Errori più comuni nei dialoghi

Gli errori più comuni nei dialoghi compromettono la credibilità dei personaggi e indeboliscono l’intera struttura narrativa. Un dialogo efficace non deve spiegare, ma mostrare; non deve riassumere, ma avanzare la storia.

Gli errori nei dialoghi: perché compromettono la qualità di un romanzo

Quando il lettore percepisce artificiosità, frasi da sceneggiatura televisiva o botta-e-risposta da interrogatorio, perde fiducia nella voce dell’autore. Per evitare questo effetto, ogni scambio deve essere coerente col personaggio, realistico nei toni e capace di generare dinamiche concrete.

Le azioni, i silenzi e i gesti contano quanto le parole. La gestione delle pause, l’equilibrio tra battute e narrazione e la costruzione di voci riconoscibili sono i fondamenti per scrivere dialoghi solidi. L’autore che lavora sui dialoghi migliora non solo il ritmo, ma l’intero romanzo. Ecco un elenco degli errori più frequenti da evitare:

  • Botta-e-risposta scolastici o forzati
  • Dialoghi pieni di spiegoni mascherati da conversazioni
  • Assenza di pause o azioni che interrompano e diano ritmo
  • Personaggi che parlano tutti nello stesso modo
  • Onomatopee usate in eccesso (es. Ah, Eh, Oh)
  • Uso confuso dei dialog tag o troppi personaggi nella stessa scena
  • Mancanza di coerenza tra il carattere del personaggio e il suo modo di esprimersi
  • Dialoghi anacronistici o incoerenti con l’ambientazione del romanzo
  • Frasi troppo corrette, prive di inflessioni, tic linguistici o spontaneità
  • Nessuna progressione: il dialogo non modifica nulla nella scena.

Un dialogo funziona quando non si nota che è stato scritto. Ma dietro quella naturalezza c’è un lavoro complesso, tecnico, indispensabile. Scrivere buoni dialoghi non è un talento, è una competenza che si impara e si affina.

Raccontare e spiegare, spiegare e raccontare…

Gli errori più comuni nei dialoghi sono anche, spesso, i più gravi che possono precludere la strada della pubblicazione di un buon testo. I dialoghi in un romanzo sono la parte più difficile da scrivere, specialmente per chi è alle prime armi e non conosce alcuni elementi essenziali per renderli efficaci.

Secondo molti teorizzatori andrebbero scritti con uno scopo preciso, quasi fossero una banale funzione per dare determinate informazioni al lettore. Se scrivi un dialogo così, produci solo un infodump mascherato da chiacchierata tra i personaggi.

Tipico è lo spiegone in cui il personaggio A spiega al personaggio B qualcosa. Se la spiegazione è logica e naturale per lo svolgimento della storia, allora il dialogo – scritto nel modo giusto che vedremo poi – ha senso. 

Al contrario, se viene inserito solo per fare un riassunto per il lettore, risulterà “stonato” e finto. Una sorta di lezioncina dovuta anche alla pigrizia dell’autore che riassumerà in un botta-e-risposta concetti, deduzioni e informazioni che invece dovrebbero arrivare al lettore grazie a una buona struttura del testo.

Errori più comuni nei dialoghi: i botta-e-risposta

Il botta-e-risposta è forse lo sbaglio più comune, il dialogo diviene uno scambio infinito di domande e risposte che neanche un interrogatorio di un B-movie poliziesco anni ’70. 

Quando le persone parlano – nella realtà -, non fanno molte domande. La maggior parte di ciò che dicono sono affermazioni. Ma non solo, i famosi botta-e-risposta non si verificano mai.

Tendiamo, quando parliamo, a esporre il nostro pensiero nel modo più chiaro possibile prendendoci tutto il tempo per esprimere le nostre ragioni. 

“Come stai?”

“Bene grazie e tu?”

“Cosa fai oggi?”

“Esco con il mio ragazzo. E tu?”

“Vado a giocare a calcetto.”

“Con chi vai?”

“Con Antonio, lo conosci?”

“No. Chi è?”

“Un compagno dell’università.”

“Stai facendo gli esami?”

“Sì, studio molto. Hai trovato lavoro?”

In un testo che ho editato c’era il dialogo appena visto. Proposto in questo modo diventa chiaro quanto sia scritto male, eppure tanti aspiranti scrittori costruiscono così i dialoghi. Due amici che si incontrano dopo tanto tempo, non si fanno degli interrogatori, anche perché le persone tendono a parlare di loro stesse! Siamo tutti un po’ (alcuni molto) egocentrici e nei romanzi non si può essere da meno.

Logica ed emozione, come farle convivere?

I dialoghi sono il cuore pulsante di ogni romanzo. Quando non funzionano, il lettore se ne accorge subito. Tra gli errori più comuni nei dialoghi troviamo lo scambio meccanico di battute, domande e risposte che sembrano uscite da un modulo precompilato, privi di ritmo e di tensione.

Scrivere un dialogo efficace significa creare una voce autentica per ciascun personaggio, dargli un ritmo interno, un registro adatto, una storia che si senta anche nel modo in cui parla. La mancanza di pause, la confusione tra più voci, o la totale assenza di sottotesto trasformano le conversazioni in un’esposizione didascalica che uccide la narrativa.

L’autore deve avere orecchio per la lingua parlata, ma soprattutto deve saper sfruttare ogni scambio come un’opportunità per far emergere ciò che nel testo resta nascosto. I dialoghi devono essere credibili, ma anche intensi, ritmati, funzionali. 

I bambini fanno oh!

Il mio errore preferito nei dialoghi è l’utilizzo delle espressioni onomatopeiche (figura retorica), quasi ci si trovasse di fronte a un fumetto. I vari Ah, Eh, Oh rendono (quando se ne abusa) un romanzo ridicolo e poco credibile.

Puoi utilizzarne qualcuno per mettere in evidenza, ad esempio, un momento di stupore ma se si è in dubbio è preferibile evitarli. In molti romanzi che ci arrivano per valutazione o editing, si abusa di questo strumento.

Per cui, nel dubbio, non li usare.

Troppi personaggi & dialog tag

Riuscire a scrivere il dialogo tra 3 o più soggetti è molto difficile. Siamo abituati ai film e alle Serie Tv in cui la telecamera si sposta e basta quello, oltre alla voce del personaggio, per indicare chi è che parla.

Lo so, sembra ovvio.

  1. Così, quando si tenta di mettere su carta una storia in cui abbiamo pensato di mettere dialoghi tra molti personaggi insieme, ci si butta nell’impresa senza pensarci troppo.
  2. Oppure, durante una scena in cui sono presenti vari protagonisti, si fanno parlare tutti.

In entrambi i casi il risultato è, quasi sempre, una scena confusa e strapiena di dialog tag (disse, sussurrò, fino ai più fantasiosi asserì, enunciò, rese manifesto). Per semplicità, è sempre meglio fare dialoghi in cui pochi soggetti parlino, evitando i botta-e-risposta. 

Conviene far parlare due personaggi e far intervenire gli altri solo se strettamente necessario.

Errori più comuni nei dialoghi: la mancanza di pause

Altro errore grave è la mancanza di pause quando c’è un dialogo, anche serrato. I soggetti parlano a macchinetta e l’autore si focalizza solo sulle “parole” e non sulle azioni. 

Invece si dovrebbe dare respiro al dialogo con delle pause in cui si mostrano piccole azioni.

Es. Durante una litigata tra la protagonista e il bad boy è utile far agire uno dei due per mostrare il suo stato d’animo attraverso le cose che fa. Non servono immagini didascaliche, può bastare che lui si alza, va a prendere una birra dal frigorifero e la apre con l’accendino per poi scolarla in un sorso. una scena semplice che racconta chi è “lui”.

Le pause aiutano il lettore a metabolizzare quanto si sono detti fino a quel momento, ma servono anche ad aumentare la suspense.

Il linguaggio del corpo

Ogni aspirante scrittore dovrebbe conoscere le basi del linguaggio del corpo. Emettiamo talmente tanti segnali da perderne la maggior parte però, a livello inconscio, arrivano. Le donne inviano di media circa 7 volte i messaggi corporei degli uomini.

Per questa ragione sono più brave nell’individuarli e decodificarli: è il cosiddetto sesto senso femminile. Può essere sufficiente, in una scena, mostrarne anche solo uno, ma ben descritto, per instillare nella mente del lettore un’idea o un dubbio.

Ti consiglio di leggere i testi di Paul Ekman sul linguaggio del corpo e le microespressioni facciali.

Tutti i personaggi parlano allo stesso modo

Tra gli errori più comuni nei dialoghi, uno dei più gravi è l’utilizzo sempre dello stesso registro per ogni personaggio. Tutti parlano nel medesimo modo, con le stesse pause, modi di dire, flessioni, tempi e con le stesse parole, che siano persone di grande cultura o un villico tedesco nel basso medioevo.

Per rendere i personaggi diversi tra di loro è utile crearsi delle schede in cui inserire la loro vita, drammi, desideri, difetti, pregi e tutto quanto sia utile per dare forma e renderli reali. Un ragazzo che da bambino veniva picchiato e bullizzato potrebbe parlare con frasi brevi  utilizzando termini “neutri”, senza quindi essere assertivo.

Se invece il protagonista è arrogante e sboccato, userai più parolacce, modi di dire aggressivi e netti.

Ma non solo, spesso leggo manoscritti in cui i dialoghi mostrano una profonda incoerenza tra il personaggio e il suo modo di parlare. Tornando ai romanzi storici capita, anche in testi pubblicati, di leggere dialoghi anacronistici e l’uso di termini moderni.

In un libro di fantascienza (pubblicato da una grande CE) ho trovato: “stare fermo come uno stoccafisso” che, oltre ad essere un modo di dire desueto e poco elegante era fuori luogo e incoerente rispetto al contesto. Lo stoccafisso è un pesce e la storia si svolgeva su un mondo desertico, l’autore si sarà confuso con i sabbipodi di Guerre Stellari!

Il segreto per dare realismo ai personaggi

Tra gli errori più gravi che si commettono nei dialoghi, c’è l’omologazione delle voci:

  • i personaggi parlano allo stesso modo,
  • con le medesime frasi,
  • con lo stesso tono,
  • e tempi identici.

È un problema serio, perché annulla la tridimensionalità dei personaggi e svilisce il potenziale emotivo della scena. Ogni persona ha un proprio modo di parlare, influenzato dalla storia personale, dal contesto sociale, dal livello culturale.

Un ex galeotto non userà la sintassi di un notaio, e un’adolescente non parlerà come un docente universitario. Utilizzare il medesimo registro per ogni personaggio del tuo romanzo disintegra la sospensione dell’incredulità catapultando il lettore fuori dalla fantasia in cui vorrebbe immergersi.

Curare queste differenze è fondamentale per rendere ogni personaggio unico e riconoscibile. Oltre al lessico, contano i silenzi, le esitazioni, i modi di dire, persino la punteggiatura. Per costruire una voce autentica occorre conoscere il personaggio e riscrivere ogni scambio finché ogni battuta risulta esatta. I dialoghi non sono semplici parole: sono il modo più diretto per far vivere una scena.

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