Le figure retoriche in un romanzo

Le figure retoriche sono strumenti – quasi dei veri e propri trucchi – che utilizziamo mentre scriviamo o parliamo per dare più forza ed enfasi alla nostra comunicazione.

Spesso vengono inserite nei discorsi quasi senza accorgersene e, se si sta dialogando, potrebbe anche andare bene. Il problema si palesa quando si vuole scrivere un romanzo, in questo caso si devono conoscere bene gli strumenti del mestiere.

Cosa sono?

La figura retorica è una forma espressiva che si basa su un artificio linguistico, una sorta di invenzione, che ha lo scopo di creare un effetto specifico all’interno di una frase. Serve per rendere il significato più emotivo, forte, preciso ed efficacie. 

Non sempre ci si riesce e si rischia di scadere nel banale o nel grottesco. Con le figure retoriche il tentativo di base è di far emergere il senso figurato del periodo appena scritto. È quasi sempre un linguaggio “forzato” o artificiale e per questo è essenziale conoscerle e utilizzarle senza eccedere.

La figura retorica è utilizzata con incredibile frequenza, tanto che si è arrivati al punto di non riuscire più a riconoscerle. Come detto, nel parlato potrebbe non creare problemi, ma in un testo scritto salta all’occhio con maggiore forza, ecco perché si deve sapere quando utilizzarla e in che modo.

Il rischio è di eccedere, di strafare, palesando al lettore (o agenzie letterarie o editor), la volontà di stupirlo con effetti speciali.

Tipi di figure retoriche

Le figure retoriche sono suddivise in 3 gruppi principali:

  1. ordine (o sintattiche) , in cui si rimodula l’odine “normale” delle parole all’interno di una frase per dare un significato diverso,
  2. sintattiche (o fonetiche), riguardano il suono di un gruppo di parole che sfruttano il ritmo di determinate parole o frasi.
  3. significato (o contenuto), si riferiscono al significato di una frase, su tutte la metafora.

1. Figure retoriche di ordine

Come detto sono quelle che riguardano la posizione delle parole all’interno di una frase assumendo una funzione diversa da quella “comune”.

Nella lingua italiana è possibile modificare l’ordine di alcuni parole, di solito si segue lo schema:

soggetto ⇒ verbo ⇒ complemento

Quando però si vuole mettere in evidenza un determinato termine all’interno di una frase, è possibile spostarlo dando vita a una figura retorica di ordine.

Anacoluto. Sono due frasi, una di seguito all’altra, collegate dal punto di vista del significato ma non armonizzate sintatticamente.

Tanti galli a cantar non fa mai giorno.

Anafora.  Consiste nel ripetere, all’inizio della proposizione, una o più parole con cui ha inizio quella precedente.

Per me si va nella città dolente,

Per me si va nell’eterno dolore,

Per me si va tra la perduta gente.

Anastrofe. Figura retorica in cui si inverte l’ordine abituale di due parole.

Asindeto. La coordinazione dei membri di una proposizione o di un periodo fatta senza l’ordinario ausilio della congiunzione copulativa e o altre forme di congiunzione coordinativa.

Veni, vidi, vici.

Chiasmo. Figura retorica in cui si crea un incrocio immaginario tra due coppie di parole.

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori” / le cortesie, l’audaci imprese io canto…

Climax. Detta anche gradazione, in cui si dispongono termini o concetti in modo da ottenere un effetto di un’intensità regressiva o progressiva.

…e qui per terra mi getto, e grido, e fremo

Parallelismo. Consiste nello sviluppare due concetti simmetrici in successione la cui somiglianza può essere sia grammaticale che di contenuto.

Mandò le tenebre e fece buio.

Iterazione. Si tratta di una figura retorica spesso abusata a sproposito che consiste nella ripetizione di parole, espressioni o intere frasi per dare forza a un concetto specifico.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini…

Altre figure retoriche di ordine poco utilizzate sono: ellissi, enumerazione, ipallage, iperbato, poliptoto, polisindeto, zeugma.

2. Figure retoriche sintattiche

Sono figure che attengono agli aspetti fonici e ritmici delle parole di una frase o di un sintagma, vediamo le più utilizzate.

Allitterazione. Consiste nella ripetizione di una lettera, sillaba o anche di un suono all’inizio o all’interno di parole successive.

Dylan Dog.

Nathan Never.

Onomatopea. Attraverso suoni di una determinata lingua riproduce un rumore o un sono specifici.

Boom!

Paronomasia. Accostamento di due parole da suono simile ma dal significato molto diverso.

Volente o nolente.

3. Figure retoriche di significato

Sono tra le più utilizzate (anche in questo caso c’è la tendenza da parte di alcuni autori ad abusarne) e riguardano l’aspetto semantico delle parole dando quindi risalto al significato figurato che non a quello letterale. 

Antitesi. Si accostano due concetti (o parole) contrapposte per dare maggiore enfasi al contrasto stesso.

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

Eufemismo. Consiste nell’utilizzo di un termine (o perifrasi) per attenuarne il carico espressivo di ciò che si vuole dire, perché considerato banale, osceno, violento o anche banale.

Sei un fenomeno.

Metafora. È una figura retorica con cui sostituiamo un termine (o concetto), in una frase, per dare vita a immagini che abbiano una maggiore forza espressiva.

L’esistenza è una serie di note a piè di pagina in un ampio, oscuro capolavoro incompiuto.

Ironia. Si dice il contrario di ciò che si vuole realmente dire, l’idea è di far comprendere – invece – proprio ciò che non si è detto.

Hai proprio fatto una gran bella figura!

Ossimoro. È una figura retorica in cui si avvicinano due figure contrapposte per dare vita a un paradosso.

Silenzio assordante.

Similitudine

Infine, tra le figure retoriche, ci sono anche: litote, sinestesia, metonimia, sineddoche.

Conclusioni

Nella cassetta degli attrezzi di uno scrittore non possono mancare le basi della grammatica, e le figure retoriche appena viste sono molto utili. 

Delle figure retoriche spesso se ne abusa come e peggio dei determinativi, possessivi e avverbi. Mettere un “come” ogni cinque righe non rende un romanzo poetico, ma solo pesante e noioso.

È preferibile usare le figure retoriche con molta parsimonia e solo quando sono strettamente necessarie o servono per dare un effetto specifico in una determinata frase.

Se ad esempio dall’incipit, case editrici o agenzie letterarie, trovano subito una pletora insensata di queste espressioni letterarie, c’è il concreto rischio che smettano subito di leggere il tuo romanzo.

Meglio scrivere in modo semplice, il supporto di un professionista di settore serve a evitare che tu commetta errori tanto facili da evitare quanto deleteri per il tuo manoscritto.

Se sei interessato al servizio di editing o di tutoring puoi scriverci una email all’indirizzo:

info@pennarigata.it

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