Sembra che l’editoria abbia un’idea del lettore di romanzi molto poco lusinghiera. Non lo dico da professionista che sta dall’altra parte della barricata, ma come lettore che si confronta con i propri “simili”.
Chi legge si è un po’ stufato di essere considerato un bancomat per editori che buttano sul mercato robaccia preconfezionata. Le recensioni che trovo sulla stampa di settore e non, sono quasi sempre entusiaste, ma i feedback che mi danno i lettori sono spesso molto differenti.
Il seguente articolo si basa sulle mie esperienze personali, non vuole essere la “verità”, purtroppo vengono fatte pochissime analisi di mercato in questo settore e sono per lo più frammentate e che offrono una visione d’insieme senza andare nello specifico, sul campo.
Il “lettore di romanzi” secondo l’editoria
Chi legge romanzi è un po’ nerd con qualche punta di asocialità e fa parte della popolazione occidentale consumista che compra ogni cosa il dio marketing gli ordini.
Sembra una setta! Ci manca solo un santone che attira a sé ogni forma di venerazione e adorazione (fosse il denaro?) per averne creata una. Vabbè, ormai siamo un po’ tutti adepti, ma ci sono dei limiti su quanto si è manipolabili.
Preconcetti e stereotipi
Sembra che editori e agenzie letterarie siano convinti di poter rifilare al lettore qualsiasi libro, senza badare poi molto alla qualità. In fin dei conti chi legge è solo, un po’ sfigato e quindi facilmente manipolabile.
La gente fa delle scelte politiche pessime, guarda programmi spazzatura e legge romanzi che abbiano una buona dose – in varie percentuali – di:
- sesso,
- tradimenti,
- unicorni,
- cuoricini,
- omicidi efferati,
- violenza su minori,
- serial killer di ragazze,
- pistolotti pseudo morali e…
- … tante altre cose.
Ma da sempre non ci sono questi elementi nei romanzi? L’Iliade parla di un paio di corna niente male. Però il lettore è un po’ tonto e si accontenta che ci siano certe tematiche, poi della forma o della sostanza non gliene importa nulla.
In più è ingenuo e legge per evadere da una vita noiosa o brutta. È una persona che non ha altri hobby, quindi non può boicottare i romanzi, che farebbe nel tempo libero?
I lettori di romanzi sono davvero così?
I lettori di romanzi, vista la loro natura, hanno qualche possibilità di innescare un un pensiero grazie ai libri. Leggere fa bene, lo sostiene la scienza. Non sono ingenui né tantomeno poveri sfigati senza uno straccio di amico.
Gli stereotipi che ho appena abbozzato non sono molto realistici e, in caso, tratteggiano una parte di persone la cui situazione non dipende di certo dal fatto che amino i romanzi. Al contrario, leggere è un modo per evadere ma anche per aprirsi al mondo grazie all’empatia e alla cultura.
Non si legge perché si è soli senza nulla da fare, si legge semplicemente perché si ama farlo. Davvero esiste qualcuno che crede ancora alla storiella del lettore sfigato? Purtroppo sì, specialmente quei manager e direttori che stanno nelle CE e che non sono proprio dei grandi lettori. Il vero mistero è come facciano, sti tipi, a occupare certe cariche.
Chi è davvero il lettore di romanzi
Uno dei principali problemi dell’editoria italiana, secondo la mia esperienza, è la mancanza di competenze aziendali che permea l’editoria da troppo tempo. Fino agli anni ’80, l’editoria italiana riusciva a reggere grazie alla qualità di chi lavorava in azienda ed era capace di fare scelte oculate e qualitative.
Da allora il mondo ha decuplicato la velocità di azione e decisionale e ci siamo ritrovati con persone, magari brave nel loro, ma non aggiornate e soprattutto prive di competenze gestionali moderne .
La dimostrazione è la mancanza di veri e propri studi di settore e di profilazione del cliente-lettore. Si trovano informazioni frastagliate e poco efficaci per comprendere davvero il mercato dei libri.
Segmentazione per intensità di lettura (AIE + ISTAT)
1. Lettori forti (≥12 libri/anno):
- 5–7% della popolazione
- Prevalentemente donne, laureate, tra i 35 e i 54 anni
- Vivono soprattutto al Centro-Nord
- Leggono anche e-book e audiolibri, usano social per cercare libri
- Alta fidelizzazione verso autori, editori, collane
- Acquisto ricorrente, anche online
2. Lettori medi (4–11 libri/anno):
- 16–18%
- Profilo misto, ma ancora a prevalenza femminile
- Spesso diplomati o laureati brevi
- Leggono per passatempo, ma senza continuità
- Acquisti occasionali, spesso legati a consigli, regali, media
3. Lettori deboli (1–3 libri/anno)
- Circa 45–50% di chi legge
- Molti uomini, over 55, o giovanissimi
- Bassa scolarizzazione
- Leggono per curiosità estemporanee, raramente comprano
4. Non lettori (0 libri/anno)
- Circa 55–60% della popolazione italiana (dato 2023 AIE)
- Più diffusi al Sud, tra gli uomini e i bassi livelli d’istruzione
- Non frequentano biblioteche, non ricevono stimoli familiari o scolastici
Profilo del lettore tipico di romanzi (fonte AIE + Giornale della Libreria)
Da quanto ho visto, il settore editoriale si muove con una profonda causalità, programmazione e indagini di mercato sono parole poco usate. Non sostengo che ogni singolo editore non provi a usare questi strumenti, ma posso affermare che in tanti non sanno neanche di cosa stanno parlando.
Fanno scelte basandosi sul sentito dire sui social, su chiacchiere al bar durante le fiere o perché all’estero va forte un genere allora sono pronti a replicare il fenomeno in Italia. Com’è possibile che un popolo di innovatori e inventori come il nostro, non sia in grado di esportare neanche un nuovo sottogenere letterario?
Ipotizzo che sia dovuto alla mancanza di conoscenze di mercato e di propensione al rischio.
Profilo tipico del lettore di romanzi:
- Donna, 35–54 anni, laureata.
- Vive in area urbana del Centro-Nord.
- Legge narrativa italiana e straniera.
- Scopre libri da social, passaparola, giornali culturali.
- Acquista sia in libreria fisica che online.
- Utilizza anche Kindle/e-book reader.
- Apprezza la serialità (es. saghe o autori ricorrenti).
- Frequenta librerie e biblioteche, partecipa a eventi (es. fiere, firmacopie).
Canali d’acquisto:
- Librerie fisiche: 53%.
- Online (Amazon e altri): 38%.
- Fiere o mercatini: 9%.
La scoperta avviene tramite:
- Social (Instagram, TikTok): in forte crescita tra <35.
- Passaparola.
- Suggerimenti editoriali, classifiche.
Gli editori rischiano di sottovalutare i lettori
Ogni semestre vengono prodotti report sullo stato dell’editoria italiana, per dirci che va le vendite sono in calo, il settore è in crisi e che non si legge più in Italia. Ma cosa dicono del lettore?
Perché di noi, mi ci metto anche io, sanno davvero poco. Pensano che siamo disposti a ingurgitarci qualsiasi schifezza ci propongono. Prima di tutto leggiamo invece di fare altro, è una decisione che comporta la scelta del modo con cui vogliamo utilizzare il nostro tempo libero (e denaro, visto i prezzi indecorosi che hanno raggiunto i libri).
Non è mia intenzione creare un Partito dei lettori, non sono un comico né un buffone, quindi avrei poche possibilità di essere eletto. Ma vorrei che gli addetti di settore si rendessero conto che l’approccio “aziendale” che hanno è poco lusinghiero nei confronti dei loro clienti e anche poco lungimirante.
L’editoria è in crisi perché la gente non legge più. È vero, ma non è la causa della malattia, è un sintomo. Vengono proposti romanzi sempre meno curati, tutti uguali (colpa di scuole di scrittura, editor…) e che non possono competere con forme di intrattenimento come lo streaming e i videogiochi.
La soluzione non è abbassare i costi sperando che ricavi non diminuiscano troppo così da avere comunque un utile, perché prima o poi non si potrà tagliare più nulla se non gli stipendi di chi gestisce le case editrici.
Cosa si potrebbe fare?
Provo a buttare giù una lista, non esaustiva, di modifiche funzionali alla rinascita dell’editoria italiana:
- migliorare la catena distributiva,
- scegliere meglio (per farlo si deve investire in persone capaci),
- implementare la AI con giudizio e non a caso come capita di frequente,
- fare vere ricerche di mercato,
- dare vita a gruppi d’impresa,
- aumentare la propensione al rischio,
- differenziare i prodotti,
- miglioramento del packaging,
- social media manager che sappiano fare il loro lavoro e che abbiano più tempo da dedicare a ogni singolo progetto,
- formazione di editor che non siano impiegati,
- scelta di autori non perché hanno una grande base social, ma perché sanno scrivere,
- valorizzazione del talento e della diversità di pensiero,
- comportamenti più simili a quelli delle CE straniere (che rispondono a chiunque mandi un manoscritto),
- sinergia più cristallina e professionale con scout e agenti,
- distinzione più netta tra scuole di scrittura e case editrici (oggi, in alcuni casi, sembrano un’unica cosa…),
- …
Sono giusto un paio di proposte buttate lì…
Gli editori potrebbero iniziare con l’implementazione di strategie più centrate sul loro cliente: il lettore di romanzi. Ma per farlo serve conoscerli.
Ciò che possono fare i lettori, al contrario, è avere un comportamento d’acquisto più razionale e ignorando libri che hanno vinto concorsi (perché non sono particolarmente cristallini o meritocratici); che sfoggiano una bandella gialla con su scritto ciarlatanerie come: “Un romanzo potente”; o che sono osannati dalla critica e ricevono recensioni entusiastiche sulle più importanti testate (online e non).
Andare controcorrente e farsi sentire è l’unico strumento che ci rimane per salvare i nostri tanto amati libri.