Da quando si inizia la scuola ci si imbatte negli errori di scrittura durante temi, tesine, riassunti e pensierini. Finché li si commette a scuola si ha sempre la “rete di protezione” dell’insegnante, ma quando si scrive un romanzo, chi ci aiuta?
Le figure preposte, in un modo o nell’altro, sono:
Il primo attraverso l’editing del romanzo, migliora il testo dal punto di vista stilistico, della storia e della sua efficacia. Non corregge come una maestra, ma propone in modo stimolante delle possibili alternative per dare più forza alla storia, profondità ai personaggi e migliorare l’intera struttura del racconto.
Il secondo, invece, cura l’ortografia, corregge errori di scrittura vari, refusi o anche la stessa impaginazione.
Sono due figuri professionali differenti. So che potremmo sembrare di parte, ma nessun romanzo può fare a meno di un editing serio per avere della possibilità di pubblicazione.
Se sei un autore che vuole proporsi alle CE o alle agenzie letterarie, dovresti farti editare per portare il tuo manoscritto a un livello più alto e professionale. Il correttore è una sorta di “bonus”, utile soprattutto a chi lavora in self publishing, sempre a seguito di un editing.
L’ignoranza è lecita, ma ormai c’è Google!
Tutti commettono errori di scrittura, che si tratti di qualche banale refuso, errore di digitazione o a volte pura e semplice ignoranza. È ovvio che vanno evitati, magari facendosi aiutare da una persona competente (un correttore bozze o un editor professionista).
Ci sono alcuni sbagli che non entrano nelle categorie appena viste, anzi, potremmo dire che non si tratta di errori veri e propri quanto di “sfumature”.
Ricorda che hai sempre Google, o altri motori di ricerca, per capire se ciò che stai scrivendo è giusto oppure no. Noi di PennaRigata siamo autori (vedi su Chi siamo le nostre pubblicazioni), ed editor. Eppure non abbia paura di ricercare su Google anche parole ovvie, modi di dire o qualsiasi altra cosa che ci genera anche il minimo dubbio.
Meglio ricercare se si scrive “qual è” o “qual’è“, ma essere sicuri di non commettere un errore di scrittura molto grave!
Questi 5 errori di scrittura che vedremo in questo articolo, non verrebbero mai segnalati in una tesina o in un tema scolastico. Se però si scrive un romanzo, con il desiderio di pubblicarlo, devono essere evitati perché sono sintomo di inesperienza.
Non sono gravi, ma…
Quando l’editor di una casa editrice legge un manoscritto che gli è stato mandato valuta:
- l’email di presentazione,
- il genere,
- la sinossi,
- e questi 5 piccoli bastardissimi errori!
Nessuno vuole avere a che fare con un mitomane che sbaglia la punteggiatura, o perdere tempo a leggere un testo che non c’entra nulla con la linea editoriale, figurarsi se l’autore non è in grado di riassumere la storia in una pagina.
Infine si tende, specialmente in Italia, a cercare scrittori formati, non si ha quindi la pazienza di aiutare a crescere chi ha potenziale.
I 5 errori di scrittura che indicano che sei un neofita
Non sono per grado di importanza, ma sono tutti parimenti importanti:
1. La d eufonica
La d eufonica la troviamo nelle forme ed, ad, od che utilizziamo spesso prima di parole che cominciano per vocale.
Quando si parla si dice “ad uso e consumo”, ma quando si scrive la “d” deve essere eliminata: “a uso e consumo”. Autori poco esperti tendono a scriverla sempre anche quando, secondo la prassi, andrebbe eliminata.
Altro esempio: “ad oggi”, si dovrebbe scrivere “a oggi”. La d va messa quando la parola seguente ha la stessa vocale,
Esempio:
- ed ecco (in questo caso è corretto inserirla),
- ad ascoltare,
- ed elefanti…
In tutti i romanzi che editiamo, questo è un errore che viene sempre commesso. Non si scappa.
2. I gerundi
Il gerundio è un modo verbale indefinito che ha due tempi:
- presente (es. scrivendo)
- passato (es. avendo scritto).
Il gerundio indica contemporaneità tra due azioni, non sequenzialità.
Es: Laura rispose al cellulare che squillava da tempo e domandando chi fosse.
L’esempio appena fatto in realtà indica che la ragazza risponde e domanda chi è, tutto nel medesimo istante. A livello logico è un errore, perché prima si risponde e poi si dice “pronto”.
3. Un mare di avverbi e aggettivi
L’avverbio è uno strumento abusato, come gli aggettivi, che riempiono le pagine dei testi di moltissimi autori alle prime armi. Usarne molti è un errore da principianti, da scrittori insicuri che credono si debba rimarcare un concetto.
Gli stessi avverbi non danno nulla in più a un testo (nella maggior parte dei casi), quando invece si dovrebbe scegliere un verbo che sia più preciso. Dire: “piangeva tristemente” (che ho trovato in un testo che ho editato), è ripetitivo poiché è sufficiente il verbo piangere per indicare che il personaggio è triste.
Se quindi, nel tuo manoscritto, ci sono molti avverbi, soprattutto quelli con suffisso -mente, è consigliabile eliminarli rileggendo poi le frasi. Se il senso rimane invariato significa che non servivano a nulla.
Per quanto riguarda gli aggettivi, uno è sufficiente. Testi in cui, per descrivere qualcosa, se ne usano di fila due o tre sono pesanti, lenti e noiosi. Meglio uno solo e in casi eccezionali due. Tra gli errori di scrittura, l’abuso di avverbi e aggettivi è, a mio avviso, quello che mostra con maggior forza l’inesperienza di un autore.
Il re degli errori, tra gli avverbi, è l’uso improprio di ASSOLUTAMENTE. Purtroppo viene commesso anche da persone che, in teoria, dovrebbero conoscere bene la lingua italiana, parliamo dei giornalisti.
Si sente sempre, durante un Tg, l’inviato di turno – che sia di politica o sport cambia poco- che a una domanda del conduttore risponde con un dannato assolutamente.
Avverbio: Parte invariabile del discorso che si giustappone ai verbi per determinarne l’azione nello spazio, nel tempo o nelle modalità e anche agli aggettivi o a un altro avverbio, soprattutto quando indica quantità o tempo.
Quindi un avverbio si usa insieme a verbi. Di conseguenza un “assolutamente” solo soletto è un errore molto grave.
4. Dialog Tag come se piovesse
Sono i classici “disse” che vengono inseriti a caso nel testo. I neofiti tendono a mettere un dialog tag a ogni battuta di un personaggio, spesso specificando chi dice cosa e, nei casi peggiori, in che modo.
Sarebbe preferibile non usarli, ma fare in modo che si comprenda chi parla dalle azioni dei personaggi, da ciò che dicono e anche dal modo in cui parlano.
Infatti mi capita spesso di editare testi in cui tutti i personaggi parlano allo stesso modo, con i medesimi schemi narrativi e l’uso di parole sempre simili. Perfino le pause sono identiche.
L’uso del dialog tag è indice, spesso, di un errore più grave: che tutti parlano allo stesso modo. A peggiorare la situazione la ricerca di sinonimi per non usare sempre il classico “disse“. Come:
- asserì,
- affermò,
- sentenziò,
- parlò,
- proclamò,
- annunciò,
- proferì,
- annunciò…
- e così a continuare.
Andrebbero usati quando il lettore potrebbe confondersi, o per dare peso a un modo di dire (es. sussurrare, gridare). Altrimenti si dovrebbe capire, dallo stesso dialogo, chi è che parla e come. Questo è possibile dando voci differenti (il come parlano), ai personaggi.
5. I paroloni
L’uso di paroloni non è annoverabile tra veri e propri errori di scrittura, nessuno si sognerebbe mai di correggerli in un tema o testo scolastico. Ma in un romanzo denotano la volontà dell’autore di mostrare quanto è bravo e acculturato.
Stessa cosa vale per eccessivi tecnicismi che anziché aiutare la lettura e renderla più coinvolgente, obbligano il lettore a uscire dal “momento” per capire che diavolo significa quella parola!
Uno scrittore sa inserirli quando sono necessari e allo stesso tempo fa capire a chi legge il loro significato: difficilissimo, ma possibile. Per cui, se non si è in grado di farlo, meglio evitare paroloni e focalizzarsi su un italiano semplice ma corretto.
Errori vari da evitare “assolutamente”
Oltre a questi 5 macro gruppi di errori, ne esistono altri meno palesi che sarebbe comunque meglio evitare.
Il primo è più che altro una imprecisione dovuta alla poca dimestichezza con i programmi di scrittura (es. Word). Ossia l’uso di E’ per indicare la terza persona del verbo essere in maiuscolo quando, invece, si dovrebbe scrivere È.
Sì o si. Il primo indica, appunto, una affermazione. Sì, hai ragione. Si è una particella pronominale (es. si vuole dire che…), mentre il sì è un avverbio.
Dì o di’? Dì indica il giorno (es. a mezzo dì), mentre di’ è la seconda persona singolare dell’imperativo del verbo dire.
Altro errore che a volte è dovuto a ignoranza, altre a mancanza di esperienza con Word, è lo scrivere pò quando si vuole indicare poco. La forma corretta è po’.
Cosa si capisce da questi errori di scrittura?
I 5 errori di scrittura appena visti hanno un comun denominatore: l’eccesso, il troppo. Si tende sempre a scrivere di più di quanto non sia necessario. Si aggiungono avverbi, paroloni e aggettivi. Poi si farciscono di dialog tag e di gerundi.
Scrivere è un processo razionale e istintivo allo stesso tempo in cui servono anche controllo e lucidità. Un buon testo è asciutto, senza fronzoli che appesantiscono la lettura.
Molti manoscritti che editiamo sono corretti e ben strutturati, ma così pesanti che non spiccheranno mai il volo a meno di una dieta dimagrante: l’editing.