Ambientazione nei romanzi thriller

L’ambientazione nei romanzi thriller, come nella maggior parte dei romanzi di genere, è essenziale e derubricarla a semplice contorno è un errore grave. Molti autori si focalizzano con maniacale attenzione solo alla storia, inserendo miliardi di minuscoli elementi, che sfuggono quasi sempre al lettore, dando meno importanza allo spazio in cui si muovono, agiscono e interagiscono il protagonista e gli altri.

Un’ambientazione ben costruita può trasmettere ansia, mistero e oppressione, influenzando la percezione del lettore e aumentando la tensione. Che si tratti di un vicolo buio in una metropoli o di una casa isolata nel nulla, ogni dettaglio può fare la differenza tra una storia avvincente e una che lascia indifferenti.

Da evitare i setting percepiti solo attraverso la vista. I romanzi dei meno esperti sono quasi sempre farciti di:

  • guardare,
  • vedere,
  • osservare,
  • discernere,
  • scorgere (poco usato, purtroppo), 
  • sentire,
  • scoprire,
  • rilevare
  • percepire,
  • scrutare,
  • notare,
  • intravedere,
  • distinguere,
  • avvistare,
  • adocchiare, 

Di sensi ne abbiamo cinque. Quando si scrive un romanzo si tende, non ne so la ragione, a dimenticarlo. Specialmente i romance sono tutto uno sguardino…

L’ambientazione come personaggio

Nei thriller di qualità, l’ambientazione non è solo un luogo, ma diventa quasi un personaggio. Pensiamo alla Londra cupa di Sherlock Holmes o alla Los Angeles inquietante dei romanzi di Michael Connelly. Il modo in cui la città “respira”, influenza i personaggi e crea ostacoli concreti può rendere la narrazione più immersiva.

Ci deve essere sempre equilibrio, perché ormai la scrittura immersiva è venduta come la bacchetta magica che trasforma una robaccia incomprensibile in un capolavoro! Non è così, anzi, direi il contrario.

Se un romanzo è brutto, e ce ne arrivano molti davvero pessimi, usare la tecnica (ma tecnica di cosa…) della scrittura immersiva lo renderà ancora peggiore. Come mettere la cioccolata a scaglie sulla parmigiana di melanzane stracotta fatta con il brie. Mi sento male al solo pensiero, della pseudo-parmigiana…

Ambientazione nei romanzi thriller: la giusta atmosfera

Non parlo di una cenetta romantica, ma di un luogo minaccioso e terrificante in cui è accaduto un omicidio, o una serie dove l’uso della luce, del suono e degli elementi visivi contribuisce a definirne il tono. Un thriller psicologico potrebbe giocare con ambienti claustrofobici, mentre un thriller d’azione utilizza spazi aperti e movimenti frenetici.

Per rendere l’ambientazione autentica, è fondamentale coinvolgere tutti i sensi (evitando, come detto, “tecniche immersive”):

  • Udito. Il ticchettio di un orologio in una stanza silenziosa. Passi in lontananza. Parole sussurrate.
  • Vista.
  • Olfatto. L’odore di pioggia sull’asfalto. Un profumo che ricorda delle esperienze passate.
  • Tatto. Il freddo di una mano. 

Le possibilità sono infinite. Eviterei “svolazzi” o “voli pindarici”, siate pratici, sensoriali e non onirici. E allo stesso evitate i “come”. 

Errore: Era nero come la pece.

La pece è nera. Uso di frasi fatte. Se usi il come o vuoi fare il poeta oppure la descrizione precedente non è abbastanza efficacie e credi serva un “rafforzativo”. Un po’ come gli inutili avverbi a pioggia…

Soluzione: Era nero.

Thriller urbani o thriller rurali?

Le città nei thriller spesso hanno un carattere ostile e pericoloso: vicoli stretti, illuminazione scarsa, sirene in lontananza. Ambientazioni metropolitane come New York o Tokyo funzionano bene nei thriller noir e polizieschi, in cui la criminalità è un elemento centrale.

Dall’altro lato, i thriller ambientati in zone rurali o isolate sfruttano il senso di vulnerabilità. Luoghi come foreste remote, montagne innevate o villaggi sperduti possono amplificare la paura e il senso di impotenza, rendendo l’ambientazione un elemento chiave della tensione.

Una non è migliore dell’altra, ma sono una conseguenza del tipo di storia che si desidera raccontare e dei lati oscuri dell’essere umano che si desidera affrontare. Spaventare in una zona di campagna, lontana da tutto, è forse più facile. Localizzare degli omicidi in una città, dove la maggior parte delle persone abita, aumenta il senso di smarrimento e coinvolge di più la maggior parte dei lettori.

Come creare un’ambientazione nei romanzi thriller? Mostrare, non raccontare

Scrivere delle belle ambientazioni è difficile e si rischia, come detto, di esagerare con una marea di dettagli inutili oppure di renderle troppo scarne, tanto che il lettore rischia di perdersi.

Non c’è un’unica tecnica, il primo consiglio è di leggere il più possibile, soprattutto generi diversi, per assimilare dai grandi maestri il loro modo di crearla.

Gli errori più comuni sono:

  • Eccesso di descrizione che rallentano il ritmo del romanzo che, ricordiamolo, si basa proprio sul thrilling.
  • Ambientazioni generiche senza caratteristiche distintive che risultano anonimi e poco credibili.
  • Scegliere un’ambientazione che non si adatta agli eventi della storia.
  • Quasi tutti i romanzi che ci arrivano hanno l’incipit meteorologico, i thriller sembrano scritti da Giuliacci. Evita di martellare il lettore con giornate di pioggia, notti gelide e cose simili.

Lo Show don’t tell arriva in soccorso! Fai “sentire” le ambientazioni con le sensazioni che ne sono una conseguenza attraverso i personaggi. Non dire che fa freddo e basta. Invece obbliga il protagonista a riscaldarsi le mani strofinandole tra di loro o alitandoci sopra. 

Se mostri, va di per sé, che le descrizioni degli ambienti diventino parte integrante dell’esperienza del personaggio che in quel momento è il centro della narrazione.

Soluzione: molti saranno convinti, e non riuscirò mai a fargli cambiare idea, che per fare delle belle ambientazioni sia necessario fare un bombardamento a tappeto di avverbi e aggettivi, e più ricercati e meglio è. La bravura di un autore non sta nell’eccesso, nella dimostrazione di “cultura”, ma nel saper tratteggiare con poche linee una figura che susciti emozioni, ricordi e intuizioni nel lettore.

Se lo riempi di parole (inutili), si perde. 

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