Orami sembra che se non metti un Cliffhanger alla fine di ogni capitolo, indipendentemente dal genere, il tuo romanzo è considerato soporifero. Ma perché accade?
L’attenzione delle persone è quasi azzerata
Le serie tv hanno fatto danni, coadiuvate dall’uso eccessivo dei cellulari. Fermi, non penso che la tecnologia sia il male assoluto e sono dell’idea che sarà la tecnologia a salvarci, se utilizzata bene. L’intelligenza artificiale orami fa parte del nostro mondo e a breve cambierà anche la scrittura di romanzi.
Per quanto dicano molti, più che altro per fare contatti e prendere like, l’IA ancora non riesce a scrivere meglio di un mediocre autore, di sicuro è utile per essere più efficienti e anche per fare una prima valutazione dei romanzi che arrivano alle agenzie letterarie o alle case editrici.
Tornado al Cliffhanger, se si chiede all’intelligenza generativa di aggiungerne qualcuno alla fine dei capitoli, offrirà alcune ipotesi potenzialmente valide perché orami tarata e addestrata con una montagna di testi moderni che sono farciti di sospensioni narrative.
Ma perché se ne devono inserire tante. Per via delle nuove tecnologie che sono una fonte di distrazione incredibile e che porta le persone (più sono giovani e peggio è), a seguire con poca attenzione ciò che stanno facendo/vedendo. Ormai si vede un film con il cellulare in mano scorrendo le notifiche o i feed, e capita anche quando si va al cinema che un paio di file più in là il deficiente di turno stia tutto il tempo con il telefono in mano.
Gli editori hanno risolto il problema della distrazione dei lettori spingendo gli autori a farcire e rendere ansiogeno ogni maledetto romanzo per paura che perdano interesse. Romanzi orribili, ma pieni di Cliffhanger, sono spesso considerati belli perché l’unico parametro con chi li si valuta è, appunto, la presenza di sospensioni narrative.
Cliffhanger, detto anche sospensione narrativa
Il Cliffhanger nei romanzi è una tecnica narrativa importante perché è in grado di mantenere l’attenzione del lettore stimolata e curiosa nella lettura dell’opera. Questa tecnica consiste nell’interrompere la narrazione in un momento cruciale, lasciando il lettore con una sensazione di incertezza e desiderio di sapere cosa accadrà dopo.
Lo si usa principalmente alla fine di un capitolo, per far sì che il lettore si senta spinto a continuare, ma può anche essere utilizzato durante la narrazione, per aggiungere suspense e tensione all’opera.
Può essere usato in molti modi diversi, ma l’obiettivo principale è di tenere il lettore interessato e coinvolto nella storia, ma anche per:
- creare un senso di suspense e di mistero,
- imprimere un senso di urgenza nella storia,
- spingere il protagonista a fare del suo meglio o in generale a mettersi in gioco,
- può essere usato per creare un senso di anticipazione e di attesa.
Il Cliffhanger è una tecnica narrativa importante perché consente agli scrittori di mantenere l’interesse del lettore durante la lettura dell’opera, creando una tensione emotiva che lo spinga a voler continuare per scoprire il finale.
Cosa significa?
Cliffhanger significa letteralmente “restare appesi” e viene utilizzato come espediente narrativo in molti ambiti come nella letteratura, nel cinema e soprattutto in serie Tv e fumetti.
Il “finale sospeso” nel quale la narrazione della storia si blocca letteralmente creando una forte suspense. Spesso è un’interruzione violenta – dopo un colpo di scena – che accresce il desiderio di sapere come andrà a finire. Tipico è l’utilizzo del Cliffhanger a fine puntata (se si parla di serie o anche fumetti) o di un romanzo che avrà dei sequel (es. le classiche saghe fantasy).
La Marvel in ambito cinematografico ha usato (e forse abusato) di tale tecnica, aumentando vertiginosamente l’interesse e la curiosità degli spettatori. Hanno strutturato più film uniti da un filo sottile che si stringeva sempre più fino a giungere al classico “scontro finale” all’apice del climax.
Il Cliffhanger nei romanzi
Come visto si può utilizzare questa tecnica narrativa alla fine di un volume, così da invogliare il lettore ad acquistare il seguente. Ma non basta lasciarlo “appeso” , è necessario muoversi a livello emozionale per colpirlo nel momento opportuno.

Perché non è una tecnica narrativa sbagliata, come lo Show don’t tell non è la risposta per ogni scena, dipende dal:
- momento,
- genere del romanzo,
- da cosa si vuole suscitare nel lettore,
- dal ritmo della narrazione.
Il problema di ogni tecnica di scrittura è l’abuso, diventa una droga, si arriva a esagerare solo per avere sempre di più (in questo caso suspense e curiosità). La scrittura immersiva, che è a torto diventata la stella polare della letteratura fantasy, straborda nei romanzi moderni e rende fasulle, posticce e poco emozionanti storie che, magari, sarebbero pure discrete.
Non si dovrebbe abusare, a mio avviso, di espedienti di questo tipo e neanche focalizzarcisi meccanicamente. Si rischia di creare delle montagne russe emotive che durano tutto il romanzo e, a meno di geni letterari, una esperienza del genere provocherà la nausea nel lettore.
Servono anche momenti di calma, di riposo in cui il lettore può metabolizzare quanto accaduto a livello logico ed emotivo. Nella vita è raro, se non impossibile, che ci siano solo accadimenti di nota, come anche in un’avventura fantasy. Spazi nei quali i personaggi mangiano, parlano tra di loro e si conoscono.
Come inserire i Cliffhanger nella tua storia
In ogni romanzo ci dovrebbe essere qualche Cliffhanger (magari piccolo), per spingere il lettore ad andare avanti. Non solo nei testi in cui c’è azione, perché un Cliffhanger può valorizzare anche un romanzo di narrativa in cui il protagonista scopre qualcosa sulla madre.
Cosa scopre?
Ecco, questo è un minuscolo Cliffhanger. Nei romance accade spesso dopo il primo bacio, incontro, litigio o simili. E un po’ ce lo aspettiamo!
I due si baciano dopo mezzo romanzo in cui si inseguono, litigano e flirtano ma lui le dice che…
Eccone un altro. Se ne inseriscono tanti, alcuni senza neanche rendersene conto ma è essenziale studiare dove tramortire il lettore lasciandolo appeso non a due metri da terra, ma a duemila!
In generale i Cliffhanger piccoli non sono essenziali. Meglio inserirne pochi e molto forti al momento giusto. Per capire quando farlo basta osservare il romanzo “dall’alto” e segnare i passaggi dove ci sono dei colpi di scena, e lì lasciare il lettore appeso.
Si passa a un nuovo capitolo, o paragrafo, focalizzandosi su un altro personaggio – magari il cattivo – così che il lettore si costretto ad andare avanti per sapere.
Il concetto di aspettative
Un buon romanziere è obbligato a creare aspettative, se un lettore non ha voglia di sapere cosa accadrà, è un lettore perso. Generare curiosità, spingerlo a continuare senza mai fermarsi è il Santo Graal della scrittura e in pochi lo sanno fare davvero bene.
Perché Il Codice da Vinci ha avuto un tale successo? Credo che il vero punto di forza di quel testo siano le infinite aspettative che Dan Brown genera nel lettore innescando un page turning devastante.
Tu lettore vuoi sapere la verità!
Un romanzo efficace si costruisce sulle aspettative. Senza attesa, senza la voglia di scoprire cosa succederà dopo, la narrazione si spegne. La scrittura moderna, sempre più influenzata da piattaforme digitali, modelli narrativi seriali e algoritmi, si muove su questo principio: stimolare continuamente l’attenzione.
Cliffhanger, anticipazioni, segreti, misteri nascosti nei dialoghi o nei dettagli sono strumenti utili solo se inseriti con intelligenza. Le AI già analizzano migliaia di testi per intercettare i meccanismi che generano coinvolgimento. E i romanzi più visibili, quelli che circolano meglio anche tra le selezioni automatiche di agenti ed editori, sono quelli in grado di mantenere vive le aspettative dall’inizio alla fine.
Cliffhanger e aspettative, un equilibrio necessario
Quando leggiamo un romanzo, la prima cosa che ci aspettiamo è essere coinvolti. Non importa il genere o lo stile narrativo, un buon libro deve creare nel lettore un senso di attesa.
Le aspettative fanno parte del meccanismo stesso della narrazione:
- vogliamo sapere cosa accadrà,
- se il protagonista supererà gli ostacoli,
- quale segreto si nasconde dietro i comportamenti ambigui dei personaggi,
- le motivazioni e
- il conflitto narrativo,
- …
Costruire aspettative significa saper:
- dosare le informazioni,
- seminare indizi,
- trattenere le risposte e
- alimentare il desiderio di scoprire la verità.
Ogni lettore si avvicina a un romanzo con aspettative precise e, se deluse, abbandonerà la lettura.
Conclusioni
Il “lasciare appesi” è uno strumento utile, essenziale per determinati generi anche se si deve imparare a usarlo e a non abusarne.
Il Cliffhanger è una tecnica narrativa utilizzata in romanzi, serie televisive e film che consiste nel porre un finale aperto o sospeso, lasciando il lettore o lo spettatore in attesa di una risoluzione o di una continuazione della trama. In pratica, il Cliffhanger crea una situazione di tensione e incertezza, spingendo il pubblico a continuare a seguire la storia per scoprire cosa accadrà. Questa tecnica è molto utilizzata nei generi thriller, fantasy e fantascienza.
Consiglio, se nel tuo testo c’è un prologo, di ragionare se inserirci un Cliffhanger. Il fine è duplice:
- generare curiosità nel lettore,
- e nell’editor di romanzi o negli agenti editoriali.
Li incuriosirai a tal punto da proseguire nella lettura e, nel secondo caso, potrebbe aprirti le porte per pubblicare il tuo romanzo.
Quando la mia mente era ancora onnivora m’imbattei in due libri che adottai come padri adottivi: “Gorky park” di Martin Cruz Smith (BUR) e “Flight of the intruder” di Stephen Coonts (Sperling & Kupfer).
Erano libri lontano anni luce tra loro ma un punto in comune c’era: la storia personale del protagonista. il primo, Arkady Renko, un commissario della polizia metropolitana di Mosca alla deriva, il secondo il tenente pilota Jake Grafton (l’autore) della US Navy, durante la guerra in Vietnam, al bivio tra una vita costantemente in pericolo e voglia di tornare a essere solo un uomo. Due figure al limite, due modi di appassionare il lettore, due romanzi costruiti con tale enfasi e cura al punto da spingere il lettore a sostituirsi al personaggio e porsi le stesse domande.
Ho sempre voluto, nel mio infinitamente piccolo, tentato di agire sulle stesse chiavi, a mio avviso veri e propri lacci, che fanno della lettura un raro momento di condivisione e non è una missione impossibile.
Un personaggio vero, che vive attraverso la mente dei lettori e interagisce con la trama, è l’arma vincente di ogni romanzo.
Come riuscirci? Non è facile, ma credo di avere scoperto un metodo efficace: essere camaleontico, adattare cioè sé stessi a nuovi equilibri, una nuova vita.
E stare ad ascoltare, stando pronti con la penna.
Prima d’iniziare a poggiare le dita sulla tastiera, come per ogni piano di guerra, bisogna stabilire alcuni punti fermi e i miei li discussi con un mio amico e collega psicologo, il quale mi diede in dono l’immagine del “mixer”.
“Come sara’ il tuo personaggio? Riflessivo? Ingenuo? Cosa ricorda dell’infanzia? Ognuno ha un’impostazione diversa di quei potenziometri che determinano le reazioni.”
Il discorso continuava sull’irrazionalità e mille altri effetti e interazioni ma il succo è questo.
Con questo sistema non è difficile ritrovarsi sul ponte di un veliero, in un’auto della polizia di Houston o a cavallo di un cammello creando in tal modo un ponte di congiunzione tra il lettore e il personaggio.
Dopo questa empatia arriva tutto il resto perché è più tecnico e calibrato, pensato per ottenere un effetto.
Raccogliere informazioni, innaffiare l’idea al punto da trovare i cardini del romanzo e lasciarsi andare.
Nulla di nuovo, nulla di impossibile, nulla di reale, ma vero più del vero.
È l’arte del prestigiatore.