Per pubblicare si deve essere raccomandati

Sarà vero che per pubblicare si deve essere raccomandati o sono soltanto le lamentele di chi non ce l’ha fatta?

Sulla nostra pubblicità di Facebook capita spesso che qualche sedicente scrittore ci insulti (in modi più o meno velati), sostenendo che dovremmo cercarci un lavoro vero e che le case editrici scelgono solo i raccomandati. Sono i classici tipi che su Google cercano “come farsi pubblicare un libro da Mondadori“.

Anziché migliorare la loro tecnica e capire il vero motivo per cui i loro manoscritti vengono sempre rifiutati, cercano scorciatoie che non esistono, ma che per ego attribuiscono a chi invece ce la fa. Spesso se la prendono anche con le agenzie letterarie per la medesima ragione: ma non gli viene in mente che la ragione, forse, è nella qualità dei loto testi?

L’editoria non è perfetta, anzi, per esperienza possiamo affermare che ha tantissimi limiti. E come in tutti i settori, soprattutto in Italia, c’è una bella dose di nepotismo e un’atavica allergia alla meritocrazia.

Ciò non toglie che un bel romanzo, come diciamo sempre, una sua strada la trova! Se non capita è assai probabile che  non sia poi tanto bello…

Per pubblicare si deve essere raccomandati? La nostra esperienza

Se per pubblicare si deve essere raccomandati, allora noi lo dovremmo essere. Eppure non è così, noi di PennaRigata abbiamo pubblicato una dozzina di romanzi senza aiutini, perché abbiamo iniziato dalla piccole case editrici per poi migliorare, conoscere l’ambiente e farci una professionalità.

La maggior parte dei novelli autori pretendono da subito un grande editore, perché il loro romanzo è bellissimo e scritto alla perfezione.

Un po’ di umiltà?

Ma se il loro libro non trova un editore devono trovare una motivazione che non mortifichi il loro ego ipertrofico e allo stesso sia talmente vaga da essere quasi difendibile.

Ed ecco la genialata: per pubblicare si deve essere raccomandati.

Devi conoscere quell’editor che non solo ti legge, ma spinge il tuo romanzo ai piani alti e garantisce che sarà un successo. Poi devi avere contatti anche con l’ufficio stampa, giornalisti, librai e giornalai per far sì che venda.

È tutto un magna-magna, piove governo ladro, non ci sono più le mezze stagioni, in Italia non legge più nessuno.

Un po’ di pessimismo cosmico (cit.) non fa mai male, così si può dare la colpa al sistema, continuare a scrivere schifezze senza capo ne coda e prendersela con la sfortuna perché non si è raccomodanti.

Per pubblicare si deve essere raccomandati? Allora mi autopubblico!

Noi non abbiamo nulla contro il self publishing, molti testi che abbiamo editato sono stati autopubblicati anche con ottimi risultati. Il punto è che si è creata una sorta di “casta”, di persone che sostengono che ormai i veri scrittori siano solo quelli che fanno da sé.

Dicono che ormai i romanzi sono tutti editati allo stesso modo, che le case editrici prendono solo testi commerciali e facilmente vendibili. Le solite generalizzazioni che non servono a molto: ci sono ottimi testi sia in self che con case editrici.

La differenza, però, è che un romanzo venduto da un editore serio ha subìto una serie di passaggi e lavorazioni:

che non sempre chi va in self fa, vuoi per costi, presunzione, pigrizia o ignoranza.

Quindi hai pagato per pubblicare?

Di fronte a queste argomentazioni, ci viene spesso chiesto quanto abbiamo speso per pubblicare (o per far pubblicare i nostri autori). 

Se paghi non é editoria, ma una stamperia che ti mette il suo marchio sulla copertina per farti pensare che credono in te perché sei un grandissimo scrittore.

Viene chiamata editoria a pagamento (EAP), ma non ha nulla a che vedere con i libri. Sono truffe legalizzate, invece di spendere migliaia di euro per avere in casa scatoloni pieni del tuo libro che non venderai mai, perché non pensi a migliorare?

Per farlo si può:

Noi sconsigliamo la fantomatica scheda di valutazione, crediamo sia uno strumento spuntato che offre solo qualche piccolo suggerimento – magari anche utile – ma per un costo, almeno per noi, sproporzionato.

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