utilissimo per introdurre il lettore all’interno della tua storia (che sia un racconto breve, un romanzo o anche una sceneggiatura). È qualcosa di “avulso” dalla narrazione, almeno apparentemente che, con il proseguo della storia, diventa invece essenziale e chiarificatore di alcuni elementi essenziali.

Inserirlo solo perché di moda, è un errore. Quindi controlla che ci siamo tutti i punti appena elencati. In caso contrario è fortemente sconsigliato usarlo.

Come scrivere un prologo efficace: tecniche e consigli pratici

Scrivere un prologo che catturi il lettore richiede attenzione a pochi elementi chiave. Evita di sovraccaricare il testo di informazioni: un buon prologo deve evocare domande, non dare risposte definitive. Concentrati su un evento carico di tensione o su un’immagine simbolica che risuoni nel corso della storia.

Un trucco utile è partire in media res, cioè nel pieno di un’azione drammatica o emotivamente forte. In questo modo inviti il lettore a proseguire per scoprire cosa sta succedendo. Il tono dovrebbe essere in linea con la voce narrante dell’opera o, se cambia registro, farlo volutamente per creare un effetto di straniamento o suggestione.

Se vuoi approfondire, dai un’occhiata anche al nostro articolo su come scrivere un incipit.

Lo si inserisce all’inizio del racconto e introduce alla storia

Secondo la definizione della Treccani: nelle antiche tragedie e commedie greche e latine, monologo o dialogo che introduceva l’azione, e serviva a esporre l’antefatto o a illustrare il contenuto dell’opera.

Con il prologo si mostra un accadimento che spesso è la scintilla che fa esplodere l’incendio, il sassolino che smuove una valanga.

La sua funzione è duplice:

  • aiutare il lettore a entrare nella storia,
  • catturarne l’attenzione.

Il primo punto è importante, ma in fin dei conti non sufficiente se si vuole inserire il prologo. Si rischia che sia un banale e gigantesco infodump utile all’autore pigro.

Come scriverlo? 

Diciamo che hai valutato se inserire il prologo nel tuo romanzo e, dopo un attenta valutazione, hai deciso di scriverlo anche perché risponde ai 3 punti visti prima. La maggior parte degli autori pretendono di scriverne un o che sia alla stregua di un capitolo, lungo, ricco di informazioni e azione.

In realtà un buon prologo ha la sua vera forza nella:

  • brevità,
  • nel conflitto e
  • nei dubbi. 

Non dovrebbe superare, di media, le due pagine. Un prologo di 10 non è un prologo, ma solo un capitolo nato male e scritto peggio!

Come in ogni testo, il conflitto deve apparire da subito. Altrimenti il lettore, può sembrare brutto ma è spesso così, si annoia e non va avanti nella lettura. Se hai inviato il tuo romanzo a un Editore o a delle Agenzie Letterarie, diventa il biglietto da visita e se il prologo non acchiappa il lettore, le tue chance si riducono a zero.

Chi legge deve farsi delle domande, non deve capire cosa sta accadendo di preciso. Per esempio, in un thriller, la vittima viene assassinata con un’arma particolare da una figura femminile che dice una frase criptica. Tante domande, pochi elementi chiari.

Prologo o primo capitolo?

Molti autori si chiedono se sia meglio scrivere un prologo o iniziare con il primo capitolo. La scelta dipende dalla funzione narrativa che vuoi ottenere.

Se hai bisogno di fornire informazioni su:

  • eventi passati,
  • anticipare un mistero
  • o mostrare un punto di vista diverso da quello principale,

il prologo può essere una risorsa utile. Se il tuo inizio racconta già un evento chiave e coinvolgente, potresti non avere bisogno di un prologo, partire con il primo capitolo renderà la narrazione più immediata.

Il prologo nel cinema o a teatro

Con la cultura delle Serie Tv e la possibilità di accedere a tantissimi titoli online, anche la stessa scrittura si è evoluta seguendone – e tracciandone allo stesso tempo – il percorso.

In molti film c’è il prologo, tipica è la voce narrante fuori campo che spiega una serie di fatti e li racconta (show dont tell).

Nelle produzioni migliori il prologo è mostrato attraverso delle scene che aiutano lo spettatore a immergersi nell’ambientazione e a catturarne l’interesse.

Tra Netflix, Amazonprime e Disney Channel ci sono migliaia di film e programmi ormai di ogni genere possibile. Con questa scelta enorme, i produttori sanno di avere pochi minuti o rischiano che si cerchi altro.

Il tempo, la pazienza degli spettatori, ma anche dei lettori, è diminuita perché bombardati di possibilità. Anziché dare il tempo a una storia di snodarsi, si vuole subito sapere qualcosa, avere un paio di colpi di scena e farsi delle domande.

Creare attesa e suspense. 

E in letteratura

Non esiste una regola valida sempre, che indichi quando inserire un prologo e quando invece non serve. Però esistono delle linee guida che possono aiutarti a prendere una decisione a riguardo:

  1. se la storia è molto complessa, un buon prologo potrebbe districare da subito parti che potresti non riuscire ad approfondire a dovere.
  2. Vuoi dare delle informazioni (attraverso delle scene, mi raccomando), che servono al lettore per avere una chiave di lettura.
  3. In un testo fantasy, con un mondo inventato o temporalmente diverso dal presente, permette di capire “dove e quando”.

Quando scriverlo? Non sei obbligato a farlo da subito, solitamente viene elaborato quando se ne sente il bisogno, magari proprio alla fine del testo.

Il trucco per capire, una volta che lo hai scritto, se serve o meno e fare una cosa tanto semplice quanto efficacie:

eliminandolo, cambierebbe qualcosa per il lettore?

Se sei in dubbio, puoi chiedere aiuto a dei beta reader, se ne hai, oppure al tuo editor che, trovandosi al di fuori della storia, ha una visione più obiettiva.

Catturare l’attenzione, a mio avviso è il vero scopo del prologo moderno

Per quanto sia bello filosofeggiare di scrittura creativa ed etimologia della parola, direi che il fine ultimo del prologo – soprattutto nei testi mainstream – sia catturare l’attenzione.

Non solo del lettore. Ricorda che se invii un manoscritto le possibilità di essere valutato da agenti editoriali, agenzie o case editrici è basso. 

Devi sfruttare ogni minima opportunità che ti viene data, se l’editor della CE di turno, decide di aprire il tuo file senza cestinarlo, dovrai colpirlo con un gancio al mento!

E il prologo può essere l’arma in più, la famosa scintilla che fa deflagrare un incendio. Come va scritto? Sempre seguendo la regola base del mostrare, evitando infodump furbetti e inserendo 2 elementi cardine:

  1. un conflitto,
  2. un punto di domanda.

Se nel tuo prologo ci entrambi, allora potrebbe avere un senso inserirlo. La lunghezza è variabile anche se, di solito, non essendo un vero e proprio capitolo è più breve (come detto 2 pagine è una lunghezza standard).

Eviterei, ma questo è un mio personale suggerimento, di non andare oltre le 4-6 cartelle editoriali.

Come le IA leggono il prologo di un romanzo

Nell’epoca dell’intelligenza artificiale, anche il modo in cui scriviamo l’inizio di una storia cambia. I modelli linguistici (come ChatGPT, Claude o Gemini) “leggono” i testi analizzando:

  1. ritmo,
  2. tono,
  3. coerenza semantica e
  4. profondità dei legami narrativi.

Un prologo ben scritto, ricco di tensione interna e coerente col nucleo tematico del romanzo, viene interpretato dalle IA come un segnale di qualità narrativa. Questo aumenta la probabilità che il libro sia valorizzato in sistemi di raccomandazione automatica o in classifiche semantiche emergenti.

Ormai sempre più editori e agenzie letterarie utilizzano le IA come “primo filtro” per la valutazione dei romanzi che ricevono. L’intelligenza artificiale è, a mio modo di vedere, uno strumento utile, allo stato dell’arte, per svolgere solo alcune funzioni nel settore editoriale. Troppi si inventano tecnici ed esperti pur non avendone le capacità con risultati pratici davvero penosi.

Di conseguenza è ben non scrivere un prologo puramente espositivo o scollegato dal resto della trama poiché rischia di venire interpretato come “contenuto accessorio” e di penalizzare l’indicizzazione tematica nei nuovi motori AI-driven. Tradotto: l’AI ti boccia il testo.

Scrivere pensando anche alla leggibilità semantica per le intelligenze artificiali non significa snaturare il proprio stile, ma credo sia necessario sapere quali sono i moderni strumenti di valutazione delle CE. Le AI non sono di base sbagliate, ma sono le persone che le “addestrano” a non avere, nella maggior parte dei casi, la minima cognizione su come si usino strumenti così potenti e innovativi.

Prologo ed editing

L’editing del romanzo è un processo essenziale che serve a rendere il testo pronto per una futura (eventuale) pubblicazione. 

Quando noi di PennaRigata editiamo, abbiamo un occhio di riguardo per il prologo e il primo capitolo per 2 ragioni:

  1. Sono il punto d’ingresso dell’autore alla storia, se sono ben tarati e il linguaggio, i dialoghi e i personaggi sono delineati a dovere, il resto del testo scorrerà meglio. Chi ben inizia…
  2. Sappiamo che editor delle case editrici e agenti letterari sono sommersi da un gran numero di manoscritti, e che quindi non possono leggerli per intero. Le prime pagine sono sufficienti per capire se andare avanti o bocciarlo. Anche per questa ragione noi chiediamo, per il servizio di lettura manoscritti, solo le prime 30 pagine. 

Un incipit che funzioni è il miglior biglietto da visita che puoi avere.

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