Agli albori dell’era Google si inventavano vari trucchi per scrivere articoli SEO che fossero notati, e valorizzati dal motore di ricerca. Il primo era inserire la parola chiave (keyword) decine di volte, i più furbetti, magari a metà testo, inserivano interi paragrafi dello stesso colore dello sfondo (es. bianco su bianco), in questo modo il lettore non li poteva vedere, ma Google sì.
Per non parlare dello scambio link selvaggio, ci si svendeva a qualsiasi sito avesse voglia di farlo così che tu, magari con il tuo blog di cucina, linkavi a un sito pornografico: era la norma. Anzi, era il modo migliore per far crescere un blog rapidamente.
Questo accadeva perché, parliamo nello specifico di Google, l’algoritmo con cui il motore di ricerca analizzava e valutava i siti era, seppure di qualità, ancora un po’ rozzo. Scrivere articoli SEO era semplice: bastava ripetersi allo sfinimento, mettere tanti link e aspettare.
Poi un giorno si è aperto lo zoo: Panda e Pinguini
Con il tempo Google ha affinato l’algoritmo, stiamo parlando non di un semplice stringa di programma, ma forse di uno degli strumenti analitici più complessi al mondo. Lo ha dotato di una serie di nuovi aggiornamenti (Pandas & Penguins), che con il tempo hanno iniziato a valutare in modo sempre più “umano” i vari articoli.
La tecnica di ripetere la parola chiave (magari in bianco su sfondo bianco), o anche solo di dirla 20 volte in 500 parole di contenuti è stata messa al bando, così come lo scambio link selvaggio.
Si è passati quindi a studiare empiricamente il sistema: se faccio questo, cosa accade? Siamo di fronte a migliaia e migliaia di tentativi che hanno dato vita a un decalogo di base per scrivere articoli SEO che non infrangessero le linee guida di Google, ma che le aggirassero.
E i risultati furono buoni, ottimi in alcuni casi, portando molti a credere di aver “preso in giro” l’algoritmo più avanzato del mondo.
Apocalisse di pinguini e panda
E Google è passato al contrattacco scatenando una valanga di morbidosi e tenerissimi animaletti che mettevano pezze a destra e sinistra. E continuamente i dirigenti del più grande motore di ricerca ammonivano gli utenti con una frase che ormai tutti conoscono:
Content is king
Però molti stolti continuavano a suggerire ai loro clienti che i migliori articoli SEO dovessero essere “meccanici”, seguire pedissequamente le loro infallibili linee guida che da sempre avevano dato benefici.
All’inizio, quando non sai neanche cos’è il SEO (Search Engine Optimization, ottimizzare contenuti per i motori di ricerca), ascoltare i consigli rétro di qualche ex fenomeno del web è utile, vedrai una crescita in numero di contatti superiore alle aspettative, a volte anche percentuali davvero strabilianti.
Questo perché inizierai a comunicare con Google con il suo linguaggio, che per quanto evoluto, è sempre un software, permettendogli di analizzare e valutare il tuo blog, è come se gli indicassi cosa fai. Cosa che prima non accadeva o accadeva in modo molto leggero.
Il fatto di fare un feroce scambio link, allo stesso tempo, ti porterà molti click sulla tua pagina. Per forza di cose, è statistica, non serve un genio per capire che, se hai 100 link su altrettanti siti, basta che una persona lo clicchi per sbaglio al giorno e avrai 100 persone in più.
Poi il giocattolo si rompe, e Google si arrabbia davvero
Il 1° Agosto del 2018, il nostro amato motore di ricerca, ha tirato fuori un nuovo update (un aggiornamento), senza dare troppi preavvisi o spiegazioni. E c’è stato il caos, almeno in determinati settori.
In modo particolare in quello medicale: migliaia di siti medici, in tutto il mondo, sono stati massacrati. Alcuni hanno perso quasi tutto il traffico. Blog di “medicina” che stavano magari a 10.000 contatti al giorno si sono ritrovati, il primo del mese di Agosto, a 1.000 o poco più.
E gli analisti a impazzirsi, studiando quali potessero esserne le cause, quali nuovi parametri il motore di ricerca avesse inserito all’interno dell’algoritmo per creare un tale disastro
Le ragioni, da quanto visto e analizzato dai più grandi esperti informatici e SEO del mondo, sono ascrivibili a moltissime variabili che avevano pesi diversi ma, una volta messe insieme – a sistema – hanno decretato la morte di tanti siti.
Scrivere articoli SEO, con un occhio all’utente
Il problema che si presenta ciclicamente è dovuto alla casualità con cui i motori di ricerca mescolano le carte. Si crede di aver trovato la strategia giusta per fare molti contatti e poi, da un giorno all’altro, tutto cambia. Quindi non serve conoscere il SEO?
Serve, eccome.
Ma va anche utilizzato con un minimo di logica, in funzione:
- del tipo di contenuti che si desidera pubblicare,
- dal target
- e dai prodotti che si vendono.
Se non si tengono in conto questi 3 elementi, e si dimenticata il concetto fondamentale detto prima “Content is King“, a quel punto si rischia fortemente di venir penalizzati. Posso assicurarti che siti che hanno subìto forti penalizzazioni non sono mai riusciti a risollevarsi, l’unica possibilità è farne uno nuovo.
Ciò comporta altre spese e soprattutto moltissimi mesi per riprendere una fetta di mercato che, a quel punto, sarà finita nelle braccia di altri e forse anche fidelizzata e quindi impossibile (o quasi), da riconquistare.
1. Cosa vuoi pubblicare
Se il tuo scopo è fare un semplice blog, in cui racconti le tue esperienze o punti vista, andare a spingere sul SEO è spesso e volentieri inutile. Di solito si tratta di siti amatoriali, oppure di chi vuole fare l’influencer, più che lavorare su contenuti molto Google Oriented è invece opportuno usare, sinergicamente, i vari social.
Se ad esempio sei un blogger che parla di libri puoi usare molto Facebook, Twitter in seconda battuta anche Instagram.
Chi parla di elementi più visivi (moda, bellezza, fitness ecc) dovrà per forza di cose creare molte storie e postare tante foto proprio su Instagram investendo lì tutte le sue energie, in più avere un blog sarà utilissimo come piattaforma per creare contenuti un po’ più elaborati, profondi e importanti.
Senza dimenticare, che almeno all’inizio, si può anche guadagnare qualcosa con la pubblicità di Google su proprio sito, non parlo di cifre esorbitanti ma sufficienti per coprire le spese di gestione, hosting e via dicendo.
2. Il target
Chi è il tuo target di riferimento? A chi vuoi comunicare le tue idee o dare informazioni? Molti credono che si debba scrivere allo stesso modo per tutti, che basti lavorare secondo gli standard SEO per far felice Google e fare contatti.
Non è così.
Perché se il tuo è un blog con un target di ventenni, il tuo modo di comunicare dovrà essere tarato su di loro, con frasi dirette, immagini ben taggate e uno stile di impaginazione e narrativo che non li annoi. Le nuove generazioni sono rapide, troppo forse, se gli crei un contenuto che è un gigantesco “textwall” li fai scappare da subito.
Devi saper usare immagini che li divertano e suscitino in loro curiosità, frasi brevi e chiare che non lascino dubbi sul loro significato: vogliono risposte rapide all’inizio, ad esempio.
3. Cosa vendi
Si fa un sito per farsi vedere, per pubblicizzarsi e quindi vendere qualcosa. Che sia un servizio o un bene materiale poco importa: devi farti vedere e riconoscere, ma non solo.
Il tipo di comunicazione da mettere in atto, come per il target, è in funzione anche del prodotto. Ad esempio nell’ambito medicale è opportuno scrivere contenuti non assertivi, usare vocaboli che non spaventino e diano comunque una “speranza”.
Ogni prodotto ha il suo modo di comunicare che non può, chiaramente, prescindere da una buona indicizzazione del sito che si ottiene seguendo in modo saggio ed equilibrato le regole di base di Google.
Content is King
Ecco il punto, devi scrivere articoli di qualità che siano ben strutturati, in un italiano corretto e adatto a chi li dovrà leggere. Quando si crea un sito non si possono applicare casualmente tutti i criteri SEO convinti che siano tutti necessari.
Ogni volta che il motore di ricerca fa un aggiornamento si è a rischio, ecco che invece lavorare su articoli lunghi, validi e non smetterò mai di ripeterlo, di qualità, è la chiave per crescere senza rischiare di venir massacrati da un Panda inferocito o un Pinguino psicotico.
Non ti fidare di chi ti vuole vendere articoli SEO di appena 600 parole, con la keyword ripetuta una mezza dozzina di volte. Google si aggiorna costantemente tanto che ormai è in grado di valutare (per ora non benissimo), il valore di quello che pubblichi sul tuo sito. Se segui sempre tutti i dogmi del motore di ricerca, esso se ne accorge e capisce che scrivi per lui, non per gli utenti.
Trovare il giusto equilibrio è la vera sfida per chi fa copywriting, non si può scrivere tanto per, si deve invece sapere di cosa si sta parlando e questo Google lo “capisce” anche attraverso l’uso, ad esempio, di sinonimi della stessa keyword che indicano una padronanza del contenuto stesso.
Contenuti di qualità, significa avere un sito solido, che perduri tanti anni diminuendo di molto il rischio di penalizzazioni che invece sono molto elevate se non si fa altro che seguire le regolette in ogni singolo articolo. Scrivere articoli SEO è giusto, se sai come fare, ma non così banale come molti vogliono far credere.