Antonio Lanzetta: il romanzo di formazione in chiave dark

Può un thriller diventare anche un romanzo di formazione? La domanda è intrigante e la risposta potrebbe averla data Antonio Lanzetta con il suo ultimo romanzo L’uomo senza sonno (Newton Compton editori).

Un testo scritto molto bene (e ormai è cosa rara nel mesto panorama letterario italiano), che scorre sena attriti o difficoltà ma che obbliga il lettore a riflettere godendosi, però, una storia convincente e ben strutturata. 

Intervista ad Antonio Lanzetta

G.S. – Dopo un passaggio nel fantasy/young adult, ti sei orientato verso testi più “oscuri”: come consideri la situazione del thriller (e dell’horror) oggi, in un momento in cui molti prodotti editoriali sembrano condizionati, tra le varie cose, dai ritmi e linguaggi della serialità televisiva?

A.L. – L’Italia è un paese strano. Il successo dei libri è assolutamente imprevedibile e anche se in alcuni casi la forza del marketing può influenzare le vendite, alla fine sono le storie belle a ripagare. I libri migliori sono i long seller a mio avviso, quelli ovvero che sopravvivono di vita propria nel tempo, che continuano a essere stampati ed esposti. Come si scrive un long seller? Guardandosi dentro e cercando di divertirsi in quello che si fa. Se un autore si approccia a lavorare su una storia con l’idea di cavalcare un’onda o replicare i risultati conseguiti da un altro autore, perde di vista i veri obiettivi e rischia il bagno di sangue. Per quanto riguarda me, mi piace la mutazione del linguaggio, la crossmedialità, il modo in cui le sceneggiature di alcune serie tv sono talmente dinamiche e accurate da sembrare gioielli della letteratura. Il mondo cambia e con esso il modo di comunicare: la scrittura creativa deve essere pronta a raccogliere tutte le sfide.

G.S. – Pubblichi ormai da molti anni e i tuoi testi sono stati tradotti ed esportati, con successo, all’estero, quanto la tua Agenzia Letteraria è stata importante nella carriera di scrittore?

A.L. – In questo caso la mia esperienza in diritti esteri è cominciata prima che fossi rappresentato da un’agenzia. Anzi, per fare una battuta, quando alcuni agenti che avevo contattato negli anni antecedenti la pubblicazione del mio romanzo in Francia e che non avevano risposto alla mia candidatura come autore, hanno avuto poi la faccia tosta – una volta apparsa su Il Libraio la notizia della vendita in Francia dei diritti de Il Buio Dentro – di rispondere a quelle mie mail esplorative inviate due o tre anni prima. Per mia fortuna poi sono approdato alla United Stories Literary Agency a seguito di un processo di scouting sano e non pilotato da altri eventi che potessero rendere la mia vita d’autore più facile.

G.S. – Consiglieresti a un autore alle prime armi di muoversi da solo nel settore editoriale, oppure di affidarsi a un agente? 

A.L. – Prima di avventurarsi, e a volte spendere fior di quattrini in editing e proposte di valutazione del testo da parte delle agenzie, consiglierei agli autori principianti di svestirsi un attimo di tutto l’amor proprio che li spinge a voler essere a tutti i costi un autore e capire se scrivere è realmente ciò che si desidera nella vita. Parlo quindi autocritica, di scrivere qualcosa e lasciarla a decantare per mesi, per poi riprenderla e capire se può valere qualcosa su cui investire o sono solo pagine di diarrea fumante. Una volta superata questa fase, penso che lavorare su un editing strutturale, sia fondamentale per rendere il romanzo presentabile ad agenzie letterarie e case editrici.

L’uomo senza sonno

l'uomo senza sonnoG.S. – Che definizione daresti al tuo ultimo romanzo L’uomo senza sonno (Newton Compton Editori)?

A.L. – L’Uomo senza Sonno è un romanzo di formazione dark, una storia gotica ambientata nella provincia rurale del sud d’Italia, negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, e che si protrae quasi fino a giorni nostri. Una storia di vita e di morte, infarcita di mistero e di quelle che sono le mie passioni per la letteratura e il cinema di genere.

G.S. – I protagonisti di questo romanzo sono due ragazzini, Bruno e Nino, legati da un’amicizia che ha radici profonde, una sorta di affinità elettiva, che viene messa a dura a prova appena arrivano nella tenuta degli Aloia. La luce, come l’amicizia, quanto è importante in un romanzo oscuro come L’uomo senza sonno?

A.L. – I sentimenti positivi, i legami, gli affetti ci aiutano a restare aggrappati al bordo di un baratro e di non precipitare. Le amicizie nate durante l’adolescenza poi sono le più sincere perché non condizionate da terzi interessi. Da ragazzi ci si sceglie e ci lega in modo a volte indissolubile. Un’amicizia sincera dove si è disposti a fare tutto gli uni per gli altri.

G.S. – I tuoi personaggi hanno il pregio di essere realistici perché fatti di chiaroscuri e di conflitti interiori, di coraggio e paura: quanto di loro è costruito a tavolino e quanto invece nasce nella tua mente in modo “spontaneo”?

A.L. – Quando leggo un romanzo, presto poca attenzione alla trama e mi concentro invece sulla caratterizzazione dei personaggi. Solitamente non ricordo i colpi di scena, chi ha fatto cosa e perché, ma le sfumature delle personalità dei protagonisti, la loro evoluzione, il modo in cui si confrontano con gli ostacoli e li superano. La letteratura è una fotografia della vita: le persone reali sono fatte di conflitti interiori, di problemi, di difficoltà. Come può pretendere un libro di creare empatia e fare breccia nel cuore dei lettori se non è in grado di far emergere i personaggi dalle pagine. È su questo ragionamento che io fondo il mio lavoro.

Antonio Lanzetta e il suo rapporto con gli editor

G.S. – Nei tuoi libri si nota una grande attenzione al dettaglio, una precisione narrativa quasi maniacale che è sicuramente uno dei punti di forza della tua scrittura: quanto incide l’editor su questo e sul tuo lavoro in generale? Quanti interventi, uno scrittore affermato, è disposto ad accettare in fase di editing?

A.L. –  Io imparo tutto dall’editing. Ho la fortuna di aver avuto nella stesura de L’uomo senza sonno (Newton Compton Editori) prima la guida esperta del mio agente, Luca Briasco, che – oltre a essere un grandissimo editor – è il traduttore di Stephen King e Joe R. Lansdale in Italia, e poi il lavoro eccezionale sul testo fatto dalla redazione della casa editrice, e in particolare della mia editor Alessandra Penna, una persona di un talento e una professionalità unica.

G.S. – A tuo avviso, quanto è importante per un autore alle prime armi il supporto di un editor professionista?

A.L. – È fondamentale avere un editor qualificato, e non un venditore di ricotta improvvisato (senza esperienze o qualifiche adatte), che accompagni un autore nella scrittura. Questo non vale per gli esordienti, per i principianti, ma anche per gli autori professionisti.

Non solo uno scrittore di successo

G.S. – Noi di PennaRigata volevamo ringraziarti, oltre per i tuoi romanzi, anche per il grande impegno che profondi verso gatti e cani per curarli e trovare loro una casa. Ci sono enti, gruppi, canili o gattili che vuoi ringraziare?

A.L. – Grazie a voi per aver colto questo aspetto, quella della lotta al randagismo, soprattutto al sud d’Italia, è una vera guerra di civiltà. Uno scontro quotidiano contro la burocrazia, le leggi esistenti ma non applicate, l’ignoranza delle persone, la grandezza del territorio e la scarsità di risorse a disposizione. I veri eroi sono le persone che non si voltano dall’altra parte davanti a un animale di strada in difficoltà (che ringrazio con tutto il cuore). Il problema è che per ogni cane/gatto salvato ne saltano fuori dieci a rischio. È come una catena senza fine. L’animalismo interessa poco ai politici, perché forse girano pochi soldi rispetto ad altre problematiche sociale e nel sistema che si è creato, tra gestioni di canili a società private e animali che muoiono di stenti, non c’è luce fuori dal tunnel. Bisogna cambiare molto, magari guardare i paesi virtuosi e provare a trarne giovamento dalla loro esperienza.

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