Bret Easton Ellis: Bianco, ricco e privilegiato

Qualche hanno fa, Adriano Angelini Sut ha avuto il privilegio di intervistare Bret Easton Ellis in occasione dell’uscita di “Bianco” (Einaudi).

Bret Easton Ellis si scaglia, attraverso il suo nuovo pamphlet,  contro il politicamente corretto, male assoluto che sta dilaniando non solo gli Stati Uniti, ma ormai anche l’Europa. La libertà di espressione è un diritto, eppure negli ultimi anni ci sentiamo sempre più oppressi da una censua moralista che non permette più a nessuno di dissentire.

Adriano ha avuto il privilegio di intervistare uno scrittore che contrasta il sistema appiattito da mille banalità e, soprattutto, dal terrore della verità.

Bret Easton Ellis perché Bianco

 AAS:  Perché Bianco”?

BEE: “Non dovrebbe essere un titolo controverso. È il mio lavoro, perché dovrebbe esserlo? La risposta è anche molto noiosa. Pensavo a una mia amica giornalista, Joan Didion, che ha scritto un bellissimo libro di racconti chiamato The White Album (pubblicato in Italia da Il Saggiatore, nda) e che ho recensito. Il mio editor voleva che dessi un titolo al libro e io volevo che ci fosse la parola bianco. Me ne sono uscito con un titolo, Bianco, ricco e privilegiato, pensavo fosse divertente e ironico, metteva in luce un punto di vista. L’editor ha obiettato che forse, rispetto al registro del libro, fosse troppo scherzoso e così ha proposto di eliminare ricco e privilegiato ed è rimasto bianco. Nel libro si dice che bisogna calmarsi, non bisogna dare un colore a tutto. Rosso come scontro, arancio di rabbia, verde d’invidia o nero: pensiamo in bianco.”

Lui, imponente nella sua Lacoste nera parla subito di Millenials. Non li ha risparmiati in “Bianco”, povere creature fragili.

BEE: “Non ne sono un esperto, quando ho twittato (X) sui Millenials stavo prendendomi gioco di certi loro comportamenti, ma la gente ha iniziato a stranirsi. Su di loro ho scritto un articolo e molti si sono arrabbiati (nda, li ha accusati di essere stupidi, narcisisti e vittime di se stessi e della mania progressista di vittimizzarsi; li ha definiti Generation Wuss, lì dove Wuss è un sinonimo di Wimpy – rammollito – termine, Wuss, coniato per la  nel 1964 in una scuola media di San Diego). Io sono più vecchio e vengo da un’altra generazione (chiamata X negli anni ’90, nda) e non sono un esperto. Oggi, verso di loro, sono più comprensivo, soprattutto per il fardello della crisi economica che portano ma mi infastidiscono, che volete farci? Non è la fine del mondo. In fondo hanno fatto solo quello che sono capaci a fare: reagire in maniera isterica”.

Bret Easton Ellis: i genitori

 AAS: E i genitori?

BEE: “Sono più attenti, per certi versi, hanno più cura dei figli e ciò li ha resi sensibili, troppo. I miei non lo erano affatto, credo che questa generazione non li prepari per affrontare le difficoltà della vita. Questi ragazzi sono fragili a livello nervoso, c’è un alto tasso di suicidi e di farmaci consumati. Quando io andavoa scuola non c’erano le sparatorie di adesso, eppure avevamo il medesimo accesso alla compravendita di armi. Sono deboli, i Millenials. Probabilmente la soluzione si trova nel mezzo fra i metodi dei miei e dei questi nuovi genitori. I miei non mi chiedevano se volessi vedere un film o cosa desiderassi per cena Questi invece chiedono in continuazione cosa vuoi? Cosa vuoi? Sono iperprotettivi e non li preparano ad affrontare la vita”.

E il politicamente corretto

 AAS: Parliamo del politicamente corretto. Cosa si può fare per bloccare questo nuovo totalitarismo?

BEE: “Rispondere, difenderci. In qualità di scrittore mi esprimo e mi aspetto che la gente voglia che lo faccia liberamente. Non si parla di discorsi d’odio, ma della possibilità di scrivere ciò che penso su un determinato argomento, così come si ha la possibilità di non leggere ciò che scrivo, non guardare quel quadro, non vedere quel film. Nessuno deve avere il diritto di censurare solo perché una cosa non piace. Invece negli Stati Uniti sta accadendo. Coi quadri, con i libri, con i film. Sta influenzando soprattutto i social, dove tutto si censura.

E sta succedendo anche nell’editoria e la cosa è piuttosto allarmante. Se il romanzo non è sufficientemente corretto politicamente, se lo scrittore, dicono, si è appropriato di un’altra cultura, allora è censurato; arriva una lettera di protesta e l’editore o lo scrittore stesso lo bloccano. Viviamo un momento folle, in una società in cui nessuno sa cos’è un artista, non solo, nessuno sa cosa farci dell’arte e come vivere l’esperienza artistica. Il grande scontro, oggi, di cui parlo nei miei podcast radiofonici, è fra l’ideologia e l’estetica. È scioccante vedere gente nell’industria culturale che si autocensura.

C’è gente come Sarah Silverman che dice che bisogna autocensurarsi perché viviamo in un’era diversa e dobbiamo adattarci. Io non mi adatto nemmeno per il cazzo. Dovrei cambiare il mio modo di scrivere storie perché la gente si offende? No, mi spiace. A questo punto della mia carriera, non cambio. Io ho sempre offeso qualcuno e non so come fare diversamente. Non saprei nemmeno come cominciare a non offendere. L’artista si autocensura, teme di esprimere dei concetti, di dar voce alle sue opinioni. Credo che abbiamo raggiunto un punto di non ritorno e c’è gente che comincia a sentirsi quel cappio intorno al collo da cui io sono sfuggito”.

Si parla poi di serie tv e del nuovo film di Tarantino. Del fatto che non necessariamente le serie siano migliori dei film e che Tarantino, nel suo ultimo “C’era una Volta Hollywood” gli ha detto che voleva fare un film solo per il cinema, un film dove la gente non poteva che guardarlo su grande schermo; non a casa, non sul divano; ma lì come ai vecchi tempi. E che il film sarebbe potuto durare nove ore e non tre. C’è un’ultima domanda.

Bret Easton Ellis: scrittore americano

 AAS: Lei si sente contento di essere americano in questo momento?

BEE: “Sì, lo sono. O meglio, posso essere triste e scontento di ciò che sta avvenendo ma penso che oggi più che mai bisogna sentirsi fieri di essere americani, proprio per stemperare ciò che sta avvenendo. Non mi vergogno di essere americano, sono fiero di essere americano, anzi un maschio bianco americano, tuttavia prima di tutto sono uno scrittore”.

Cos’altro aggiungere?

Negli ultimi anni la deriva culturale del politicamente corretto è sempre più presente anche nel nostro Paese. La scrittura ne sta subendo l’impatto e capita spesso di leggere libri tutti uguali, editati allo stesso modo solo per compiacere “qualcuno”. 

Per questo motivo abbiamo deciso di ripubblicare l’intervista a Bret Easton Ellis di qualche anno fa. Speriamo che le parole di un gigante della letteratura scardino almeno una delle troppe menti incollate all’ottuso mondo del politicamente corretto

Intervista di Adriano Angelini Sut, ottobre 2019

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