Intelligenza artificiale e creatività: la sfida più profonda tra umani e algoritmi

L’intelligenza artificiale può davvero essere creativa o si limita a rimescolare ciò che già esiste? È la domanda chiave per scrittori, artisti e innovatori

Cos’è davvero la creatività?

Le AI sono in grado di scrivere testi discreti, specialmente se si tratta di elaborare una email o un documento, ma come se la cavano con i romanzi? A mio avviso non benissimo. Un conto è scrivere in modo corretto e chiaro, altro è trasmettere emozioni e intrattenere le persone.

La componente emotiva, l’empatia e le connessioni umane rendono un romanzo semplicemente bello. Ti spingono ad andare avanti nella lettura e ti fanno provare una perdita simile al lutto quando li si conclude. La creatività non è solo stile, è la somma non aritmetica di una serie di elementi come:

  • visione d’insieme,
  • capacità di generare idee originali in risposta a sfide,
  • vedere il mondo in modi nuovi e innovativi cogliendo opportunità e stimoli dove gli altri vedono solo minacce,
  • sensibilità ai problemi, in troppi si disinteressano di accadimenti che non li toccano in prima persona,
  • altruismo,
  • capacità di cambiare strategia,
  • somma tra intuizione e deduzione,
  • capacità di pensare fuori dagli schemi e di trovare risposte particolari e insolite,
  • saper intrecciare ragione e immaginazione senza che una prenda il sopravvento,
  • è deviazione volontaria dallo status quo,
  • …e altri ancora.

Scrittori e sceneggiatori non si chiedono più cosa può fare l’IA, ma cosa resta umano quando tutto il resto è automatico

Il rapporto tra intelligenza artificiale e creatività non riguarda solo la tecnica, ma l’identità. Chi crea un testo, un dialogo o un intreccio con uno strumento automatizzato sta ancora esercitando un gesto creativo, oppure si sta limitando a dirigere un processo?

L’intelligenza artificiale e la creatività possono convivere

Credo che una persona veramente creativa lo rimanga sempre, anche se dovesse utilizzare strumenti che le semplificano e velocizzano il lavoro. Ogni artista trova meraviglioso creare un’opera, anche se probabilmente odia perdere tempo con alcuni passaggi.

Ma quei momenti “noiosi”, sono necessari oppure sono solo una perdita di tempo? Credo dipenda dalle persone, alcuni artisti hanno necessità di una decompressione, una pausa dalla propria creatività staccando la spina. 

È difficile prevedere l’effetto che avrà sul tuo scrivere finché non avrai provato. Trovo che sia molto utile confrontarsi con le IA quando si scrive per avere un punto di vista, seppur non umano, differente dal mio. 

Mi arrivano spesso incipit che hanno una marcata impronta generativa, si nota soprattutto perché suonano metallici, poco coinvolgenti e perché utilizzano sempre gli stessi schemi di scrittura. Solo i veri scrittori ti fanno provare un’emozione, e in questo le IA sono incapaci, per ora.

Le manca l’esperienza reale

Spesso dico che i libri sono sopravvalutati. Non significa che non si debba leggere, ma che le esperienze si fanno nel mondo reale (IRL). Eppure in molti se ne sono dimenticati e ai concerti passano il tempo a riprendere il palco senza godersi fino in fondo ciò che stanno vivendo.

In vacanza fanno 60.000 foto per i social sprecando ore preziose solo per avere la migliore inquadratura e per editarle. Se vuoi scrivere, almeno io la vedo così, metti via il telefono. È una distrazione. Osserva il mondo e memorizza cosa vedi, percepisci e provi. Le intelligenze artificiali non hanno ancora gli strumenti per “sentire” sia dal punto di vista fisico che emozionale.

L’intelligenza artificiale sa generare storie, stili e strutture coerenti, ma non conosce l’esperienza da cui nasce la creatività. Non distingue il rischio dalla ripetizione, il necessario dal superfluo. Chi scrive usando l’IA deve decidere se lasciarla lavorare per convenienza o farle spazio dentro un processo critico. 

Cosa dicono le ricerche sul rapporto tra intelligenza artificiale e creatività

Per quanto siano ricerche scientifiche solide e ben strutturate, mostrano solo una piccola visuale sul mondo e sull’impatto che ha sulle persone. Non sappiamo, in modo particolare nel lungo periodo, se invece alimenteranno o daranno vita a una nuova forma di creatività sinergica. 

Oppure se azzereranno o renderanno minuscola la capacità umana di inventare, sia dal punto di vista creativo che tecnologico. 

L’IA può davvero essere creativa?

Secondo uno studio pubblicato su arXiv, GPT‑4 è stato capace di generare idee creative valutate allo stesso livello di quelle umane. Solo il 9,4 % dei partecipanti ha prodotto risposte ritenute superiori. Questo non significa che l’IA abbia immaginazione, ma che può imitare molto bene alcuni tratti della creatività, soprattutto se stimolata con prompt efficaci.

I dati ottenuti potrebbero indicare proprio che le intelligenze generative hanno raggiunto il livello di “non creatività umana” e non ha ancora raggiunto le persone più inventive.

Un altro studio su Science Advances ha dimostrato che i modelli linguistici aiutano i meno creativi nella scrittura di un romanzo, ma molto meno chi ha già delle doti narrative. I modelli linguistici di grandi dimensioni possono aiutare a stimolare nuove idee, oppure appiattirle, portando tutti a produrre contenuti simili.

Un esperimento online ha misurato l’impatto reale di queste tecnologie nella scrittura di racconti brevi. Alcuni autori hanno ricevuto spunti da un’IA, altri no. I testi scritti con sistemi automatizzati sono stati valutati come più creativi, più godibili e meglio scritti, effetto ancora più evidente nei partecipanti meno creativi.

Allo stesso tempo, i racconti nati dall’intelligenza generativa erano anche più simili tra loro. In pratica aumenterebbe la creatività individuale, ma a scapito della varietà collettiva. È un paradosso sociale: tutti ci guadagnano, ma si produce meno contenuto realmente nuovo. L’obiettivo non è vietarle, ma trovare un equilibrio tra efficienza personale e originalità culturale.

Idee più rapide, ma meno varie

In una ricerca del 2024 pubblicata su arXiv, è emerso che l’uso della tecnologia generativa durante le fasi di ideazione porta a una riduzione della varietà e dell’originalità delle idee. Il pensiero divergente, cioè la capacità di uscire dagli schemi, tende ad appiattirsi. Questo effetto si chiama design fixation: si resta incollati ai primi suggerimenti e si esplorano meno alternative.

Una revisione più ampia, disponibile qui, conferma che l’IA sa:

  • scrivere,
  • disegnare,
  • strutturare,

ma fatica a generare vera originalità. L’invenzione autentica, che nasce da un’urgenza o da un’intuizione, resta ancora prerogativa umana.

E il lavoro creativo? Chi perde e chi si adatta

Le implicazioni non sono solo teoriche. Secondo il Global AI Jobs Barometer di PwC, il 92 % delle aziende sta già investendo per introdurre IA nei processi lavorativi.

I settori più toccati:

  • marketing,
  • design,
  • contabilità,
  • produzione di contenuti.

L’adozione è veloce, e i ruoli creativi sono tra i più esposti alla trasformazione. Il World Economic Forum stima che entro il 2030 ci saranno 92 milioni di posti di lavoro cancellati, ma anche 78 milioni creati in nuovi ambiti legati alla tecnologia generativa. Il problema non è l’estinzione, ma la transizione. Il valore si sposta: non più solo saper creare, ma saper integrare le macchine nel processo creativo.

Nell’editoria italiana (a oggi, luglio 2025), si vede qualche micro effetto soprattutto per quanto riguarda due ruoli:

  • valutatori,
  • correttori di bozze.

I primi, spesso stagisti o personale a tempo indeterminato o part-time, stanno perdendo posti di lavoro perché l’IA sta iniziando a svolgere il primo filtro sui romanzi facendo arrivare sui pc degli editor di romanzi testi che abbiano caratteristiche ben precise e delineate in sede decisionale.

Per ora gli autori sono salvi (o quasi), anche se la quantità di romanzi elaborati con le generative sono così tanti da saturare il già congestionato mercato del libro. 

In alcuni mercati il cambiamento è invece già visibile. Secondo alcune rilevazioni riportate da Wikipedia, in Cina, il 70 % delle richieste di illustratori freelance per videogiochi è scomparso dopo l’introduzione di generatori visivi IA.

Nel mondo della musica, secondo il Guardian, i compositori indipendenti perderanno fino al 25 % dei loro guadagni nei prossimi 4 anni.

Creatività, adattamento e selezione naturale

Il cambiamento è ineluttabile. Che sia crescita, decrescita, distruzione o annientamento non ci possiamo fare molto. L’uomo non è, per sua natura, capace di mettere un freno alla sua voglia di sapere come alla sua voracità.

I ricchi hanno trovato uno strumento che ottimizzerà i costi permettendogli maggiori ricavi mentre tutti gli altri dovranno lottare ancora di più per emergere o anche solo sopravvivere. In un contesto così competitivo non vincerà, come insegna anche Darwin, il più forte, ma il più resiliente ossia chi sarà più abituato e propenso a cambiare.

Trovo poco lungimiranti le critiche feroci di alcuni editori e scrittori famosi contro l’uso delle IA per elaborare romanzi. Come visto negli studi citati, ci sono alcune persone (circa il 9%), che tutt’ora dimostrano un livello di creatività superiore alle generative e, con esse, hanno la possibilità di lavorare alle parti più stimolanti dei loro progetti lasciando il resto alle macchine.

Significa che i bravi scrittori che hanno una creatività spiccata e sanno usare e piegare il linguaggio e valorizzare le loro storie, trarranno dei benefici pratici dall’innovazione. I creativi sono pochi e la IA è, a mio avviso, un monito: sviluppa la tua creatività, o nel mondo “creativo” non avrai spazio.

Chi sa usare bene l’IA può utilizzarla per scrivere bene, ma chi sa emozionare resta insostituibile. Per ora.

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