Si può vivere di scrittura?

Si può vivere di scrittura? In pochi ci riescono, nella maggior parte dei casi sono costretti ad avere un lavoro più “sicuro”, visto che i guadagni per le vendite di un romanzo non sono elevati. Per saperne di più a riguardo puoi leggere l’articolo su quanto guadagna uno scrittore.

Di solito si inizia a scrivere quando si ha già un lavoro e con il tempo si prova a fare una sorta di transizione, aumentando il tempo dedicato ai propri testi, e diminuendo l’altra occupazione. 

A un certo punto, però, sarà necessario prendere una decisione:

  1. viverlo come un hobby o
  2. focalizzarsi solo sullo scrivere?

Entrambe le opzioni sono valide, ma serve consapevolezza. 

Se diventa un hobby, allora aspettative e risultati dovranno essere proporzionati all’impegno. Sperare di vendere 10.000 copie quando si lavora su un romanzo solo il sabato, a meno di casi eccezionali, è impensabile.

Se sai come scrivere un libro, allora saprai che si tratta di un vero e proprio lavoro che ti obbliga a una ferrea disciplina, orari precisi e organizzazione del lavoro. 

Si può vivere di scrittura? Dipende!

Dipende. Prima di tutto da dove vivi (o in generale dalla lingua in cui scrivi). In Italia solo una minuscola percentuale di autori vivono grazie alla vendita dei loro romanzi.

Le cifre non sono note, ma non più dell’1% degli scrittori. Gli altri, come vedremo in seguito, sono costretti a inventarsi altre strade per poter continuare a fare ciò che gli piace.

All’estero, soprattutto nei Paesi anglosassoni e Nord Europa, il mestiere dello scrittore ha una sua dignità economica, perché lì i libri li leggono! Basta vedere come è andato il mercato del libro 2018 in Italia.

Meglio non pensare a scrivere in italiano per poi farsi tradurre, i costi sono esorbitanti, i tempi lunghi e poi si devono conoscere le case editrici straniere alla perfezione.

Si può vivere di scrittura? Quanto si guadagna?

Il problema è che in molti non sanno quanto guadagna uno scrittore in percentuale per ogni copia venduta. 

Mettiamo che un libro venga venduto a un prezzo di copertina di 10 euro. Senza entrare troppo nella catena del valore, un 50-60% finisce nelle tasche del distributore (può variare ma non di tantissimo).

Diciamo che resta un 40% che va ripartito tra editore, produttore (chi fisicamente stampa il libro, comprensivo quindi materie prime) e autore. 

Nelle tasche dello scrittore finisce una quota che varia dal 4% fino al 10% (in casi rarissimi) del prezzo di copertina. 

Semplificando è meno di 1 euro a copia (di solito siamo sui 50-60 centesimi), su cui vanno pagate le tasse. 

Un romanzo che riesce a vendere più di 1.000 copie fa un buon risultato. A 5.000 è ottimo. E quindi, se uno scrittore riesce a pubblicarne due all’anno (anche questo caso difficile), mette in tasca di media 10.000 euro lordi.

Partendo dal presupposto che riesca a fare 5.000 copie l’uno, che sono risultati davvero ottimi.

Si può vivere di scrittura, quindi? Certo, però si deve arrivare a vendere, in linea di massima, circa 20.000 copie di libri l’anno per avere l’equivalente di uno stipendio medio.

Come fanno a sopravvivere tutti gli altri scrittori?

Anche qui dipende! Ma da ciò che si desidera e si vuole fare. Chi scrive e pubblica lo fa per due ragioni:

  1. Ego.
  2. Amore per la scrittura.

Nel primo caso abbiamo tutti quelli che puntano a dire:

Ho scritto un romanzo.

Lo regalano a parenti e amici, ma non hanno una grande passione. Disposti a tutto pur di vedere le loro “opere” trasformarsi in romanzi.

Conosco una ragazza che ha “pubblicato” con una casa editrice a pagamento, e mi ha confidato di non aver mai letto un libro. Se non ti pubblicano è perché il tuo romanzo è orribile, c’è poco da dire.

Poi ci sono quelli che, per fortuna, amano davvero scrivere (e leggere che aiuta a scrivere meglio). Sono i veri amanti di questa arte e desiderano raccontare storie e suscitare emozioni.

Ma se con la scrittura non si vive (quasi mai), come fanno? Semplicemente fanno un secondo lavoro. Alcuni un part-time, altri a tempo pieno e si ritagliano i loro spazi per scrivere con molta fatica e dedizione.

Perché il sacrificio è necessario, in Italia, se si desidera scrivere e far sentire la propria voce agli altri.

Ti racconto la mia esperienza

Da sempre scrivo e amo farlo. Non è solo una passione ma un vero e proprio bisogno. Ho fatto decine di lavori poi, dopo la laurea in Economia e un Master ho aperto una mia società nel petrolchimico, e in seguito un’altra nella consulenza per le aziende.

Lo facevo, mi piaceva anche, eppure sentivo un richiamo: scrivere. Nel 2006 venne pubblicato il mio primo romanzo con una piccola CE, i guadagni furono pochi ma capii che era ciò che desideravo.

Adesso, dopo anni, ho sperimentato vari modi per guadagnare con la scrittura:

  • Web-copywriting. Scrivo articoli per blog e siti al fine di aumentarne il numero di contatti. 
  • Collaboro per sceneggiature teatrali proponendo soggetti e non solo.
  • Ho scritto recensioni, articoli per riviste e giornali.
  • Dopo tantissimi anni in cui sono stato editato, ho studiato molto e scritto e letto ancora di più, faccio editing di romanzi che vogliono diventare veri libri.
  • E poi ci sono i romanzi. Dalla piccola CE editrice che ha creduto in me, sono riuscito a fare il salto e ora pubblico per due importanti realtà come la Newton Compton editori.

Purtroppo si deve essere social

Purtroppo. Alcuni saranno felici di spammare senza sosta i loro romanzi, recensioni (spesso finte e plastificate) o articoli vari sui loro canali personali.

Noi di PennaRigata non amiamo farlo, a eccezione della pubblicità per l’editing del romanzo e la dei valutazione manoscritti. Ma anche come autori non amiamo troppo investire tantissime ore su foto, video e compagnia cantante: uno scrittore dovrebbe scrivere, in primis.

So che in tanti sosterranno che se nessuno ti conosce, allora nessuno ti leggerà. Ma una cosa è voler appagare il proprio ego con un presenzialismo triste e malsano, altro è fare una comunicazione sana ed equilibrata.

Ci sono cricche di bookblogger  e bookstagrammer con tanti amici pseudo scrittori, scribacchini che hanno tanti like ma poche vendite, perché accade?

Un buon libro trova sempre la sua strada, lo ripeteremo come un mantra. Un libro brutto, anche a fronte di tanto clamore mediatico e sovraesposizione social, resterà brutto.

A nostro avviso è meglio investire gran parte del proprio tempo sulla:

  • lettura e
  • scrittura.

Perché sei vuoi diventare uno scrittore, questi sono i tuoi strumenti essenziali. Poi potrai dedicare del tempo ai social ma senza esagerare. Chi non ha il minimo riscontro sulla vendita dei propri romanzi, è molto presente su Instagram e Facebook.

Se un autore, anche che ha pubblicato con una CE seria e importante, fa il prezzemolino – il più delle volte – è spinto dai pessimi risultati di vendita. Quindi va bene essere social, ma non a scapito del leggere e dello scrivere.

E poi ricorda che i social incidono al massimo sul 10-15% delle vendite, il resto lo fanno la presenza in libreria e soprattutto il passaparola che è generato e spinto da un unico fattore: la qualità del testo.

E TikTok?

Una parola a parte, in questo momento, la merita TikTok. Si tratta di un social in cui vengono postati solo video. La maggior parte – se non tutti, ma siamo di parte – degni di una pigna matura.

vivere di scritturaMettendo da parte il nostro giudizio personale, dobbiamo ammettere che per alcuni specifici libri e generi, offre delle opportunità di vendita davvero clamorose. 

Basti pensare a “Il fabbricante di lacrime” che, trascinato da alcuni “influencer” e fan, da mesi è nella Top3 delle vendite in Italia superando le 400.000 copie vendute. 

Riuscire a inserirsi in questo social, e ottenere risultati apprezzabili, è molto complicato. In molti hanno tentato, fallendo. Le sue dinamiche sono troppo “fluide” e caotiche perché si tratta di  un fenomeno per giovanissimi che sono, per natura, imprevedibili.

Si può vivere di scrittura: conclusioni

Credo sia chiaro che si possa vivere di scrittura solo in rarissimi casi. Non è un mestiere semplice, è ricco di insidie. Da una parte si è liberi professionisti ma legati a delle aziende.

L’unica strada, a meno di successi clamorosi e inaspettati, è quella di affiancare la scrittura ad altri lavori che siano, si spera, più stabili e certi.

Oppure, se si acquisiscono le giuste competenze negli anni, rimanere nel settore svolgendo ruoli e attività differenti ma complementari. Ad esempio conosco molti traduttori, oltre a editor, correttori di bozze.

Si può vivere di scrittura? Sì, certo.

Si può vivere solo con i propri romanzi? Sì, ma è raro che accada.

2 commenti su “Si può vivere di scrittura?”

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