La scrittura immersiva, così come la insegnano molti sedicenti esperti di scrittura, sembra più una differenziazione di prodotto che un reale strumento per scrivere meglio.
Scrittura immersiva: definizione, limiti e miti da sfatare
La scrittura immersiva viene spesso presentata come il livello più avanzato della narrativa contemporanea, una sorta di formula magica che dovrebbe garantire ai romanzi un’immediatezza sensoriale unica. In realtà è una tecnica che rischia di trasformarsi in una moda, alimentata da chi cerca scorciatoie facili per vendere manuali o corsi di scrittura.
Il punto centrale non è eliminare gli avverbi o cancellare i gerundi, ma imparare a scegliere ogni strumento in base a ciò che serve davvero alla storia. Le emozioni autentiche emergono dal vissuto dei personaggi e dal conflitto narrativo, non da una sequenza forzata di stimoli sensoriali. Saper riconoscere i limiti della scrittura immersiva permette di evitare omologazione e banalità, valorizzando l’individualità di ogni autore.
Con l’immersiva si porta il lettore al centro della storia attirandolo con strumenti spuntati per farlo immergere nel romanzo attraverso descrizioni preconfezionate. I guru di questo metodo sostengono che sia un livello avanzato della scrittura narrativa necessario per far provare al lettore determinate sensazioni (e non emozioni, sia chiaro).
Viene considerata un tecnica avanzata, così da poter gonfiare l’ego del tordo di turno che cerca qualche scorciatoia per scrivere e pubblicare un romanzo che venda milioni di copie.
Come funziona?
Romanzi scritti con tale tecnica hanno anche un mercato ma il problema, a mio avviso, non sono tanto gli autori da copisteria o gli insegnanti di fuffologia applicata, quanto i lettori. Come vi viene in mente di perdere tempo con schifezze scritte con lo stampino.
Le basi della scrittura immersiva spingono a:
- levare tutti gli avverbi in -mente (anche io non li amo, ma se servono vanno usati),
- cassare i gerundi (ma che gli hanno fatto di male?)
- depennare gli incipit tipici degli autori-meteorologi che iniziano i loro testi con il clima.
Sono considerazioni interessanti, che nella maggior parte dei casi condivido. Quando dei consigli di scrittura si trasformano in dogmi, significa che si vuole standardizzare i romanzi attraverso strumenti giusti ma applicati senza la minima attenzione.
Un incipt in cui l’autore descrive una tormenta di neve, potrebbe servire come essere inutile, ma ogni caso è a sé. Per esperienza, nel 99% dei testi, andrebbe evitato l’incipit meteorologico, non sempre come sostengono gli immersivi.
Cos’è la scrittura immersiva?
Secondo questa tecnica avanzata per grandi scrittoti (nota l’ironia), si deve seguire il dogma dello Show don’t tell sforzandosi di far provare al lettore una serie di sensazioni.
Se il protagonista fa una passeggiata sulla spiaggia si devono mettere in evidenza:
- il profumo di salsedine,
- lo stridio dei gabbiani,
- il rumore delle onde sulla battigia,
- l’affondare nella sabbia e
- le grida di un bambino che si è stufato di questa noiosa pappardella pseudo tecnica della scrittura immersiva.
Scrivere un romanzo è, a mio avviso s’intende, un lavoro di intelletto e volontà che non può stritolare le emozioni e la creatività con regole eccessive. Ci sono norme che è opportuno seguire e necessario conoscere, come per qualsiasi forma d’arte, e solo dopo averle imparate e messe in atto è possibile piegarle alle necessità narrative.
Invece la scrittura immersiva indirizza da subito il modo di scrivere trasformando i romanzi in una sorta di copia/incolla in cui vengono cambiati solo il genere e il nome dei personaggi.
Scrittura immersiva: come funziona davvero e perché non fa la differenza
Negli ultimi anni, la scrittura immersiva è stata proposta come il segreto per coinvolgere il lettore dalle prime righe. I manuali suggeriscono di eliminare incipit meteorologici (concordo), avverbi e gerundi, puntando su sensazioni immediate e descrizioni dettagliate di ambienti, suoni e profumi.
Sono accorgimenti che valgono solo se inseriti in una struttura narrativa solida, in cui ogni dettaglio è al servizio della storia. Il successo di un romanzo non dipende dalla quantità di sensi stimolati, ma dall’intensità delle emozioni e dalla credibilità dei personaggi.
Prima di affidarsi alle tecniche immersive, è meglio dedicare tempo alla lettura di grandi autori e alla comprensione delle dinamiche che rendono unica ogni voce narrativa. In questo modo, si evita di cadere nella trappola dei dogmi e si impara a valorizzare l’autenticità della propria scrittura.
Perché parlano tanto di scrittura immersiva?
Insegnare a scrivere un romanzo, per me, non è possibile. Una persona deve avere prima di tutto passione, significa che ama profondamente leggere e ha quindi divorato centinaia di romanzi di ogni genere.
A volte ci arrivano testi davvero problematici, quando chiediamo all’autore se e quanto legge, la risposta è sì (nello specifico un paio di libri l’anno) oppure sì (solo un genere). Di rado non leggono proprio.
Se non leggi abbastanza i tuoi scritti avranno molti problemi che non risolverai leggendo il manuale gratuito sulla scrittura immersiva o facendo un corso di due ore alla modica cifra di 4.000 euro!
Se non hai talento, non saranno loro a farlo emergere. Anzi, probabilmente distruggeranno anche le tue capacità innate con regole assurde e dogmi neanche fossimo pellegrini del XIII secolo!
A volte sembra che se non scrivi o insegni sta benedetta scrittura immersiva ti verranno a prendere a casa per bruciarti sul rogo come una strega.
Immersione!
Già il termine richiama una condizione liquida in cui non si riesce a respirare. E sappiamo che se non arriva aria, il cervello si annebbia! Ed è ciò che capita ai lettori meno “attenti”, si perdono dietro un modo di scrivere che è facile da leggere perché strapieno di banalità e sensazioni che già conosci.
Chi non ha mai provato il vento sul viso? O il sole che picchia? O la ghiaia che scricchiola sotto i piedi? Sono ovvietà da discount, basta poco per inserirle in un testo con la presunzione di far credere che così verrà fuori la personalità del personaggio, i suoi demoni interiori!
Ma che incredibile cazzata. La psicologia di un personaggio emerge dalle sue azioni (come nella vita), da ciò che dice e come lo dice (i dialoghi sono essenziali) e da passaggi di introspezione che, questa è la parte più complicata, non dovrebbero essere didascalici (infodump).
Chiamale se vuoi… emozioni
La scrittura immersiva è sensoriale e, in determinati momenti della storia, utile. Però non è emozionale ed essenziale. I bei romanzi, i capolavori, non ci restano appiccicati addosso perché ci hanno fatto provare “una carezza” o “l’odore acre della morte”, ma perché ci sono entrati dentro andando a smuovere delle emozioni.
Più scavano in profondità e più ci immedesimiamo e amiamo i personaggi. Le grandi storie a volte sono imperfette e forse per questo ancora più reali, non sono scritte con un metodo (ma con tecnica sì) e non usano banali trucchetti da saltimbanco per abbordare lettori mediocri e privi di spirito critico.
Le belle storie diventano parte integrante del nostro vissuto, quasi le avessimo provate sulla nostra pelle. Non ci mettiamo a piangere per la morte di Artax – il cavallo di Atreyu ne “La storia infinita” – perché l’autore ci ha fatto sentire il vento nei capelli quando galoppava.
Abbiamo pianto perché ci siano immedesimati in Atreyu, abbiamo provato le sue stesse emozioni perché l’autore le ha provate ed è riuscito, con tecnica ed empatia, a trasmetterle portandole sulla pagina.
NB: mi riferisco alla scena descritta nel romanzo che è mille volte più drammatica della scena mostrata nel film.
Non ha usato la tecnica immersiva, se lo avesse fatto il romanzo sarebbe stato l’ennesimo polpettone insipido come la maggior parte dei testi che escono da corsi e scuole di scrittura. Nessuno può insegnarti a scrivere, l’unica cosa che puoi fare è provarci (dopo aver letto centinaia di romanzi) e anche se molti venditori di corsi potrebbero essere convinti di ciò che fanno, il risultato dei loro sforzi sono libri facili e troppo simili tra loro.
Perché la scrittura immersiva non basta per scrivere romanzi indimenticabili
Limitarsi alle tecniche della scrittura immersiva può risultare fuorviante, soprattutto per chi aspira a lasciare un segno nel lettore. Una buona storia rimane nella memoria non per le sensazioni descritte, ma per la profondità delle emozioni trasmesse.
Il rischio di affidarsi a formule preconfezionate è quello di perdere di vista il percorso del personaggio, i loro ostacoli e le contraddizioni che affrontano. La scrittura immersiva può essere uno strumento tra tanti, ma non rappresenta mai la soluzione definitiva per chi cerca di scrivere opere autentiche e personali.
Ho provato a guardare i video di due noti “guru” della scrittura immersiva, e devo dire che concordo pienamente con quanto scritto sopra. Siamo davanti a una vera e propria bolla, una moda del momento, dove il solito guru sale in cattedra e dichiara che tutto ciò che non segue le sue regolette è spazzatura. Come se secoli di letteratura potessero essere buttati nel cesso solo perché non rispettano i dogmi stilistici dell’ultima trovata.
La maggior parte di chi pubblica non sa scrivere, questo è evidente, ma la risposta non può essere un minestrone di prescrizioni infarcito di statistiche e finti richiami alle neuroscienze, come se parlassero di pane e salame. Anzi, proprio il modo in cui ostentano questi argomenti ti fa capire quanto sia aria fritta il contenuto dei loro corsi. Manca solo che tirino fuori la fisica quantistica, e il kit del fuffaguru è al completo.
Inutile specificare che mi riferisco al sedicente Nobiluomo e al sedicente Professore.
So bene a chi ti riferisci, magari un po’ ci credono davvero (solo un po’). Una tecnica non può essere la soluzione per scrivere dei grandi romanzi. Speriamo che la bolla esploda il prima possibile, ma sono pessimista a riguardo, soprattutto vedendo come stanno usando le IA case editrici, autori e saltimbanco vari.
Salve. Da quando ho ricominciato a scrivere mi sono imbattuto anche io nei “guru” di cui parli e in questa nuova moda di scrittura spacciata per dogma e usata spesso per vendere corsi e spillare soldi a chi non ha né arte né parte ma per qualche motivo vuole scrivere libri. Bisogna anche fare dei distinguo, perché tra questi guru ci sono persone serie, preparate e ragionevoli ed altri totalmente esaltati, quindi non metterei tutti nella stessa barca. Detto ciò, fino a poco tempo fa avrei concordato con tutto con quello scrivi, ed in gran parte sono ancora di questa idea. Qualche mese fa ho però fatto un atto di umiltà e uno di questi manuali di scrittura trasparente (il termine immersivo proprio non mi piace) li ho comprati e… devo dire mio malgrado che da imparare ce n’è. Non per scrivere libri “fotocopia” ingabbiati nel noioso mare di sensazioni che descrivi, ma per fare chiarezza su alcuni elementi che rendono la prosa più chiara. Ripeto, ho cominciato la lettura pieno di pregiudizi ma devo dire che un paio di trucchi li ho imparati, alcune “regole” le avevo già interiorizzate passivamente tramite la lettura ma vederle esplicitate aiutata a ragionare. A tutti gli scrittori servirà ad un certo punto scrivere una scena “ad alta temperatura”, di azione, e in quel caso il decalogo degli “immersivi” può aiutare. Che ci fosse una teoria della focalizzazione del punto di vista davvero non lo sapevo ed è un’arte più sottile del previsto. Continuo anche a pensare che a volte questi corsi di scritttura trasparente facciano più danno che altro, dal momento che gli studenti di questi guru (basti vedere i video di editing di cui youtube è pieno) si focalizzano all’estremo sul padroneggiare (male) la tecnica in questione, dimenticandosi totalmente di scrivere qualcosa di interessante, personale, insomma, senza porsi la domanda del “cosa” e del “perché” scrivere. Cosa ne pensi?
Rimango dell’idea che i corsi siano quasi tutti fuffa a cui cambiano nome solo per fare marketing. Le cose che spacciano per verità assolute possono anche funzionare, in specifici casi, ma scrivere – a mio personale avviso – non è seguire regolette, ma prima di tutto avere qualcosa da dire. In tanti si stanno ribellando alla omologazione della scrittura causata da corsi (ormai li fanno tutti) ed editor “formati” in queste scuole. Stanno rendendo i romanzi tutti uguali, privi di cuore e della voce degli autori che ormai è solo un sussurro gracchiante. Un orologio rotto, due volte al giorno, segna l’ora giusta, quindi sì, nei corsi di scrittura dicono anche cose giuste.
Sul fatto che i romanzi scritti in scrittura trasparente/immersiva spesso sembrino tutti uguali (e a mio gusto fanno suonare più infantile il punto di vista) sono super d’accordo. Rimango di fatto un detrattore di questo stile di scrittura e ancora più dell’assurdo fanatismo con cui alcuni lo professano, il mio commento era più che altro per condividere un’esperienza personale dove oggettivamente la lettura di un manuale mi ha dato degli spunti utili (quantomeno gli immersivi sono molto tecnici e pratici nei loro consigli che si può scegliere se è quando applicare, altri manuali – magari sono io che non conosco quelli buoni – restano molto filosofici e astratti).
Qualche consiglio è giusto, ma andrebbero sempre contestualizzati in base al genere del romanzo, alla scena o al personaggio. Se una persona è in grado di farlo, tanto meglio. Magari gli “immersivi” hanno ragione e io ho torto e non ci capisco nulla, per ora resto dell’idea che manuali e corsi possano servire al massimo come base di partenza (nella migliore delle ipotesi). Allo stesso tempo possono fare molti danni, e di autori che ne hanno risentito ne ho avuti molti. Probabilmente hai superato l’entry level e sei stato in grado di filtrare le informazioni per trovare quelle più adatte al tuo modo di scrivere.
Che poi prima di imparare uno stile bisognerebbe avere “qualcosa da dire” e un minimo di predisposizione (chiamiamolo talento per l’atto della scrittura, “voce” o come volete), anche su questo non ci piove. Non a caso i venditori di pentole… ops di corsi si scrittura trasparente non ne parlano mai
Esatto! Sarebbe un argomento molto interessante da affrontare prima di vendere un corso, ma gli costerebbe troppa fatica e il rischio di perdere clienti.